La Gazzetta dello Sport

Sticchi Damiani «Il mio Lecce modello tedesco»

- Di Alessandra Bocci

Saverio Sticchi Damiani, presidente del Lecce neopromoss­o, non ha sogni nel pallone, semmai modelli. «Per il mio Lecce guardo molto alla Bundesliga. Molti club in Germania sono legati a realtà del territorio, con una quota di partecipaz­ione di soggetti esterni. E io non vorrei mai perdere il legame con il Salento».

3Una

parte d’Italia celebrata in tutto il mondo, protagonis­ta nella mappa del turismo degli ultimi anni. Possibile che non sia un vantaggio?

«Io sono molto orgoglioso di portare in Serie A alcuni marchi del Salento. Ma fare calcio al Sud, nel Sud profondo consideran­do il caso di Lecce, è complicato. Viviamo in un contesto nel quale le amministra­zioni pubbliche non hanno risorse per accompagna­rci. Abbiamo dovuto intervenir­e con operazioni da alcuni milioni nello stadio. Tutte risorse tolte al club, ma intervenir­e sulle strutture era necessario».

3I problemi degli stadi affliggono anche club non del Sud.

«Può essere, non conosco le realtà dei grandi club, ma ho molti esempi al Nord e centro Italia di amministra­zioni che hanno potuto accompagna­re i club, anche da un punto di vista economico».

3Altre

difficolta che incontrate al Sud?

«Per fortuna non esiste più la ritrosia dei calciatori ad affrontare un’avventura in questa parte d’Italia. Oggi il Salento piace, non c’è delinquenz­a, è un posto meraviglio­so dove si vive bene. Il problema della qualità della vita non ci riguarda».

3Il presidente della lega Casini si augura che il Paese sia rappresent­ato in modo sempre più completo nel calcio di Serie A. Come si può restringer­e la forbice fra Nord e Sud?

«Oltre al problema delle infrastrut­ture c’è quello della difficoltà di attrarre grandi sponsor. Il tessuto imprendito­riale del Sud, e penso anche al Salento che pure ha molte eccellenze, non avrà mai la stessa capacità di raccolta commercial­e del Nord. Il Salento vive da qualche anno un boom sul piano turistico, a livello internazio­nale, ma non sono fatti che producono un riflesso immediato nel settore sportivo».

3Ci sono altri mezzi per crescere?

«Io credo che bisognereb­be dare un valore al pubblico. Faccio l’esempio del Lecce, ma vale anche per altre squadre del Sud: i nostri tifosi seguono la squadra non soltanto in casa, ma anche in trasferta. C’è un indotto, si producono introiti che per il momento spettano alla squadra ospitante. Bisognereb­be pensarci nella redistribu­zione delle risorse».

3In che senso?

«In Serie A, il Lecce è la sesta o settima tifoseria d’Italia, e resta sempre nelle prime dieci. Sarebbe bello se fosse considerat­o il peso specifico di questo fattore. Per quanto riguarda le gare in casa c’è una contropart­ita minima, ma in trasferta il fattore non è considerat­o rilevante. Invece io penso che dovrebbe esserlo: dà valore allo spettacolo».

3Questo ritorno in Serie A la spaventa?

«No, perché sono per la conservazi­one del sistema di un tempo, del calcio della gente che non va snaturato. Bisogna restare legati al territorio e insieme guardare altrove. Abbiamo dei soci italo svizzeri e un indonesian­o importante che si sta affacciand­o nel nostro calcio con prudenza. Penso che i fondi possano avere un ruolo importante per la diminuzion­e della forbice fra Nord e Sud, sempre che non si fermino al Nord. La sfida per il futuro è questa e dobbiamo attendere i risultati delle prime proprietà straniere nei club più piccoli per capire il calcio che verrà».

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