È il momento dei centravanti che sono il giorno e la notte
Èil momento dei centravanti. Tutto rimbalza sulle loro teste e sopra ai disegni fatti con i piedi. Mai come adesso si trasformano nel punto di sutura tra le ambizioni e la spinta supersonica necessaria per raggiungerle. Sono la luce e l’oscurità, lo Yin e lo Yang, il giorno e la notte. Se Roberto Mancini avesse avuto un centravanti all’altezza della situazione – al posto di Ciro Immobile – adesso non saremmo qui a misurare il tasso di depressione e di vergogna internazionale per il disastro del nostro calcio che rimane a fare il guardone di un Mondiale per la seconda volta consecutiva.
Mancini era consapevole della questione e proprio pensando al problema del gol era andato a raccattare i Balotelli e Joao Pedro, testandoli prima che calasse il sipario, quasi per esorcizzare l’incubo che poi ha preso corpo.
Non è corretto e, di sicuro, neanche giusto indicare Immobile come responsabile del disastro azzurro. Sapevamo anche prima che – nonostante abbia vinto una Scarpa d’oro e per la Lazio sia l’uomo dei record – non è mai riuscito a conquistare una vera dimensione internazionale. Le esperienze negative nel Borussia Dortmund e a Siviglia lasciano una traccia indelebile nel suo lungo viaggio, proprio
come l’altro spareggio mondiale perso in azzurro quattro anni fa contro la Svezia. Ho l’impressione che da molto tempo, in Italia e in Europa, non si vedevano tanti centravanti così fondamentali. Karim Benzema è l’uomo che ha ribaltato il Psg al Bernabeu con una tripletta in pochi minuti lasciando la squadra degli emiri ancora lontana dalle
gioie esclusive della Champions. Per rimediare all’assenza del suo asso francese, Ancelotti s’era inventato Modric come “falso 9”, ritenendo Benzema evidentemente insostituibile. L’esito di quella mossa contro il Barça nell’ultimo Clasico, e lo show del “vero 9” Aubameyang – due gol e un assist – nel 4-0 che ha travolto il Real, sono la sintesi e il simbolo di questo cambio di stagione. In Italia lo sprint scudetto passa per i piedi dei centravanti.
L’Inter ha perso la testa della classifica da quando ha scoperto di non avere più un 9 così decisivo per la squadra nei match che contano: Dzeko ha una classe indiscutibile e altre qualità, però non è Lukaku. Dal derby di San Siro vinto in rimonta con una sua doppietta, Olivier Giroud ha cambiato la stagione del Milan allungando il passo in vista del rettilineo finale. L’ultimo successo rossonero nasce da un suo assist per Bennacer e, a conferma dello stato di grazia, anche il vecchio Didier Deschamps si è convinto di richiamarlo per guidare l’attacco della Francia campione del mondo.
C’è di più. Osimhen è la forza propulsiva che permette al Napoli di Spalletti di rimanere agganciato al treno che corre verso lo scudetto. Non sarà facile scartare di lato e provare il sorpasso, eppure se Osihmen gira al top molte cose diventano possibili. Ma
vogliamo parlare di Vlahovic? E’ il gigante che da gennaio ha trasformato in un mezzo sorriso la stagione della Juve, allontanando Dybala dal centro del palcoscenico bianconero.
La sua presenza e i gol sono polpa per una rimonta che sembrava impossibile e resta ancora lontana, ma chissà. Abraham è l’autentico valore aggiunto della Roma: Mou l’ha ostinatamente difeso durante il primo impatto difficile col nostro calcio, e adesso si ripaga per la scelta felice.
Anche sul mercato i centravanti stanno conquistando la scena: pensiamo a Scamacca, a Raspadori, a Origi per rimanere all’eco che rimbalza nel cortile di casa. Ci sono i dubbi sul futuro dell’eterno Ibra. E restano le spinte di nomi importanti come Lewandowski e Haaland. Se davvero il norvegese dovesse finire alla corte di Guardiola, nel City, potremmo sistemare per sempre una pietra sopra al “falso nueve”.