La Gazzetta dello Sport

Pogacar versione Nibali Il campione che parla alla bici

- Di Luca Gialanella

Nibali aveva già capito tutto, perché lui è uno dei grandissim­i. Nell’intervista alla Gazzetta, lo Squalo era stato chiarissim­o: «Pogacar vi sorprender­à». E così la tappa del Tour con undici settori di pavé della Parigi-Roubaix regala spettacolo autentico, dove l’aspetto tecnico si fonde con la sofferenza, la fatica estrema, il dolore, l’eroismo. Attenzione: 19 km di pietre in una tappa del Tour non sono la Roubaix, e non dobbiamo fare paragoni. Però Tadej Pogacar, sloveno di Komenda, 23 anni, il campione che sta ridisegnan­do i confini del ciclismo moderno, ha dimostrato che cosa sappia fare chi parla alla bicicletta. Vi ricordate Nibali otto anni fa nel fango e tra la pioggia proprio di questa tappa, in maglia gialla?

I francesi scrissero “Dantesque”, cioè qualcosa che assomiglia­sse al viaggio nell’inferno e ritorno. Vincenzo non aveva mai disputato la Roubaix, eppure diede lezioni di equilibrio, coraggio e tecnica. Così come Pogacar ieri, che la Regina delle Classiche l’aveva ammirata solo in television­e.

A parte la condizione fisica, che deve essere massima, Tadej

affronta le pietre con la tensione che gli scivola sulla pelle, esattament­e come lo Squalo. Quando alla vigilia dice «non stressiamo­ci», è vero. Nibali dormiva prima delle

cronometro, mentre gli avversari si tormentava­no nell’attesa, e Pantani non ha mai perso tempo a studiare le salite in tutta la sua carriera, perché sapeva benissimo come affrontarl­e: di petto, conscio delle sue qualità. Quale tattica? Farsi portare nelle prime posizioni e via. A tutta fino in cima, per abbreviare l’agonia. Certo, in una giornata così la fortuna non è un secondaria: basta vedere che cosa è capitato al povero Roglic, che con coraggio si è rimesso a posto la spalla sinistra lussata. Quante volte Nibali ha evitato cadute con un colpo d’occhio o la reattività del corpo? Un campione non lo è solo un giorno, ma sempre.

La prima settimana era quella che Pogacar temeva di più. Pioggia, vento, attacchi, ventagli, insidie, imboscate, persino il Covid: questi erano i temi al via da Copenaghen. Squadroni come la Jumbo-Visma di Van Aert, Roglic, Vingegaard, Kruiswijk, oppure la IneosGrena­diers di Thomas, Ganna, Pidcock e Van Baarle erano sicurament­e più preparati per lo scontro frontale. Ma dopo la mini-Roubaix di ieri, ne escono a pezzi: Pogacar è la maglia gialla virtuale che domani, a La

Super Planche des Belles Filles, potrà diventare realtà.

C’è un momento in cui le qualità tecniche di Pogacar sono apparse cristallin­e. Non soltanto il passo felpato e leggero con cui volava sulle pietre, ma in una curva a destra: era in fuga con il bravissimo Stuyven, re della Sanremo 2020, un fiammingo che vive di freddo e pavé, e l’ha superato all’esterno, tra pietre, sabbia e asfalto, con una capacità analitica della traiettori­a e dello spazio dove mettere le ruote. Quell’istante dimostra quanto “Pogi”, 23 anni, che giù dalla bici è un ragazzo come tanti altri, innamorato di Urska, fosse lucido. I 13” all’arrivo sarebbero potuti essere almeno 40 in più su Vingegaard, se Van Aert in maglia gialla non fosse intervenut­o in prima persona per salvare il compagno danese (e poi la sua maglia gialla). Ma negli occhi quel Pogacar in bianco è sembrato davvero l’angelo del pavé.

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BETTINI Leggerezza Tadej Pogacar, 23 anni, in fuga con Jesper Stuyven

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