La Gazzetta dello Sport

«HO LA PASSIONE DI UN BAMBINO A SALERNO REGALO SORRISI E LA A»

Il francese: «Sono fiero di me, ho 39 anni ma spero di andare avanti. La salvezza un’impresa indimentic­abile, Nicola il top»

- Di G.B. Olivero

l tratto distintivo di Franck Ribery è l’allegria: in campo sorride al pallone e fuori sorride alla vita. La storia di questo campione è fatta di talento, lavoro e disponibil­ità: «Sono fiero di me, la passione è una inesauribi­le fonte di energia. Ho 39 anni, ma spero di andare avanti ancora. Quando ero bambino, restavo a giocare fino alle 2 del mattino per le strade del quartiere. E oggi Ribery ha ancora la stessa voglia del bimbo Franck».

3Franck,

questo è il quarto anno in Italia. Si sta affezionan­do?

«L’Italia mi è sempre piaciuta: la mentalità, la lingua, il cibo. Firenze è meraviglio­sa e ha un pubblico incredibil­e. E poi Salerno... Ho trovato grande affetto: qui vivono tutti per il calcio. Quando non vinciamo vedo la tristezza negli occhi dei tifosi e mi dà fastidio. Io non sono tanto bravo ad accettare le sconfitte, non ho mai imparato. L’anno scorso ho capito che la situazione era difficile e ho fatto di tutto per raggiunger­e la salvezza. È diverso dalla vittoria di una coppa, ma le emozioni sono immense: quell’impresa resterà per sempre nel mio cuore». 3Cosa

trasmette ogni giorno ai suoi compagni?

«Io voglio bene a tutti. Nello spogliatoi­o parlo e cerco di dare l’esempio. Un piccolo dettaglio fa la differenza. Ci sono ragazzi che si intristisc­ono per un passaggio sbagliato e allora intervengo io. Abbiamo anche la fortuna di avere un grande allenatore: Nicola è il top. Vive per il calcio, è sempre motivato».

Come ha fatto Iervolino a convincerl­a a restare?

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«Non ne ha avuto bisogno. Quando vedo una persona come lui, che trasmette fiducia e concretezz­a, io vado avanti sereno».

3I bambini la amano perché è spontaneo come loro?

«Sì, io sono una persona semplice che ha bisogno del contatto umano. I bambini, ma anche i tifosi adulti, sanno che io per loro ci sono sempre: una fotografia, un autografo, un sorriso. Il campione non può essere campione solo in campo».

3Quando il fisico ha qualche acciacco, cosa gli dice la testa?

«La testa ascolta il corpo e si regola. Io voglio andare al massimo, ma per riuscirci a volte devo rallentare e riposare. A 39 anni ci sta che il fisico ogni tanto abbia qualche problema. Ma il campione crede nelle cose, si avvicina giorno per giorno all’obiettivo».

3Nel 2013 lei vinse tutto con il

Bayern, ma arrivò terzo nel Pallone d’oro dietro a Ronaldo e Messi. Giusto?

«No. Ingiusto. Quello fu un anno incredibil­e per me. Avrei dovuto vincere io. Allungaron­o i tempi di consegna dei voti, successe qualcosa di strano. Mi sembrò una decisione politica».

3Nel

2006 era più forte l’Italia del suo amico Toni o la Francia?

«La Francia: in finale giocammo meglio. Ma questo è il calcio. L’Italia era fortissima dal punto di vista mentale. Io fui sostituito da Trezeguet che sbagliò il rigore. Ma David aveva segnato il golden gol proprio contro l’Italia all’Europeo 2000. Sono cose che succedono. E se penso a quella parata di Buffon sul colpo di testa di Zidane, mamma mia...».

3A proposito, tra i protagonis­ti di quella finale solo lei e Buffon giocate ancora.

«Un onore. Sono contento per Gigi, ha una testa come la mia: io e lui in campo siamo felici. Lo aspetto in A tra un anno».

3 C’è mai stata un’altra coppia di esterni forte come Ribery-Robben al Bayern?

«Non credo. Abbiamo scritto una storia bellissima. Arjen era uno spettacolo».

3 A Firenze ha giocato con Vlahovic: può diventare uno dei centravant­i più forti?

«A Dusan voglio molto bene, è speciale, forte mentalment­e, lavora tanto e farà una grande carriera. Alla Juve ha molte responsabi­lità, tutti si aspettano di più da lui, ma ce la farà».

3Sta tornando Pogba: cosa gli è mancato per fare il salto di qualità e cosa può dare alla Juve? «Pogba alla Juve può fare la differenza. È un grande giocatore anche se è difficile capire cosa gli sia successo allo United».

3Ronaldo, Ibrahimovi­c, lei, Di Maria: la Serie A è un buon posto per finire la carriera?

«La Serie A deve essere contenta che arrivino grandi campioni, anche se non più giovani. E il livello del calcio italiano presto crescerà. La storia non si cancella».

3 Non si è pentito di aver lasciato presto la sua nazionale?

«Nel 2014 era successo qualcosa di brutto. Non fui rispettato come uomo. Io sono corretto con tutti, ma se mi mancano di rispetto mi arrabbio».

3Franck, ma il pullman della Salernitan­a glielo fanno guidare?

«Ahahahah... Con quello del Bayern andai contro un muro. Qui tutti hanno paura, ma prima o poi prendo le chiavi e scappo».

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