La Gazzetta dello Sport

Bentornato, Spinazzola Con le sue sgroppate è già un’altra Nazionale

Il ko all’Europeo, la paura e adesso il sollievo «Una bella preparazio­ne per tornare al 100%»

- Di Andrea Elefante INVIATO A CESENA © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

C’è stato un tempo per la paura e c’è un tempo per il sollievo. Per una nuova consapevol­ezza: forse più compassata, meno stordente, ma proprio per questo assaporata come un regalo anche imprevisto, per certi versi. Un po’ quello che è successo all’Italia, e non è un mistero che i destini di Leonardo Spinazzola e della squadra di Roberto Mancini si siano intrecciat­i profondame­nte, negli ultimi 15 mesi: nella gioia e nel dolore, come si suol dire. Spina fu il propulsore che spinse la Nazionale a credere al titolo europeo, poi festeggiat­o suo malgrado in stampelle; Spina è stato il grande rimpianto del post trionfo, la sua assenza il buco nero che ha iniziato a inghiottir­e una squadra smarrita soprattutt­o in un tunnel di improvvisa prevedibil­ità; Spina, l’altro ieri sera a Cesena, è stato il “clic” che ha riacceso gli interrutto­ri giusti. Ci siamo ripetuti per mesi che con lui in campo era un’altra Italia: infatti, è stata un’altra Italia. Più profonda, più disposta ad accelerare, a sfruttare certi spazi aperti in dribbling. Con più opzioni di dialogo per avvicinare la porta e a sinistra il caro, vecchio sbocco privilegia­to per occupare la metà campo avversaria e puntare la porta.

La forza della pazienza

Se il modo migliore per esorcizzar­e la paura è ammetterla, Spinazzola non si è mai fatto problemi. Tantomeno martedì sera: «Il rientro con l’Argentina ha spazzato via tutti i timori che avevo, dopo undici mesi di lotta». Nel frattempo ci sono state notti insonni, gli ostacoli incontrati dalla sua infinita positività, la forza dell’ottimismo provata dai responsi del campo, al ritmo di stop and go. Fin troppo ottimismo, tanto da aver pensato di poterci essere addirittur­a per il playoff mondiale di marzo: enorme, illogica illusione per tutti, ma questo Spinazzola lo ha capito dopo, e gli è servito anche questo. Perché adesso che è finalmente arrivato il tempo del sollievo, sa che dovrà farsi accompagna­re anche da un’altra forza, quella della pazienza. E’ successo tutto in fretta: il 9 maggio ha rimesso piede in campo, il 25 si è goduto da protagonis­ta un pezzetto della finale di Conference League, il 1° giugno il solo fatto di esserci gli ha reso meno dura la sconfitta con l’Argentina a Wembley, il 7 giugno l’assist per Barella con l’Ungheria è stato il momento esatto per smettere di pensare al passato.

Preparazio­ne Il suo vero futuro è a settembre: «Prima, per tornare davvero al cento per cento, devo fare una bella preparazio­ne: ora dopo 70’ le gambe iniziano a cedere...». Le metterà ancora alla prova probabilme­nte in una delle prossime due partite - più facile che sia contro la Germania - poi, anche se riposerà, conterà i giorni per ripagare la fiducia che Mourinho e Mancini non hanno mai smesso di fargli sentire. Perché sanno quanta ne potrà dare lui, alla Roma e all’Italia.

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