Alcaraz che spavento Annulla un match point Djokovic da vero n. 1
Carlos si salva contro Ramos dopo 4 ore e 34’ Nole domina Molcan, pure Zverev rischia grosso
La paura ti è utile. Il panico ti uccide. Carlitos ha camminato sull’abisso, ma dallo spavento ha tratto la linfa vitale per sottrarsi alla rovinosa caduta. Il Roland Garros stava per perdere Alcaraz, il diciannovenne principino prodigio dalla Spagna che per tutti è addirittura il secondo favorito del torneo dietro a Djokovic e davanti a Nadal, ma dopo aver assaggiato il pane duro del tennis degli Slam, che è sostanzialmente un altro sport, salvandosi da un match point avverso sul 5-4 del quarto set, la stella emergente è ancora dentro il cuore di Parigi, sicuramente irrobustita dall’esperienza di 4 ore e 34’ di lotta feroce. Perché partite del genere ti segnano per forza in meglio.
Che prodezza E dire che il match contro l’altro spagnolo Ramos-Vinolas, 44 del mondo, vecchio marpione del rosso, all’inizio scivola via come un acquazzone estivo: 6-1 per Carlos in 27 minuti. Ma da quel momento le traiettorie mancine del veterano di Barcellona, le sue palle alte e senza peso anestetizzano l’aggressività di Alcaraz e lo avvolgono in una ragnatela letale, fino al vantaggio sul 5-4 e servizio che porta l’ineffabile Albert a un passo dal sogno e dalla più incredibile delle sorprese: ma il suo dritto molle è vittima del braccino e muore in rete su una palla decisamente attaccabile. Il numero 6 del mondo vincerà così il tie break, e anche se andrà di nuovo sotto 3-0 nel quinto, non darà mai l’impressione di poter conoscere la sconfitta, ottenendo poi il break decisivo sul 4-4 con una prodezza favolosa, tre smash rimandati all’avversario e un passante vincente: «Senza l’atmosfera incredibile creata dal pubblico, non ce l’avrei mai fatta. È stata una battaglia punto a punto, ora sono stanco ma felice».
Pensieri E mentre il nuovo che avanza resta sui binari attraverso la sofferenza, il titano carico di gloria passa un’altra tranquilla giornata in ufficio. Djokovic deve alzare il sopracciglio solo nel terzo set nell’incrocio con Molcan, 38 Atp, insaporito dalla presenza all’angolo dello slovacco dello storico ex coach dei mille successi di Nole, Marian Vajda: «L’ho chiamato quando ha deciso di buttarsi in questa nuova avventura, augurandogli di vincere tutte le partite tranne quelle contro di me. Intanto, sono molto soddisfatto di come sono andate
le cose nelle prime due uscite». Perciò i pensieri del Djoker sono rivolti altrove. Innanzitutto a Wimbledon, che in queste ore potrebbe davvero decidere di diminuire il montepremi: «Il torneo ha sbagliato, e poi ha sbagliato pure l’Atp con la sua reazione, molti miei colleghi sono insoddisfatti. So che ci saranno incontri nei prossimi giorni per provare a cambiare la situazione, ma resto convinto che senza una nuova rappresentanza noi giocatori rimaniamo deboli». E poi c’è la difesa del numero uno, che il Djoker potrà garantirsi solo vincendo il torneo: in caso contrario, la sua sorte dipenderà pure dai risultati di Medvedev e Zverev. Il tedesco, peraltro, ha rischiato
di togliersi immediatamente dalla corsa: inguardabile per i primi due set, ha rimontato soprattutto di nervi l’argentino Baez, il nuovo Schwartzman, annullandogli un match point sul 5-4 del quinto. Ma i problemi di Sascha, come ha ammesso per la prima volta, sono fuori dal campo: «Non ne voglio parlare, ma ci sono stati momenti in questa stagione in cui ho davvero faticato dal punto di vista mentale, stavo lottando per altre cose e quindi non ero felice e a volte mi sono sentito piuttosto depresso». Il logorio del tennis moderno.