Patto di rifondazione
AZZURRI UNITI PER RIPARTIRE MANCINI: «SU LA TESTA E AL LAVORO»
Gravina è convinto del sì del c.t., ieri hanno programmato il futuro insieme I giocatori hanno scelto di restare a Coverciano per condividere la delusione
Il presidente federale Gabriele Gravina è arrivato nel pomeriggio al Centro Tecnico di Coverciano, mentre la squadra era in campo ad allenarsi. In serata ha incontrato il c.t. Roberto Mancini e i due si sono intrattenuti a parlare di cose azzurre, soprattutto dell’impegno con la Turchia di martedì prossimo che, come vedremo ora, ha assunto, con il passare delle ore, un senso diverso da quello che aveva al fischio finale di Italia-Macedonia. Un incontro, non l’Incontro. Nulla di definitivo, nessun mercanteggiare, nessuna ricerca ostinata del futuro che verrà, nessun faccia a faccia risolutivo. Un normale scambio di vedute tra il presidente federale e il suo c.t. lasciando rosolare a fuoco lento il futuro della panchina azzurra. E’ ancora presto per impiattarlo. Servono tempo e riflessioni. La narrazione di Coverciano non è l’incontro tra Gravina e Mancini, ma qualcosa di importante che è avvenuto tra le mura del Centro Tecnico. Torniamo a Palermo, al momento del fischio finale. Il vecchio Chiellini consola i compagni più giovani, qualcuno si sdraia sul prato. Il volto scavato di Mancini è spettrale. Il giorno prima, sbarcato in Sicilia, aveva postato su Instagram: «Arrivati a Palermo con la convinzione di chi ha le qualità e l’umiltà di raggiungere l’obbiettivo prefissato». «Convinzione» senza riserve. Il visionario che aveva letto in anticipo la nostro gloria all’Europeo, stavolta non mette minimamente in conto la beffa che lo colpisce a guardia bassa. Roberto, a fine match, e nelle ore successive, è sotto shock. In quelle ore si valuta la possibilità di riconsegnare i giocatori alle famiglie e radunarli domenica per poi volare in Turchia verso una partita inutile. Ma venerdì mattina succede qualcosa di significativo.
Nuovo patto Alcuni giocatori chiedono di restare a Coverciano, per smaltire la delusione con i compagni, per giocarsela insieme come fosse una partita. Lo stesso Mancini si sveglia a Firenze con sentimenti diversi. Le parole che ha detto a fine match non erano retorica: «Voglio bene a questi ragazzi più che a luglio». E così, senza proclami, senza sceneggiate, con grande naturalezza, sono nati questi due giorni di lavoro e di clausura che vanno interpretati come un rito collettivo di espiazione, come il patto di fondazione di un nuovo futuro azzurro. Se così è stato, ItaliaMacedonia non va interpretata come la fine del glorioso ciclo Europeo, ma come l’inizio di un nuovo ciclo azzurro. A sostegno di questa sensazione, il nuovo post di Mancini su Instagram, arrivato ieri mattina: «Il calcio a volte sa essere metafora spietata della vita. L’estate scorsa eravamo sul tetto d’Europa dopo aver portato a termine una delle imprese più belle della storia della Nazionale». Ecco l’orgoglio ritrovato dopo lo sconforto. «Siamo passati dalla gioia totale a una frustrante delusione. E’ davvero dura da accettare, ma accogliere anche le sconfitte nella vita fa parte di un sano percorso di crescita umana e sportiva». E’ il passaggio chiave: non fare della sconfitta un fallimento, ma una scuola in cui imparare a diventare più forti. E poi il bivio, davanti al quale al momento è fermo il Mancio. «Prendiamoci del tempo per riflettere e capire con lucidità». Se il Mancio, rientrato dalla Turchia, dopo qualche giorno di riflessione lucida, lontano dal condizionamento dei sentimenti, dovesse annunciare l’addio, non sarà una sorpresa assoluta. Ma la sensazione forte, al momento, è che stia per imbeccare l’altro corno del bivio: restare. «L’unica mossa azzeccata ora è rialzare la testa e lavorare per il futuro». Infatti Mancini ha già cominciato a farlo, con i due giorni di clausura fiorentina, invece di sciogliere le righe. Invece di macerarsi sugli errori del passato, ha scelto di tracciare il solco per la nuova semina e per il nuovo futuro. Ha lavorato per il domani anche con il presidente Gravina, rimasto nel ritiro azzurro, abbozzando programmi da rifinire a Roma.
Chi resta e chi molla
Solo ieri il gruppo azzurro si è sfoltito. In mattinata ha lasciato Coverciano l’acciaccato Verratti, seguito da Mancini e Berardi, anche loro con problemi fisici. Scelta personale invece la partenza di Insigne, Immobile e Jorginho, ai quali non mancavano certo colpe da espiare in gruppo. Ai rigori sbagliati dall’italo-brasiliamo penseremo a lungo anche noi, non solo lui. Il futuro azzurro dei tre è parecchio sbiadito. La nuova Italia potrebbe andare oltre il doppio-play per guadagnare imprevedibilità, dinamismo e fisicità, pescando in mediana tra i vari Barella, Tonali, Locatelli, Pellegrini... Con Verratti prima guida, per qualità ed esperienza internazionale. La partita di martedì a Konya potrebbe già dare indicazioni. Sembrava solo una rottura di scatole e invece ora, dopo il patto di rifondazione, Italia-Turchia acquista un altro senso: la prima pietra di una nuova costruzione. Poi Roberto Mancini tornerà a Roma per riflettere in silenzio. A giugno ritroverà i suoi ragazzi cui «vuole bene più di prima». Noi lo speriamo.
Conclave Il ritiro di Coverciano: rito di espiazione collettiva e di ripartenza
Pensieri azzurri Il c.t. dell’Italia ha bisogno di riflettere a Roma, ma sembra più vicino alla scelta di restare