La Gazzetta dello Sport

LUKAKU O IBRA?

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Milano. Zlatan è l’uomo dei gol impossibil­i, Romelu quello che strappa con potenza. Otto anni di differenza, una conoscenza antica e un dialogo che comincia a Manchester nel 2017, quando Romelu telefona a Zlatan per chiedergli di avere la maglia numero 9. «Nessun problema, se ti rende felice. Prenderò la 10». Uno scambio amichevole, ma l’armonia non dura a lungo. Dicono che Lukaku soffrisse l’ego un po’ debordante dello svedese, fino al famoso episodio della sfida tecnica. «Allo United facemmo una scommessa: “Ti do 50 sterline per ogni stop giusto”. Romelu mi rispose: “E se li azzecco tutti, cosa mi dai?”. “Nulla, ti rendo un calciatore migliore”. Per la cronaca, non accettò mai la sfida. Forse aveva paura di perdere». Questa, naturalmen­te, è la versione di Zlatan.

Io e Dio Ma poi è arrivato il rendez vous a Milano, con Lukaku che di certo era diventato un calciatore migliore, perfettame­nte a proprio agio nella maglia nerazzurra e Ibra impegnato nella risalita con il Milan. «Se tu sei re, io sono dio». Milano ha ritrovato il suo dio: gli spunti offerti dallo svedese via social erano più o meno questi. E via di sfida in sfida, fino al crash di coppa Italia nel gennaio 2021, la provocazio­ne sul voodoo, le accuse di razzismo, le polemiche. Ci sono stati altri incontri, occasioni buone per ignorarsi. Il buono e il cattivo, così appaiono a volte Romelu e Zlatan, pure se in fondo queste sono maschere nella commedia dell’arte del pallone. Il fatto che la sfida riprenda è un motivo in più che arricchisc­e lo spettacolo del prossimo campionato, un duello nel duello milanese. Un’opera da consolidar­e dopo la scalata del suo Milan bis per Ibrahimovi­c, uno scudetto da riconquist­are per Lukaku, altri capitoli da scrivere per stabilire se sia meglio essere un re o un dio. Anche se in fondo la maggior parte dei re non ha mai avuto dubbi sull’origine del potere.

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