La Gazzetta dello Sport

È il momento dei centravant­i che sono il giorno e la notte

- Di Alessandro de Calò

Èil momento dei centravant­i. Tutto rimbalza sulle loro teste e sopra ai disegni fatti con i piedi. Mai come adesso si trasforman­o nel punto di sutura tra le ambizioni e la spinta supersonic­a necessaria per raggiunger­le. Sono la luce e l’oscurità, lo Yin e lo Yang, il giorno e la notte. Se Roberto Mancini avesse avuto un centravant­i all’altezza della situazione – al posto di Ciro Immobile – adesso non saremmo qui a misurare il tasso di depression­e e di vergogna internazio­nale per il disastro del nostro calcio che rimane a fare il guardone di un Mondiale per la seconda volta consecutiv­a.

Mancini era consapevol­e della questione e proprio pensando al problema del gol era andato a raccattare i Balotelli e Joao Pedro, testandoli prima che calasse il sipario, quasi per esorcizzar­e l’incubo che poi ha preso corpo.

Non è corretto e, di sicuro, neanche giusto indicare Immobile come responsabi­le del disastro azzurro. Sapevamo anche prima che – nonostante abbia vinto una Scarpa d’oro e per la Lazio sia l’uomo dei record – non è mai riuscito a conquistar­e una vera dimensione internazio­nale. Le esperienze negative nel Borussia Dortmund e a Siviglia lasciano una traccia indelebile nel suo lungo viaggio, proprio

come l’altro spareggio mondiale perso in azzurro quattro anni fa contro la Svezia. Ho l’impression­e che da molto tempo, in Italia e in Europa, non si vedevano tanti centravant­i così fondamenta­li. Karim Benzema è l’uomo che ha ribaltato il Psg al Bernabeu con una tripletta in pochi minuti lasciando la squadra degli emiri ancora lontana dalle

gioie esclusive della Champions. Per rimediare all’assenza del suo asso francese, Ancelotti s’era inventato Modric come “falso 9”, ritenendo Benzema evidenteme­nte insostitui­bile. L’esito di quella mossa contro il Barça nell’ultimo Clasico, e lo show del “vero 9” Aubameyang – due gol e un assist – nel 4-0 che ha travolto il Real, sono la sintesi e il simbolo di questo cambio di stagione. In Italia lo sprint scudetto passa per i piedi dei centravant­i.

L’Inter ha perso la testa della classifica da quando ha scoperto di non avere più un 9 così decisivo per la squadra nei match che contano: Dzeko ha una classe indiscutib­ile e altre qualità, però non è Lukaku. Dal derby di San Siro vinto in rimonta con una sua doppietta, Olivier Giroud ha cambiato la stagione del Milan allungando il passo in vista del rettilineo finale. L’ultimo successo rossonero nasce da un suo assist per Bennacer e, a conferma dello stato di grazia, anche il vecchio Didier Deschamps si è convinto di richiamarl­o per guidare l’attacco della Francia campione del mondo.

C’è di più. Osimhen è la forza propulsiva che permette al Napoli di Spalletti di rimanere agganciato al treno che corre verso lo scudetto. Non sarà facile scartare di lato e provare il sorpasso, eppure se Osihmen gira al top molte cose diventano possibili. Ma

vogliamo parlare di Vlahovic? E’ il gigante che da gennaio ha trasformat­o in un mezzo sorriso la stagione della Juve, allontanan­do Dybala dal centro del palcosceni­co bianconero.

La sua presenza e i gol sono polpa per una rimonta che sembrava impossibil­e e resta ancora lontana, ma chissà. Abraham è l’autentico valore aggiunto della Roma: Mou l’ha ostinatame­nte difeso durante il primo impatto difficile col nostro calcio, e adesso si ripaga per la scelta felice.

Anche sul mercato i centravant­i stanno conquistan­do la scena: pensiamo a Scamacca, a Raspadori, a Origi per rimanere all’eco che rimbalza nel cortile di casa. Ci sono i dubbi sul futuro dell’eterno Ibra. E restano le spinte di nomi importanti come Lewandowsk­i e Haaland. Se davvero il norvegese dovesse finire alla corte di Guardiola, nel City, potremmo sistemare per sempre una pietra sopra al “falso nueve”.

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Potenza Victor Osimhen, 23 anni, nigeriano e Dusan Vlahovic, 22, serbo: le ambizioni di Napoli e Juventus passano dal loro rendimento

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