I bimbi fanno la storia: israeliani con palestinesi
Ali porta il numero 9 e in pochi minuti ne fa due ai pari età del Calangianus. La bella esperienza della squadra Social Gol al Torneo Manlio Selis comincia con una vittoria per 3-0. Ali e Adam, Aron e Amit si abbracciano. Israeliani e palestinesi. Perché, come ha detto David Suazo, legends della Fifa, nel discorso di apertura, «siamo tutti uguali e le barriere cadono». Ieri sono cadute in una giornata epocale per 14 bambini del 2011, 7 israeliani e 7 palestinesi, uniti per la prima volta da Social Gol, la casa dei progetti sociali, ideata a Tel Aviv da Yacha
Maknouz nel 2008. Insieme. Felici. Un evento inclusivo che non scorderanno mai. «Sono più importanti questi giorni insieme che un anno di allenamenti», dice Arturo Cohen, milanese, 29 anni, da 10 a Gerusalemme, responsabile tecnico di Social Gol alla quale si appoggia anche Inter Campus.
Evento All’edizione numero 25 del Selis, l’evento che in Gallura Enea Selis cura come un figlio, ci sono, tra i 2009, Psg e Liverpool, Juve e Toro, Milan e Inter, Atalanta, Roma, Cagliari, ma l’attenzione è tutta per questi bimbi sbarcati dopo un anno e mezzo di lavoro intenso su un’idea di Stefano Longo del marketing de Le Coq Sportif, main sponsor del torneo, che ha voluto che questo sogno diventasse realtà. E così mercoledì notte, con addosso magliette di Milan e Inter, la rappresentativa è sbarcata a Olbia. Trasferimento alla Colonna Du Golf a Cugnana dove alloggia pure il Psg e in cui gioca, bene, da centravanti, il figlio di Wanda Nara e Maxi Lopez. «Per 20 minuti i nostri bimbi hanno guardato estasiati quelli del Psg. Seguono Premier e Champions. Erano increduli», racconta Arturo. La prima in Italia è stata una festa: mattina in piscina, allenamento al Geovillage, pasta al pomodoro e lì sono impazziti. Zero carne. Alcuni non possono per motivi religiosi. Una sola richiesta, difficile anche per l’hotel: delle pentole nuove, per evitare contaminazioni. «Ci siamo divertiti tanto in piscina», dice Aron, israeliano che parla italiano come il papà Yacha. Il momento più bello? La consegna delle divise. Bianche e arancioni. In questa giornata speciale si sono soprattutto svariati dei cinque e dei sorrisi. Perché sono tre lingue diverse. Quelli di Jaffa parlano araboebraico, quelli di Tel Aviv ebraico, quelli di Gerusalemme Est arabo. Infatti ci sono tre papà, uno per lingua. Enea Selis sorride. Sa di aver fatto qualcosa di speciale. Ma non si ferma qui: «Nel 2023 voglio una squadra mista di ucraini e russi».