Zarco, manca soltanto la vittoria Tocca a lui “salvare” la Ducati?
Il crescendo di risultati fa intravedere un derby contro Quartararo. Intanto lancia messaggi al team ufficiale per il post Miller
La frase di Johann Zarco è sembrata una via di mezzo tra uno scherzo e una frecciatina. Ad Assen, oltre al bilancio di metà stagione e all’attesa per la rivincita di Pecco Bagnaia, tiene banco il sempiterno mercato. Con la Ducati che deve decidere chi mettere in squadra ufficiale al posto di Jack Miller. Se Enea Bastianini, già vincitore di tre GP, o l’arrembante Jorge Martin. Con una piccola, non irrilevante, considerazione obbligatoria: che Zarco, stando alla classifica, ha fin qui fatto meglio di entrambi. E al momento è, con Bastianini, il solo apparentemente in grado di salvare l’onore di Borgo Panigale. Lo ha riconosciuto lo stesso Paolo Ciabatti, pur puntualizzando che «al momento non sono ipotizzabili ordini di scuderia». E proprio al d.s. ducatista era diretta la frase di Zarco: «Scherzando gli ho detto che siccome è indeciso tra un italiano e uno spagnolo dovrebbe darci nel mezzo e scegliere in francese». Cioè lui. Prova vivente di come la Francia si senta schiacciata tra le due superpotenze. Sovrastata per scuola e tradizione.
Allons Enfants Eppure adesso, tra Italia e Spagna, è la Francia che magna. Con Fabio Quartararo campione in carica e già involato in classifica anche quest’anno, con Johann terzo a -61. E con la doppietta – la seconda di stagione dopo quella a Portimao – inscenata domenica scorsa al Sachsenring. Celebrata all’indomani da L’Equipe con una prima pagina monotematica dal titolo “Majorité Absolue”, maggioranza assoluta. Quartararo tiene bordone al paysan: «Non capisco perché non si parli di
Johann come di un candidato alla Ducati ufficiale». Moto ufficiale che, dice Zarco: «Sarebbe un passo in più verso il mio sogno. Ma non ho feeling negativi, sto bene dove sono». Ovvero in Pramac, dove manca solo la firma per un prolungamento scontato. «Magari se vinco le prossime due gare, il mio nome entra in discussione», aveva detto domenica scorsa. Il problema è che Johann è due volte campione del mondo (unico francese nella storia) di Moto2, è alla sesta stagione in MotoGP, dove domani corre il 95° GP, dove ha 6 pole e 15 podi, con 10 secondi posti, ma vittorie no, nemmeno una, zero. E c’è di più, nelle ultime quattro gare, Le Mans, Mugello, Montmelò e Sachsenring, è arrivato quinto, quarto, terzo, secondo... «Sarebbe bello proseguire con questa logica», dice. E se oggi e/ o domani pioverà: «Tanto meglio, per guidare sotto l’acqua si usa di più il corpo, mi piace». E allora forse per essere più considerati sul mercato serve dimostrare di saper vincere. O magari avere un manager. Zarco, dopo l’addio al parà corso Laurent Fellon, suo maestro e mentore, non ce l’ha. Fa da solo. Al massimo con l’aiuto del preparatore e tutto fare Romain Guillot. Del resto è sempre stato così: un pilota a parte. Che per anni non ha avuto il telefonino, che suona il piano, che ha gusti musicali d’altri tempi (Jacques Brel, George Brassens). Che non sta né a Montecarlo, né ad Andorra, né in Romagna: vive dalle parti di Avignone. Mentre il fratello Jerome, fino allo scorso anno suo fisioterapista alle gare, ha lo studio in Italia, a Loano. Anche in pista, Johann ha una storia tutta sua: «In Francia non si hanno le opportunità che hanno i ragazzini in Spagna e in Italia». L’esatto contrario, si direbbe, di quanto accade nell’automobilismo: giacché Pierre Gasly e Esteban Ocon non provengono certo da famiglia di multimilionari, e nemmeno i poveri Anthoine Hubert e Jules Bianchi: segno che i programmi federali transalpini funzionano.
Non capisco perché Johann non sia candidato al team interno Fabio Quartararo sul futuro di Zarco
Salto mortale Candidatura alla Ducati rossa o meno, in ogni caso, Zarco è in crescita e vuole finalmente vincere. E farci rivedere il suo marchio che qualcuno forse avrà persino dimenticato: il backflip, il salto mortale all’indietro dalla sella. «L’ho fatto d’impulso al Mugello quando ho vinto la prima gara in Rookies Cup, nel 2007, senza averlo mai provato se non con gli amici, in piscina o per tuffarmi dagli scogli». Poi in Moto2 è diventato un classicissimo tra 2015 e il 2016 per celebrare le sue 15 vittorie (più una in 125). «Ma non mi allenavo in modo specifico. E quindi, siccome sono superstizioso, ho continuato a non allenarmi». L’automatismo allora potrebbe essersi arrugginito, nonostante un recente tentativo al Montmelò «in cui mi sono accorto di aver perso qualche riferimento. Comunque sia: se vinco lo faccio... solo non so come atterrerò».