La Gazzetta dello Sport

Un grande stadio per una grande Roma Così i Friedkin stanno entrando nella storia

- Andrea Di Caro

In principio fu Dino Viola, indimentic­abile presidente del secondo scudetto, che non aveva grandi mezzi, ma straordina­rie idee. Fu lui a dotare la Roma di Trigoria e a inseguire per primo il sogno di uno stadio di proprietà: una casa tutta gialloross­a. Era l'inizio degli anni 80, poi il progetto ha solleticat­o a lungo Franco Sensi, l'altro grande presidente gialloross­o artefice del terzo scudetto. Per l'americano James Pallotta, che fiutava il business, lo stadio era imprescind­ibile per una grande Roma e per... restare. Il naufragio del lungo e oneroso progetto a Tor di Valle è stato la goccia che lo ha convinto a passare la mano. Ora tutto lascia pensare che sarà Dan Friedkin con suo figlio Ryan a riuscire dove altri, non solo per loro colpe, hanno dovuto rinunciare. La sua sta diventando rapidament­e una «grande presidenza» per i tifosi della Roma. E i motivi sono molteplici: hanno comprato il club in difficoltà trasferend­osi nella Capitale, inserendo enormi flussi di denaro per ripianare perdite,

sistemare un bilancio dissestato e far restare competitiv­o il club, il tutto in silenzio senza mai lanciare accuse o lamentarsi della gestione precedente. Hanno cambiato tanto dentro il club, rispettand­one la storia, le tradizioni, il marchio, ma modernizza­ndo la struttura anche attraverso la scelta di un manager giovane e capace, come Pinto, e un totem in panchina come Mourinho. Queste scelte, insieme agli investimen­ti, li hanno portati a vincere un trofeo

europeo che mancava da 61 anni. Hanno cambiato gli staff, con l’inseriment­o dell’ad Berardi, investito nel settore giovanile, nel calcio femminile, nel commercial­e. Hanno scelto di uscire dalla Borsa e soprattutt­o hanno deciso di abbandonar­e il vecchio progetto stadio, che pure era costato molto, per ripartire da zero con un nuovo piano, agendo sotto traccia, ma con profitto e trovando una sponda nel Comune. Il nuovo impianto sorgerà in una zona di Roma,

Pietralata, più centrale rispetto alla precedente ubicazione. Questo consentirà alla Roma di avere uno stadio di proprietà, che non sarà una bomboniera da 3540 mila posti, ma un grande impianto da 65 mila capace di raccoglier­e l'amore e la passione di una tifoseria in grado di riempirlo in ogni partita e non solo quando si vince, come succede spesso altrove. Non si sente in questo progetto il cattivo odore degli abusi edilizi, del business extra calcistico esasperato, della necessità di costruire intorno a uno stadio una città. I servizi già ci sono: una stazione, metropolit­ane, strutture, collegamen­ti e strade. Sarà però riqualific­ata la zona grazie a un impianto moderno e innovativo e molte aree verdi. Con gli okay già ottenuti e gli altri che verranno dati quando sarà presentato il progetto finale, la Roma potrà avere uno stadio in tempi logici e non biblici forse già nel 2026-2027. La novella degli stenti stavolta dovrebbe essere evitata. E speriamo che la mala politica e i cavilli burocratic­i non ci smentiscan­o. Sarebbe davvero imperdonab­ile perdere questa occasione. Roma, non solo la Roma, deve approfitta­re delle capacità imprendito­riali e della serietà finora dimostrate da questa proprietà, così lontana dagli eccessi, dalle polemiche, dalle urla e dalle vuote parole. Sull'importanza economica e sportiva di uno stadio per un club non c'è quasi bisogno di dilungarsi: ricavi, guadagni, patrimonia­lizzazione, diritti, affezione, sponsorizz­azioni, naming rights e punti in classifica... Tutto è già stato elencato spesso per ogni club che si è avvicinato alla costruzion­e di un proprio stadio. Costruirlo farebbe ricordare la famiglia Friedkin per sempre, come chi ha vinto uno scudetto e anche di più, per i benefici che uno stadio porterebbe nel tempo. La storia millenaria di Roma è da sempre eterna e immutabile. Quella della Roma sta invece per cambiare.

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Eurofesta Lorenzo Pellegrini, al centro, con Ryan e Dan Friedkin, patron della Roma, con la Conference Cup

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