La Gazzetta dello Sport

ITALIA «IL VIAGGIO DEGLI EROI» LA NAZIONALE DI BEARZOT DIVENTA UN DOCU-FILM

Paolo Rossi e gli altri: interviste e immagini inedite nell’opera dedicata ai campioni del mondo di 40 anni fa Il 20, 21 e 22 sarà in 107 sale

- Di Elisabetta Esposito ROMA

Oltre l’urlo di Tardelli. Oltre il triplice Campioni del mondo di Martellini. Oltre l’entusiasmo di Pertini. C’è molto di più dietro al trionfo dell’Italia di Bearzot in Spagna in quell’indimentic­abile 11 luglio 1982, quarant’anni fa. Quelle storie di ragazzi sbarbati o baffuti (andavano di moda, anche se per alcuni - vedi Gentile si trattava di una scommessa), di polemiche e frustrazio­ni, di obiettivi impossibil­i, di scelte coraggiose, di solidariet­à, di vittorie immense, meritano di essere raccontate ancora e ancora. Possibilme­nte sfuggendo alla retorica. Come fa Il Viaggio degli Eroi, docufilm firmato da Manlio Castagna e prodotto da One More Pictures con Rai Cinema e Rai Com, che arriverà in 107 sale italiane il 20, 21 e 22 giugno.

Speranza Un viaggio diviso in undici capitoli che ripercorro­no la narrativa propria degli eroi, scandita da una serie di prove contro antagonist­i più o meno sorprenden­ti (si va dalla stampa schieratis­sima contro Bearzot a colossi come Argentina, Brasile e ovviamente Germania) e accompagna­ta dalla voce narrante di Marco Giallini, uno che quella notte di festa la ricorda bene e che ammette: «Dopo quella sera sono cresciuto meglio». Un viaggio che punta all’epica più che alla cronaca, che vuole cogliere il sentimento più che il gesto tecnico e che finisce inevitabil­mente col coinvolger­e ed emozionare tutti. Un viaggio che alterna le immagini d’archivio (che Castagna taglia però in modo originale per far sì che ci si soffermi sui dettagli, un sopraccigl­io inarcato, un pugno chiuso) alle testimonia­nze dei protagonis­ti. Lasciando costanteme­nte emergere la realtà sociale dell’Italia di allora, reduce da anni durissimi: sullo schermo scivolano allora il rapimento di Moro, i grandi scioperi, l’attentato al Papa, la strage di Bologna e la tragedia di Ustica. «Il calcio era un’isola felice, dove ci si ricompatta­va», dice Antonio Cabrini nel film. Concetto che riprende in conferenza stampa, alla Casa del Cinema di Roma dove è accompagna­to da Antognoni, Causio, Conti, Collovati, Dossena e Selvaggi: «È un documentar­io importante che parla della vita di un Paese e del grande sentimento di un gruppo coeso che è riuscito a portare a casa la Coppa del Mondo». Lo segue il regista Castagna: «È una storia di valori e di passioni, di impegno e di speranza, una storia che va raccontata, soprattutt­o oggi, in un momento tanto difficile».

Dalle critiche al trionfo

E allora ecco gli azzurri, con i loro completi tanto diversi da quelli di oggi, immersi negli allenament­i nel ritiro di Alassio prima e in quello di Pontevedra, in Spagna, poi. Il racconto si srotola assieme ai titoli dei giornali, tutti presi a massacrare l’intransige­nte Bearzot anche - e forse soprattutt­o - per la scelta di portare un Rossi reduce dalla squalifica per il calcioscom­messe. Viene mostrata anche un’intervista di quegli anni a Pablito, chiamato a guardare in camera per professare la propria innocenza. «Ho pianto vedendo questo film confessa Federica Cappellett­i, moglie di Rossi -. Paolo e Bearzot avevano un rapporto padre-figlio. Anche durante la squalifica il c.t. lo chiamava per dirgli: “Tieniti pronto, vieni in Spagna con noi”. Ricordo bene il loro ultimo incontro, ad Auronzo di Cadore. Bearzot gli disse della sua malattia, ringraziò la squadra per la felicità che gli aveva regalato, piansero insieme». Rossi non è l’unico ad aver visto il c.t. come un papà. «Lo era davvero, per tutti», sottolinea Bruno

Conti. E Bergomi: «Avevo perso il mio troppo presto, Bearzot è stato fondamenta­le per la mia crescita». Dopo i tre pareggi nel girone ecco la vittoria con l’Argentina e giornali e tv iniziano a esaltare l’Italia: «Quella per me è stata la gara chiave - dice Collovati -, ci ha dato la forza per affrontare il Brasile a testa alta». E poi gli azzurri vanno avanti, vittoria su vittoria, gol di Rossi dopo gol di Rossi, fino a un trionfo che nessuno aspettava. «Del resto i veri eroi sono i non predestina­ti», sottolinea il regista.

Ieri e oggi Ancora oggi i campioni del mondo si prendono in giro. «Perché essere un gruppo è diverso da essere una squadra, noi siamo amici», dicono. E non c’è niente di costruito, i siparietti tra Conti e Collovati sono spudoratam­ente autentici: «Bruno, te e Causio non potete venire in conferenza con la polo, siete due coattoni», dice uno. E l’altro: «Meglio che non parli...». Si discute invece della Nazionale di oggi, non foss’altro che l’ultima (pesante) sconfitta è arrivata contro la Germania che l’Italia ‘82 aveva strapazzat­o in finale: «Questa squadra va difesa - dice Antognoni -, sta sperimenta­ndo, va aspettata per uno, due anni. Ha comunque vinto l’Europeo, le cose belle vanno ricordate, qui sembra passare tutto troppo in fretta». E Cabrini: «È in atto una rifondazio­ne. Mancini non ha la bacchetta magica, ci vorrà molto tempo e Lega e Figc devono dargli la possibilit­à di lavorare in un certo modo, evitando che metà degli azzurri la domenica guardi le partite dalla panchina». E chi vuole capire capisca.

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