Montero È un simbolo Juve E con Pessotto coppia storica per la Primavera
Il dirigente ha scelto l’uruguaiano Il re della difesa farà un 4-3-3 d’attacco
Itifosi della Juve lo invocano ancora oggi. Che anni, quegli anni. Pablo Montero, le sue pigne, il suo carisma e la sua personalità al centro della difesa. Tutte doti innate, rimaste nel suo carattere, anche nel nuovo mestiere di allenatore. Proprio sotto questa veste ritorna a Torino, per proseguire nel suo percorso di crescita, con una tappa cruciale ed emozionante. Montero prende il posto di Andrea Bonatti alla guida della Primavera 1, una casella importante nella galassia che ruota attorno a Max Allegri e che comprende anche Massimo Brambilla, nuovo tecnico della Juventus U23 (accordo ufficializzato proprio ieri), mentre Simone Padoin (in questi giorni impegnato nel corso a Coverciano) dovrebbe passare dallo staff della prima squadra alla guida della Under 17.
Il tecnico
L’amico Pessotto Ma Montero è Montero, qualunque sia il suo ruolo. I suoi 9 anni a Torino hanno lasciato il segno. Per i successi, certo: una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa Uefa, tre Supercoppa italiana e quattro scudetti, fino al 2005. Ma anche per le battaglie sul campo, quella grinta e quell’ardore che esaltavano i tifosi alla pari dei gol di Alex Del Piero. Magari ai limite della correttezza, a volte andando anche oltre, perché la tempra sudamericana non l’ha mai nascosta. Gomitate, entrate a gamba tesa, anche pugni (Gigi Di Biagio, allora all’Inter, se lo ricorda bene), già, le famose pigne. Ma anche giocate eleganti, anticipi puliti e lanci a innescare le ripartenze. In quegli anni, tra i tanti compagni, c’era Gianluca Pessotto, con il quale Montero ha legato molto. Proprio Pessotto, oggi direttore sportivo della Primavera bianconera, l’ha voluto al suo fia nco nella Juventus.
Il maestro Ma prima di Pessotto c’era un allenatore che stravedeva per lui, ossia Marcello Lippi. Aveva conosciuto Montero ai tempi dell’Atalanta e poi l’ha voluto alla Juve, nel 1996, all’indomani della vittoria di Roma in Coppa dei Campioni contro l’Ajax ai rigori. Adesso il suo ritorno è stato voluto dalla società e da Pessotto per aiutare a crescere i giovani e anche per trasferire loro quel senso di appartenza che a volte rischia di smarrirsi. Con Montero c’è la Juventus, questo deve essere chiaro. I suoi ragazzi lo capiranno in fretta. Ma è logico: Pablo oggi rappresenta anche molto altro.
Le qualità Perché è diventato un allenatore vero e ha maturato esperienze importanti in giro per il mondo, anche in Italia ma soprattutto nel suo Uruguay e in Argentina. Alla Juve, tra l’altro, i calciatori di madrelingua spagnola non mancano e lui saprà guidarli anche senza usare l’italiano. L’esperienza più importante che ha vissuto è stata quella a casa sua, nel Penarol, al debutto in panchina, nel 2014. Poi c’è stata l’Argentina, con il Boca Unidos, il Colon e il Rosario Central, fino al San Lorenzo, la squadra di Papa Francesco, ultima sua esperienza la scorsa stagione. In mezzo c’è stata l’Italia. A Coverciano ha fatto tutti i corsi Uefa per ottenere il patentino europeo di allenatore, a San
Benedetto del Tronto ha trovato pane per i suoi denti, con due stagioni molto toste in Serie C, l’ultima vissuta attraversando le difficoltà societarie di una Sambenedettese poi fallita (estate 2021) dopo la scellerata gestione di Domenico Serafino. Montero è sempre stato lì, a guidare la barca anche nella burrasca. Da leader vero, come sempre. Si sarebbe meritato un’altra panchina dalle nostre parti, l’ha aspettata ma non è arrivata, e così è dovuto tornare in Argentina.
Si è laureato a Coverciano, ha guidato per due stagioni la Samb in Serie C
Il maestro Lippi aveva grande stima in lui, lo ha voluto prima all’Atalanta e poi alla Juventus
Le idee L’Italia però è sempre stata in cima ai suoi pensieri. Figuratevi la Juve. Non ha avuto dubbi nell’accettare la proposta di Pessotto, anche se alla Primavera. Montero è pronto a trasferire ai ragazzi le sue idee. Allena facendo come modulo il 4-3-3, cercando di proporre calcio, con un atteggiamento molto offensivo. Insomma, proprio il contrario di quando giocava, quando si preoccupava soprattutto di distruggere (il gioco, sia chiaro).