Capitan Bonucci come Ibra Ora è il leader e la voce di Max
Chissà se c’è ancora quello sgabello dello stadio “Dragao” di Oporto sul quale Leonardo Bonucci, il 22 febbraio 2017, seguì il successo per 2-0 della Juventus contro il Porto, nell’andata degli ottavi di Champions. Da quella sera in Portogallo, è cambiato tutto dentro e fuori la squadra bianconera. Via Marotta, via i quattordici giocatori scesi in campo, da Buffon a Barzagli fino al fresco “ex” Chiellini, è rimasto soltanto lui, insieme con Allegri in panchina. Una coppia che ha avuto qualche divergenza di opinioni in passato, alla vigilia di quella partita e un’estate fa, quando Bonucci venne retrocesso a terzo capitano, dopo Chiellini e Dybala. Adesso che anche loro due hanno svuotato i rispettivi armadietti, non c’è più alcun dubbio sul fatto che il prossimo capitano sarà lui, il campione d’Europa in maglia azzurra, che a 35 anni diventerà il “grande vecchio” della Juventus, nel senso migliore del termine, per la sua esperienza e soprattutto per il suo esempio ai più giovani. Un ruolo che qualche volta potrebbe trasformarsi in un altro non meno importante, quello cioè di “capitano non giocatore”, se non proprio di
allenatore aggiunto, pronto a urlare i suoi consigli dalla panchina, come ha fatto al fianco di Mancini. Sì, perché Bonucci non è il tipo che rifiuta la panchina e tantomeno la
tribuna, come ha dimostrato più volte in Nazionale, rimanendo nel gruppo fino all’ultimo giorno anche se infortunato. Un atteggiamento da leader che ricorda quello
di Ibrahimovic, il grande attaccante diventato sempre più spesso il grande motivatore della squadra, prezioso alleato di Pioli per stimolare i compagni più giovani, che infatti non hanno mai smesso di ringraziarlo. E allora non è difficile immaginare Bonucci che dal campo o dalla panchina, e ancora di più negli allenamenti, incita e magari sgrida l’ultimo arrivato Federico Gatti.
In fondo ripeterebbe con lui la stessa lezione di inserimento nella Juventus appresa dai più anziani Buffon, Barzagli e Chiellini, nell’estate del 2010, quando arrivò dal Bari a 23 anni, uno meno di Gatti che ne compie 24 tra dieci giorni. Guarda caso, proprio come il neojuventino, Bonucci prima di presentarsi a Torino aveva già esordito in Nazionale, schierato sulla fascia destra da Lippi, al fianco di Cannavaro e Chiellini, nell’amichevole contro il Camerun, il 3 marzo 2010, a Montecarlo. Anche il c.t. campione del mondo sapeva scoprire in anticipo i giovani e avendo subito intuito le qualità di Bonucci gli assegnò la maglia numero 23 per il Sudafrica, dove però non giocò nemmeno un minuto. Fu un’esperienza amara, comunque utile per diventare protagonista vincendo otto scudetti con la Juventus e poi il titolo europeo con la Nazionale, che Ibrahimovic invece non ha mai festeggiato con la maglia della Svezia. Dall’alto del suo grande passato e del suo riconosciuto carisma, il campione del Milan non ha più bisogno di segnare per farsi apprezzare dai compagni giovani come Leao, o da quelli meno giovani come Giroud. E a maggior motivo, visto che non è mai stato un goleador, il discorso vale anche per Bonucci, il nuovo capitano, ma soprattutto il nuovo leader della nuova Juventus. E allora sì, Bonucci come Ibrahimovic. Perché leader si nasce, non si diventa.