CHE BEFFA È LA TERZA DI FILA «FELICE? COSÌ COSÌ» E GROENEWEGEN VA L’eterno sec Ondo
Dice che ha commesso un «een grote fout gemaakt». Un «errore madornale». Wout van Aert è uno dei grandi del ciclismo contemporaneo: ieri ha conservato per il secondo giorno la maglia gialla del Tour de France che mai prima aveva indossato, e può coltivare l’ambizione di vincere mercoledì la tappa del pavé indossando il simbolo del primato. Ma tutto questo non gli basta per la felicità piena: «Ho sentimenti contrastanti, mi sforzo di essere felice. Però io sono qui per vincere». Non gli è riuscito neppure a Sondenborg, dove ha colto il terzo secondo posto di fila nelle prime tre tappe: come Alfredo Binda, nel 1930, 92 anni fa. Van Aert ha perso la crono di Copenaghen da Lampaert, lo sprint di Nyborg da Jakobsen e quello di ieri da Groenewegen. «Avevo tutto in mano. Laporte è stato un perfetto pilota. Avevo paura di aspettare troppo, che sarebbero arrivati da dietro. Sul filo, c’era la sensazione di essere stato superato, e si è avverata. Quando sei così vicino e non arriva il successo, è deludente», ha spiegato il 27enne belga della Jumbo-Visma.
Atmosfera Per uno con il suo palmares il concetto di eterno secondo dovrebbe essere bandito. Eppure Wout è stato il primo dei battuti – e consideriamo solo le occasioni più importanti – due volte al mondiale a cronometro (dietro a Ganna); 3 volte al Mondiale di cross; all’Olimpiade di Tokyo (in linea); al Mondiale (in linea) di Imola 2020; al Fiandre 2020; alla Roubaix 2022; alla Tirreno-Adriatico 2021. «Almeno mi sono goduto in maglia gialla una giornata più tranquilla rispetto alla seconda tappa». In corsa, senza dubbio, ma nel posttappa c’è stata una coda polemica. Lo confermano le parole di Peter Sagan, che è rimasto un po’ chiuso e frenato dall’azione del belga. Per questo in tanti sono andati a chiedere una opinione allo slovacco della TotalEnergies sulla regolarità della volata: «C’è una giuria, andate a guardare le immagini». Poi alla Gazzetta ha specificato: «Se mi ha chiuso? Si
Il Tour lascia la Danimarca con il belga in maglia gialla accusato da Sagan per la volata. L’unico a fare 3 secondi? Binda nel 1930. L’olandese vince il giorno dopo Jakobsen: lo fece cadere in Polonia
curamente si è mosso, ero già al limite con le transenne. Allora per non toccarle ho dovuto spingermi un po’ fuori. Pericoloso? Più che pericoloso, brutto per l’immagine». Tra i due, in passato e proprio al Tour, c’era già stato qualche attrito: a Poitiers nel 2020, dopo che Sagan era stato declassato per volata irregolare, Van Aert gli aveva mostrato il dito medio (ed era stato multato).
Paura La tre giorni danese – prima della storia per il Tour - si è chiusa con un clamoroso successo di pubblico in strada: pure i più esperti del gruppo, come Philippe Gilbert (domani 40 anni, a fine stagione si ritira) sono rimasti stupefatti da tale entusiasmo. La ripartenza verso la Francia è stata però segnata pure da una scia di paura: ieri pomeriggio infatti a Copenaghen, sede della crono inaugurale venerdì, c’è stata una sparatoria in un centro commerciale, il Field’s shopping center, con vittime e feriti per cui è stato fermato un sospetto. Una situazione definita «molto grave» dalla sindaca Sophie H. Andersen: ed è successo nel distretto di Amager, tra aeroporto e centro
L’attentato Dopo giorni di entusiasmo e festa, la carovana scossa per la sparatoria a Copenaghen
città, un km dal Bella Center che da martedì aveva ospitato il centro operativo (compresa la stampa) della Boucle. La Casa Reale di Danimarca ha annullato il ricevimento sulla Royal Ship Dannebrog, organizzato per la conclusione del Tour, e la corsa ha presentato le proprie condoglianze. Come hanno fatto tanti corridori.
Destino In tutto questo non va dimenticato il significato sportivo e umano della vittoria di Dylan Groenewegen, 24 ore dopo quella di Fabio Jakobsen. Sì, sono i due protagonisti del tremendo incidente dell’agosto 2020 in volata al Giro di Polonia: Jakobsen aveva rischiato la vita dopo la manovra scorretta di Groenewegen, sanzionato con nove mesi di squalifica. «Da galera», disse a caldo Patrick Lefevere, il team manager di
Jakobsen, di Groenewegen. Dylan poi era stato messo sotto scorta, dopo che lui e il figlio che aspettava avevano ricevuto minacce di morte. I rapporti tra Fabio e Dylan non si sono ricomposti («La mia ammirazione per lui è finita», ha detto ieri Jakobsen), ma Groenewegen è stato rilanciato, umanamente e sportivamente, dalla BikeExchange di Brent Copeland e non merita comunque di essere marchiato a vita. Nelle sue lacrime, il segno del destino: «Mentalmente – ha detto l’olandese -, è stata molto dura dopo tutto quello che è successo. Vincere qui ha un valore enorme, è stato un lungo cammino». Che ora si è compiuto.