KLOPP: «LA STAGIONE RESTA FANTASTICA» ANCELOTTI COMANDA: «FUORI LA QUALITÀ»
Jurgen parla di Kiev 2018: «Sarà fonte di motivazione». Carlo rievoca il ko del 2005: «La finale che giocammo meglio»
l sopracciglio ribelle di Carlo Ancelotti, il sorriso smagliante di Jurgen Klopp. La finale di Champions League è anche questa. Dettagli dei volti di due leader delle migliori squadre d’Europa. Allo Stade de France, stasera infatti, si sfidano anche due dei tecnici più carismatici e tra i più vincenti del calcio. Due guru che hanno il dono naturale di saper comunicare positività e sicurezza. Che a questi livelli possono fare la differenza. Magari anche soltanto con una battuta, per sdrammatizzare il clima senza per questo far abbassare la guardia, prima di una partita che può contribuire a fare entrare entrambi i tecnici ancora di più nella storia. E non è un caso che nessuno dei due voglia rinunciare alla propria identità: «Restiamo come siamo», predica il tedesco, puntualissimo alla conferenza stampa di vigilia. «Siamo qui per mostrare le nostre qualità», replica Carletto, giunto con un italico quarto d’ora accademico di ritardo davanti ai giornalisti.
Incroci Se lo può permettere, Ancelotti che è già il primo allenatore a portare una sua squadra in una quinta finale di Champions League. Potrebbe diventare anche il primo a vincerne quattro, di Coppe. E a chi gli chiede quale sia stata la finale più bella, Ancelotti risponde sdrammatizzando l’unica che ha perso. Con quel senso dello humour che fa bene a tutti: «Quella del 2005 fu la partita che giocammo meglio ma andò male. Questo però non vuol dire che ai miei chiederò di giocare male...». Quella sconfitta, tra l’altro, arrivò proprio contro il Liverpool, di Rafa Benitez, poi all’Inter. Certo, lo stesso Ancelotti si rifece due anni dopo. Ma nello strano incrocio di coincidenze del calcio, contro i Reds l’italiano ha due missioni in più. La prima è di impedire che gli inglesi aggancino il Milan a quota sette coppe. La seconda, fare un dispiacere al Liverpool da ex tecnico dell’Everton: «Proprio un anno fa mi chiamò Florentino Perez, ma sono sicuro che tutti gli evertonians tiferanno per me», ha aggiunto Ancelotti, sapendo di poter contare anche sui tifosi del Milan.
Onde Onde positive che non fanno che alimentare la serenità con cui Carlo riesce a relativizzare la partita più attesa della stagione, come quando alza il sopracciglio perché non individua i giornalisti che gli fanno le domande: «Non prendetemi per uno stupido, è che ci sono i faretti e non vi vedo». E tutti a ridere come fosse una vigilia di un’amichevole qualsiasi. Invece per Ancelotti è un’altra finale cruciale dopo quella del 2014 a Lisbona, la famosa “Decima” per il Real Madrid, vinta in rimonta, dopo il pareggio di Sergio Ramos al 93’, come tante gare quest’anno in Europa. Indice della forza mentale dei suoi giocatori che, come fanno Marcelo e Courtois, incensano il tecnico per come li fa sentire tutti importanti.
Erede Dettaglio cruciale se c’è da affrontare il Liverpool che un motivo in più per far bene ce l’ha pure. Ossia prendersi la rivincita della finale di Kiev del 2018, persa appunto contro il Real. Fu la terza di fila anche per Zinedine Zidane. Che raggiunse così Ancelotti e pure Bob Paisley, il mitico
allenatore dei Reds. Klopp ormai ne è l’erede in pectore. E come l’italiano, anche il tedesco non perde il sorriso evocando quella sconfitta di quattro anni fa, che gli impedisce stasera di giocarsi un posto nel ristretto club dei grandissimi. Ma non per questo Klopp cede ai cattivi pensieri: «Non ne siamo ossessionati, è solo una delle tanti fonti di motivazione, dopo una stagione comunque fantastica». Un’annata dove magari il Liverpool non ha vinto il campionato, ma in bacheca ha messo lo stesso Coppa di Lega e soprattutto FA Cup. Così Klopp è diventato il secondo allenatore di Premier ad aver vinto tutte le coppe, inglesi e continentali, solo come un certo Sir Alex Ferguson con il Manchester United. Naturale quindi che gli abbiano assegnato anche il titolo di miglior allenatore d’Inghilterra.
Leggerezza Insomma, in scena a Saint Denis, città dei re, ci sono i sovrani del calcio, che però sanno godersi ogni momento con leggerezza, quasi fossero due amici al bar. Anche se magari il prato dello Stade de France appena installato non è perfetto come dovrebbe. Klopp: «Se vinciamo, non c’è problema». Oppure se si parla di mercato e del futuro di Mané, nel mirino dl Bayern Monaco, ma pure del Real Madrid. Altro sorrisone luccicante di Klopp: «Che strano se ne parli proprio prima di una finale con il Real. Intanto però me lo godo io». Sulla stessa domanda, Ancelotti alza invece il sopracciglio sinistro: «Posso solo dire che Mané è un grande, ma anche che la domanda è coraggiosa prima di affrontare il Liverpool». Altre risate in sala. Sarà comunque una bella serata.
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