La Gazzetta dello Sport

I bimbi fanno la storia: israeliani con palestines­i

- Di Francesco Velluzzi

Ali porta il numero 9 e in pochi minuti ne fa due ai pari età del Calangianu­s. La bella esperienza della squadra Social Gol al Torneo Manlio Selis comincia con una vittoria per 3-0. Ali e Adam, Aron e Amit si abbraccian­o. Israeliani e palestines­i. Perché, come ha detto David Suazo, legends della Fifa, nel discorso di apertura, «siamo tutti uguali e le barriere cadono». Ieri sono cadute in una giornata epocale per 14 bambini del 2011, 7 israeliani e 7 palestines­i, uniti per la prima volta da Social Gol, la casa dei progetti sociali, ideata a Tel Aviv da Yacha

Maknouz nel 2008. Insieme. Felici. Un evento inclusivo che non scorderann­o mai. «Sono più importanti questi giorni insieme che un anno di allenament­i», dice Arturo Cohen, milanese, 29 anni, da 10 a Gerusalemm­e, responsabi­le tecnico di Social Gol alla quale si appoggia anche Inter Campus.

Evento All’edizione numero 25 del Selis, l’evento che in Gallura Enea Selis cura come un figlio, ci sono, tra i 2009, Psg e Liverpool, Juve e Toro, Milan e Inter, Atalanta, Roma, Cagliari, ma l’attenzione è tutta per questi bimbi sbarcati dopo un anno e mezzo di lavoro intenso su un’idea di Stefano Longo del marketing de Le Coq Sportif, main sponsor del torneo, che ha voluto che questo sogno diventasse realtà. E così mercoledì notte, con addosso magliette di Milan e Inter, la rappresent­ativa è sbarcata a Olbia. Trasferime­nto alla Colonna Du Golf a Cugnana dove alloggia pure il Psg e in cui gioca, bene, da centravant­i, il figlio di Wanda Nara e Maxi Lopez. «Per 20 minuti i nostri bimbi hanno guardato estasiati quelli del Psg. Seguono Premier e Champions. Erano increduli», racconta Arturo. La prima in Italia è stata una festa: mattina in piscina, allenament­o al Geovillage, pasta al pomodoro e lì sono impazziti. Zero carne. Alcuni non possono per motivi religiosi. Una sola richiesta, difficile anche per l’hotel: delle pentole nuove, per evitare contaminaz­ioni. «Ci siamo divertiti tanto in piscina», dice Aron, israeliano che parla italiano come il papà Yacha. Il momento più bello? La consegna delle divise. Bianche e arancioni. In questa giornata speciale si sono soprattutt­o svariati dei cinque e dei sorrisi. Perché sono tre lingue diverse. Quelli di Jaffa parlano araboebrai­co, quelli di Tel Aviv ebraico, quelli di Gerusalemm­e Est arabo. Infatti ci sono tre papà, uno per lingua. Enea Selis sorride. Sa di aver fatto qualcosa di speciale. Ma non si ferma qui: «Nel 2023 voglio una squadra mista di ucraini e russi».

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 ?? SANNA ?? In alto, la Social Gol con bambini israeliani e palestines­i. Sotto, una fase di gioco e David Suazo
SANNA In alto, la Social Gol con bambini israeliani e palestines­i. Sotto, una fase di gioco e David Suazo
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Emozioni

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