Sticchi Damiani «Il mio Lecce modello tedesco»
Saverio Sticchi Damiani, presidente del Lecce neopromosso, non ha sogni nel pallone, semmai modelli. «Per il mio Lecce guardo molto alla Bundesliga. Molti club in Germania sono legati a realtà del territorio, con una quota di partecipazione di soggetti esterni. E io non vorrei mai perdere il legame con il Salento».
3Una
parte d’Italia celebrata in tutto il mondo, protagonista nella mappa del turismo degli ultimi anni. Possibile che non sia un vantaggio?
«Io sono molto orgoglioso di portare in Serie A alcuni marchi del Salento. Ma fare calcio al Sud, nel Sud profondo considerando il caso di Lecce, è complicato. Viviamo in un contesto nel quale le amministrazioni pubbliche non hanno risorse per accompagnarci. Abbiamo dovuto intervenire con operazioni da alcuni milioni nello stadio. Tutte risorse tolte al club, ma intervenire sulle strutture era necessario».
3I problemi degli stadi affliggono anche club non del Sud.
«Può essere, non conosco le realtà dei grandi club, ma ho molti esempi al Nord e centro Italia di amministrazioni che hanno potuto accompagnare i club, anche da un punto di vista economico».
3Altre
difficolta che incontrate al Sud?
«Per fortuna non esiste più la ritrosia dei calciatori ad affrontare un’avventura in questa parte d’Italia. Oggi il Salento piace, non c’è delinquenza, è un posto meraviglioso dove si vive bene. Il problema della qualità della vita non ci riguarda».
3Il presidente della lega Casini si augura che il Paese sia rappresentato in modo sempre più completo nel calcio di Serie A. Come si può restringere la forbice fra Nord e Sud?
«Oltre al problema delle infrastrutture c’è quello della difficoltà di attrarre grandi sponsor. Il tessuto imprenditoriale del Sud, e penso anche al Salento che pure ha molte eccellenze, non avrà mai la stessa capacità di raccolta commerciale del Nord. Il Salento vive da qualche anno un boom sul piano turistico, a livello internazionale, ma non sono fatti che producono un riflesso immediato nel settore sportivo».
3Ci sono altri mezzi per crescere?
«Io credo che bisognerebbe dare un valore al pubblico. Faccio l’esempio del Lecce, ma vale anche per altre squadre del Sud: i nostri tifosi seguono la squadra non soltanto in casa, ma anche in trasferta. C’è un indotto, si producono introiti che per il momento spettano alla squadra ospitante. Bisognerebbe pensarci nella redistribuzione delle risorse».
3In che senso?
«In Serie A, il Lecce è la sesta o settima tifoseria d’Italia, e resta sempre nelle prime dieci. Sarebbe bello se fosse considerato il peso specifico di questo fattore. Per quanto riguarda le gare in casa c’è una contropartita minima, ma in trasferta il fattore non è considerato rilevante. Invece io penso che dovrebbe esserlo: dà valore allo spettacolo».
3Questo ritorno in Serie A la spaventa?
«No, perché sono per la conservazione del sistema di un tempo, del calcio della gente che non va snaturato. Bisogna restare legati al territorio e insieme guardare altrove. Abbiamo dei soci italo svizzeri e un indonesiano importante che si sta affacciando nel nostro calcio con prudenza. Penso che i fondi possano avere un ruolo importante per la diminuzione della forbice fra Nord e Sud, sempre che non si fermino al Nord. La sfida per il futuro è questa e dobbiamo attendere i risultati delle prime proprietà straniere nei club più piccoli per capire il calcio che verrà».