C’è un po’ di Rocco in Pioli (e la novità del finale turbo)
Franco Arturi
Nella storia del Milan c’è uno scudetto sorprendente come l’ultimo? Che cosa ha dovuto inventarsi Pioli per riuscirci?
Marco Merri
Intanto una curiosità: con il titolo numero 19, il Milan è ora il club italiano con la maggiore ampiezza temporale di vittorie tricolori. Ha infatti incassato il primo scudetto nel 1901, diversi anni prima di Juve e Inter, le uniche «avversarie» in questa speciale classifica, e dunque il suo ciclo vincente dura da 121 anni, con inevitabili alti e bassi; è cominciato quando le automobili erano bizzarre novità faticosamente semoventi e nessun aereo si era ancora levato in volo.
Per rispondere alla sua prima domanda, mi soffermo sul nono scudetto della serie, quello del 1967-68. Le analogie con l’estate 2021 sono la penuria di denaro e la necessità di inventarsi il mercato. Cinquantacinque anni fa un giovanissimo Franco Carraro (27 anni) era succeduto come presidente al padre Luigi, scomparso all’improvviso. L’azienda tessile di famiglia non era certo un impero economico, da qui la necessità di tirare la cinghia. Il mitico
Rocco era tornato al timone: la campagna acquisti si concluse in attivo, com’era stato imposto. Il «paron», e qui c’è la profonda differenza con la banda dei giovani di Pioli, prese tre giocatori ultratrentenni, ormai rottamati da Inter, Roma e Fiorentina, e cioè Malatrasi, il libero, Fabio Cudicini, il portiere, e Hamrin, l’ala destra. Nessuno credeva a quel Milan, come all’attuale, ma arrivarono titolo, spettacolo e l’anno successivo la seconda coppa Campioni. Un miracolo.
Sui meriti di Pioli è stato scritto quasi tutto. Forse però non si è sottolineato abbastanza il grande salto di qualità del
tecnico di questa stagione: il finale straordinario. Acquisizione fondamentale perché, a parte i non frequentissimi casi di supremazia schiacciante, gli scudetti si vincono in aprile e maggio. Stefano era da molti considerato il miglior allenatore del girone di andata, cui seguivano finali d’annata in deciso calo. Così era accaduto nella sua stagione nerazzurra, per esempio, ma non solo. Anche il suo Milan dell’anno scorso aveva confermato la tendenza: 43 punti all’andata, 36 al ritorno, e Champions salvata in extremis. Ma nelle ultime sette giornate (13 punti) c’era state due sconfitte pesanti con Lazio e Sassuolo e un grave 0-0 interno col Cagliari. Siamo lontani dalle 6 vittorie e un pareggio di quest’anno (19 punti, e con un calendario molto più difficile) e dai 44 punti del ritorno, 2 in più dei 42 dell’andata. Qualcosa è cambiato nell’approccio fisico-atletico? Sospetto di sì, ma si tratta di dati più protetti dei lingotti di Fort Knox: non li conosceremo mai. Incredibile come il tecnico emiliano abbia saputo vincere con un centrale difensivo, come Kalulu, da 500 mila euro all’anno e un’ala destra, come Messias, che faceva lo scaricatore di elettrodomestici fino ai 24 anni (e su cui ci si sofferma troppo poco, ma sono suoi due assist d’oro nel finale di stagione, con Verona e Atalanta). Si parlerà per decenni di questo capolavoro. Personalmente sono curioso di sapere come questa squadra gioiello saprà sopravvivere a se stessa e ai rinnovi e ritocchi di contratti. Ma questa è un’altra storia e Pioli ha a disposizione un’altra avventura per stupire, questa volta in Europa.