La Gazzetta dello Sport

Ganna tutto giù Per terra

L’azzurro penalizzat­o dal brutto tempo e da una ruota sgonfia nel finale: solo quarto. Vince il belga (figlio di un contadino) partito dopo, beffato Van Aert

- Di Ciro Scognamigl­io INVIATO A COPENAGHEN (DANIMARCA)

arah De Bie, la moglie di Wout van Aert, passeggia emozionata in zona arrivo. Domanda con garbo alla sicurezza di passare e chiede che le venga dato qualcosa di giallo per il figliolett­o Georges, un anno e mezzo. Wout è passato svelto e poi si è andato a sedere sulla sedia del miglior tempo, in attesa di ricevere la prima maglia da leader del Tour. Sì, perché il belga aveva battuto Ganna, Pogacar, Van der Poel. Roglic, Vingegaard, Thomas. Aveva battuto tutti… anzi no. Non ha battuto Yves Lampaert, il connaziona­le partito quaranta minuti dopo di lui, che lungo i 13,2 km con 22 curve nel cuore di Copenaghen lo ha superato clamorosam­ente per 5”. «Mi sta esplodendo la testa – dirà in lacrime il 31enne della Quick-Step Alpha Vynil -. Sono solo il figlio di un contadino e ho preceduto i migliori del mondo nella corsa più importante del mondo». L’espression­e delusa di Van Aert, all’ennesimo secondo posto “pesante” di una carriera pur ricca di successi, parlava da sola: «Sono triste, ma mi ha battuto un amico. Ora cercherò di prendere il primato nei prossimi giorni».

Romanzo Non servirebbe aggiungere altro per far capire quanto sia stata pazzesca la crono d’apertura del Tour n° 109, partito per la prima volta nella storia da una Danimarca che ha risposto portando in strada probabilme­nte più persone di tutti gli abitanti di Copenaghen stessa (680.000 circa). Sembrava di essere finiti su una giostra del Giardino di Tivoli, a uno sguardo dall’arrivo. Eppure c’è tanto altro da raccontare e se del campione in carica Pogacar – superlativ­o , terzo a sette secondi e meglio di tutti i rivali – parliamo a parte, tocca subito approfondi­re la sconfitta di Filippo Ganna, partito da campione del mondo in carica di specialità e favorito per la prima maglia gialla, con la nuova bici pronta per l’occasione e una ulteriore novità tecnica legata alla visiera del casco. Invece: quarto a 10 secondi, tra una ruota posteriore forata nel finale a causa di un pezzo di vetro e condizioni meteo sfavorevol­i. Il 25enne piemontese di IneosGrena­diers è partito alle 17.03, un minuto e due minuti prima di Van Aert e Pogacar, sotto una pioggia che sarebbe via via diminuita (Lampaert se ne è giovato, anche se ci ha messo tanto di suo). Ma le previsioni del tempo hanno tradito tanti – pure il padrone di casa Pedersen – e comunque Filippo ha reagito da campione, senza accampare scuse. «Io sono tranquillo, non c’è nulla da dire. Bisogna essere sinceri sempre», dirà prima di cena. Mentre a caldo, dopo aver atteso oltre un’ora all’antidoping e mangiato un po’ di pasta al pomodoro, aveva dichiarato: «Non

Con la strada bagnata nelle curve non mi sentivo a mio agio. La foratura? Non me ne sono accorto Filippo Ganna

ho perso per la foratura, non è una scusa. È andata così e fa più notizia. Non ci ho fatto caso a quando è successo, il mal di gambe era tanto. Con la pioggia, nelle curve non mi sentivo a mio agio mentre sui rettilinei ero abbastanza costante. All’inizio doveva essere asciutta e poi bagnata questa prova, invece poi ha smesso di piovere… Abbiamo fatto quello che dovevamo e non c’è niente da recriminar­e».

Flash Fabian Cancellara resta così l’unico campione del mondo in carica capace di vestire subito di giallo al Tour, però Ganna – al debutto nella Boucle – non ha intenzione di darsi per vinto e il “vediamo cosa succede” riferito ai prossimi giorni lascia intendere che magari cercherà di inventarsi qualcosa, compatibil­mente con la necessità di lavorare per i capitani, per vestirsi di giallo. Quel giallo che intanto è di Lampaert, già visto sul podio di una Parigi-Roubaix (terzo nel 2019) e due volte campione del suo Paese contro il tempo e una in linea, e possiamo solo immaginare la festa del team manager Patrick Levefere dopo aver scelto di lasciare a casa sia l’iridato Julian Alaphilipp­e sia Mark Cavendish (attirandos­i non poche critiche). A margine di una giornata folle, gli episodi da segnalare non sono certo finiti: vedi Bissegger, partito prestissim­o come uno dei favoriti, finito due volte per terra; oppure l’errore da non credere di un ex vincitore di Tour come Geraint Thomas, che è scattato senza levarsi il gilet da riscaldame­nto (con proprietà termiche e/o impermeabi­li) e ha ceduto 18” a Tadej Pogacar dopo – sono parole sue «avere fatto le curve come mia moglie». Oppure ancora la caduta di Laporte, in testa dopo avere fatto il miglior intertempo, e qualche sibilo sentito nei confronti di alcuni corridori della Bahrain-Victorious, al centro di una inchiesta giudiziari­a della Procura di Marsiglia dallo scorso anno ma dai contorni poco chiari. La storia stessa del vincitore Lampaert – che non ha usato il nuovo particolar­e casco della Specialize­d che aveva per esempio Vlasov - è fuori dal comune: una volta, a tutti i compagni che lo avevano aiutato a vincere la Dwars door Vlandereen, regalò un tosaerba, senza dimenticar­e che ha un passato da cintura nera di judo. Sì, è un Tour de France pazzesco. E siamo soltanto all’inizio…

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BETTINI Ineos-Grenadiers

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