Una Juve a misura di Allegri Non sarà anno di transizione
Ci sono tre parole che hanno sempre rappresentato l’alibi di ogni allenatore: anno di transizione. Dite la verità: avete mai sentito qualcuno che, al debutto, non si sia giocato il bonus? Approfittando, magari, della copertura del club, disposto a non fissare obiettivi, ma a dribblare le domande scomode con il più classico dei «contiamo di migliorarci». Non sempre però, con uno slalom dialettico, si può provare a raddoppiare. Dipende naturalmente dallo status del tecnico, dal suo curriculum, ma anche dal dna delle società. Quelle abituate a vincere possono tollerare un anno di digiuno, non di più. Lo sanno bene i piloti delle scuderie più accreditate e, per arrivare al punto, lo sa bene Max Allegri: la Juve può permettersi un’annata di ricostruzione. Non di più.
La premessa serve a spiegare la campagna-acquisti bianconera che, dopo aver acceso i motori con Pogba, adesso sta provando a spiccare il volo. Puntando sulle ali. Giocatori abituati a giocare sulle fasce e, soprattutto, calciatori in grado di fare immediatamente la differenza.
Il riferimento, chiaro, è a Di Maria, a cui il club - sulla spinta del suo tecnico - è disposto a concedere un po’ tutto. Non solo un ricchissimo contratto, ma anche la prospettiva di tornare tra un anno in Argentina: perché da
quelle parti sono abituati, per una questione di cuore e di riconoscenza, a chiudere la carriera con la prima maglia indossata. Condizioni che, forse, avrebbero indotto molti a mollare la presa: non Allegri che, come detto, sa bene questa volta di non potersi permettere passaggi a vuoto.
La Juve che sta nascendo, da Pogba a Di Maria, che sogna Kostic e Koulibaly, è insomma la fotografia delle legittime
ambizioni del suo mister, che ad aprile scorso - non un secolo fa - ha confessato pubblicamente il suo stato d’animo. «Mi girano terribilmente le scatole perché non lottiamo per lo scudetto». D’altronde, giusto riconoscerlo, la sua carriera si è sempre sviluppata sul binario del successo. Sei scudetti - cinque con la Juve e uno con il Milan sono lì a testimoniare la sua vocazione a fare il capoclasse. Ma, soprattutto, un settimo sigillo lo porterebbe a eguagliare il record storico di Giovanni Trapattoni: l’unico, tra i nostri allenatori, ad aver tagliato il traguardo da primo in classifica addirittura sette volte. Sei con la Juve e una con l’altro club di Milano, l’Inter.
Ecco perché Allegri vuole, anzi pretende, una squadra che gli dia garanzie immediate. Perché sa bene che il calcio è oggi, perché lui con i campioni e con le grandi personalità - come Pogba e come è sicuramente Di Maria - ha dimostrato di saperci fare. E perché anche l’ultima stagione ha dimostrato quanto fosse inopportuna e strumentale la diatriba tra chi predilige il gioco e chi invece il risultato.
Perché se a trionfare in Europa è Ancelotti e in Italia è invece il turno di Pioli, vuol dire che, insieme alle grandi qualità, contano buon senso ed equilibrio. Sarà anche per questo - parere strettamente personale - che l’anno prossimo, per conquistare lo scudetto, bisognerà fare i conti con la Juve. Mai, come stavolta, firmata Max Allegri.