Da Skriniar a Koulibaly, i top club europei in fila La garanzia per il vero difensore è sempre l’Italia
Non ci siamo mai abituati all’idea malgrado lo scrivesse Gianni Brera - che la partita perfetta finisce sempre zero a zero. Anzi, e non è un complimento, spesso ci entusiasmiamo di fronte a “epiche” sfide di altri Paesi. Più reti vediamo e più ci sentiamo appagati, arrivando a teorizzare che - sì - quello è calcio. Spettacolare, avvincente, in cui gli attaccanti fanno a gara nel superarsi. In cui non bastano tre reti per sentirti al sicuro, perché l’imprevisto — magari l’errore — è dietro l’angolo. Da noi, in Italia, la storia è sempre stata diversa: con un tatticismo — che brutta parola — esasperato. Sostenuto, fino a qualche anno fa, da una scuola italiana di difensori che ha fatto la storia del calcio. Ancora oggi — e tra pochi giorni saranno passati 40 anni — siamo pronti a celebrare il nostro successo al Mondiale di Spagna con un’immagine rappresentativa: la marcatura di Gentile su Maradona. Ma non solo. Anche nel trionfo del 2006 il nostro simbolo e Pallone d’oro è stato Cannavaro.
Roba forse di altri tempi, perché — e questo è innegabile
— nel frattempo la tradizione dei grandi difensori italiani si è andata perdendo. Con l’uscita di scena di Chiellini, siamo qui a chiederci su chi potrà contare Mancini per blindare l’Italia. Ma se faticano a crescere difensori azzurri, non si può dire assolutamente — anzi — che nel frattempo abbia perso colpi la nostra tradizione e attitudine: saper difendere, e difendere bene, insegnando anche agli altri l’arte di saper stare in
campo. È per questo, se ci pensate, che raramente i grandi squadroni d’Europa guardano a fantasisti e attaccanti del nostro campionato.
Ma è un’abitudine — forse mai come adesso — per quanto riguarda i difensori. E l’elenco è lunghissimo. Koulibaly è appetito da Barcellona e Chelsea, che aspettano solo un cenno di De Laurentiis a trattare. Grande giocatore, che al primo anno in Italia ha però faticato moltissimo, con Benitez che gli preferiva Britos e Albiol. Sotto la guida di Sarri, che lo ha plasmato e migliorato, è diventato il calciatore che è ora. Così come Skriniar, il sogno forse proibito del Psg per proteggere una galleria di campioni dalla metà campo in avanti. Anche lui, con Antonio Conte, è finito addirittura in panchina, prima di imparare la lezione: meno aggressività e maggior controllo della propria forza. Una crescita che ha condiviso parallelamente con De Ligt, arrivato dall’Ajax con referenze straordinarie ma che — parole sue — ha imparato in Italia e alla Juve a limitare i contrasti. Meglio, molto meglio, una postura corretta, per guardare il pallone e anticiparne la traiettoria. Fatto sta che il Chelsea è sempre lì, alla finestra.
Ma
in Italia — ed è per questo che piace a tutti, dal Liverpool al Bayern — si è migliorato moltissimo Bremer, il miglior difensore dell’ultima Serie A. Da Mazzarri a Juric ha trovato i maestri giusti per diventare il grande difensore che è. Lo stesso percorso che ha fatto Bastoni, su cui è forte l’interessamento del Tottenham di Antonio Conte.
Lui e Inzaghi, d’altronde, ne hanno esaltato le qualità, insegnandogli soprattutto che si difende con la mente e non con il fisico. Insomma, l’Europa dei Grandi guarda ai difensori del nostro campionato. Perché qui si cresce, evidentemente. E perché se segni tre gol, ma ne prendi quattro, c’è anche qualcuno — credeteci — che non si diverte.