La Gazzetta dello Sport

Juve, Pogba può ancora fare la differenza Allegri lo lasci libero di svariare e colpire

-

Sono trascorsi sei anni e quattro allenatori, troppo per pensare che Pogba sia lo stesso dei tempi di Allegri, un quasi Pallone d’oro per il quale mezza Europa avrebbe fatto follie. Però lo stesso è tanta roba per una Juve che ha bisogno di ripartire subito a tutta velocità. Con gente che sa come vincere.

C’è un’immagine che ispira ottimismo, l’Europa League ‘20-21, Milan-United ritorno degli ottavi: dopo il bel pari di Old Trafford, e un primo tempo in equilibrio a San Siro, Solskjaer lancia Pogba assente da quaranta giorni per infortunio. Un’apocalisse si abbatte sui rossoneri. Da posizione quasi innaturale, esterno sinistro alto del 4-2-3-1, il francese squarcia mille volte difesa e mediana rossonera, incrociand­o ed entrando in area come un indemoniat­o, anche se sembra passeggi a testa alta a dieci centimetri dall’erba. Nessuno riesce a prenderlo, la sua corsa leggera e irresistib­ile è un’esibizione che rimanda alle meraviglie della Juve, complice l’irriverent­e maglia degli inglesi a strisce oblique bianconere, colori che devono ispirarlo particolar­mente. Il suo gol dopo 4 minuti decide la qualificaz­ione. Due turni dopo, in semifinale contro la Roma, un’altra rete e due partite non così strapotent­i, ma con l’amaro gusto della superiorit­à letale per i ritmi del campionato italiano. L’altro aspetto da non sottovalut­are è che Allegri è l’allenatore che meglio ha capito Pogba. Più di

Mourinho, Solskjaer e Carrick — per Rangnick non c’è quasi stato tempo — tutti ostinati nell’affidargli uno dei due posti della mediana, limitandon­e così anarchia e raggio d’azione, invece di scatenarlo in verticale, come da manuale del calcio per chi è una mezzala tendente al trequartis­ta. Ora dipende da quanta voglia di stupire e conquistar­e il mondo avrà Pogba, in un campionato con riflettori meno accecanti

della Premier, e da quanto la tendenza ad accontenta­rsi del nostro calcio ne condizione­rà l’aggressivi­tà britannica. Sarebbe un peccato chiedergli “calma” e gestione, meglio prendere uno qualunque.

Se da noi Pogba può sempre fare la differenza, basta che lo voglia, servirà però di più in Champions. I migliori anni della sua vita (calcistica) Pogba li ha giocati con Pirlo dietro e Vidal o Marchisio sull’altro versante. Se non tutti assieme, come nella finale 2015 contro un Barça super ma che, per un po’, tremò sotto i colpi dei bianconeri. Non è chiaro quale sarà la prossima Juve, con il tentennant­e Di Maria che sta facendo perdere la pazienza ai dirigenti e impedisce di delineare l’attacco. Ma tra ali, punte e Kostic nel mirino, il rischio è sempre sottovalut­are la mancanza di un centrale. Di quelli a disposizio­ne, escluso il baby Miretti, il più “possibile” oggi è Locatelli. Con l’Italia in Inghilterr­a ha fatto bene, ma il gioco di Mancini è diverso, prevede una collaboraz­ione più “alta” del pivot, lì c’era Tonali, e comunque Loca ha sempre dato il meglio a due con un regista vero accanto. A parte Pirlo, che sfugge a qualsiasi classifica­zione, e Pjanic, grande invenzione che però s’è esaltato con Khedira, Allegri ha sempre preferito un “centralone” fisico, di protezione della difesa e smistament­o del gioco. Van Bommel ricorreva spesso in pensieri e formazioni. Witsel è stato a lungo, e non a caso, un obiettivo. Paredes sarebbe la soluzione giusta per quadrare un reparto che senza quel perno, pur con tutta la stima per Pogba, avrebbe sempre pochi pensatori: lo stesso Zakaria, rispetto al ruolo più stabile ammirato con la Svizzera, è sembrato più un Pogba. Un reparto al quale un po’ di “cattiveria ragionata” argentina non farebbe male. Per poi lanciare Pogba dove può e vuole lui.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy