È slalom tra il Covid La maglia gialla: «Sono preoccupato»
Fuori Laengen, gregario di Pogacar. Stanze singole e sigillate, un massaggiatore a testa, lampade a raggi ultravioletti: tutte le misure di sanificazione
Adesso Tadej Pogacar è in ansia. E il riferimento non è ai rivali, che ha tutti alle spalle a cominciare dal più pericoloso, Vingegaard (2° a 39”). Il pensiero è al Covid, che ha bussato – di nuovo – alla porta della sua squadra: positivo ieri mattina e ritirato il norvegese Vegard Stake Laengen (oltre a Geoffrey Bouchard, francese dell’Ag2r). Dal 2020, sono i primi due corridori che si ritirano per Covid a Tour in corso. Cominciamo allora con le parole della maglia gialla: «Il Covid è una vera preoccupazione. La pandemia c’è ancora, noi non ne siamo immuni. Non possiamo rischiare di correre da malati, bisogna prendere tutto questo sul serio. Siamo tutto il giorno in strada, in montagna c’è tanto pubblico che grida e ci incita da vicino. Amo questa cosa, ma aumenta la possibilità di essere infettati. Spero che tutto possa andare bene fino alla fine. Ho perso un compagno importante, Vegard è capace di andare veloce come un treno. Sarà dura senza di lui, ma penso che pure in sette possiamo riuscire a difendere la maglia gialla fino a Parigi».
Atmosfera In attesa dei test domani nel secondo giorno di riposo fatti dall’organizzazione, in gruppo la paura serpeggia e c’è la tentazione di blindarsi ulteriormente. Tra le squadre, c’è chi vuole sia chiuso di nuovo il paddock, che ora non è accessibile al pubblico ma ai media sì (con mascherina, basta la chirurgica) anche se circola altra gente a vario titolo, e non poca. Ma c’è il timore che se anche questa misura fosse presa, sarebbe ormai inutile. Non va dimenticato che già all’inizio del Tour c’erano stati diversi casi Covid nello staff della QuickStep, costretta a cambiare membri in corsa dopo la prima tappa.
I casi Restando in casa UaeEmirates, la squadra del leader aveva avuto già parecchi casi negli ultimi tempi, a cominciare da Joao Almeida nel finale del Giro d’Italia (mentre era in maglia bianca) fino a Matteo Trentin, out al Tour in vigilia quando era già arrivato in Danimarca. Passando per il ritiro in blocco dal Giro di
Svizzera (tra i positivi c’era Diego Ulissi) e il caso di Bjerg – che è qui al Tour – al Giro di Slovenia. Allo stesso tempo, non è certo in discussione la scrupolosità della squadra nel prendere ogni precauzione. Anzi. «Abbiamo la sanificazione con aziende che ci fanno le camere d’albergo, le auto, i posti dove si mangia – spiega il team principal Mauro Gianetti -. Una volta sanificati, solo i corridori entrano. Gli atleti hanno camere singole e abbiamo previsto al Tour otto massaggiatori, così da assegnarne uno in esclusiva a ognuno. In più, abbiamo installato sia sul bus, sia sul camion dove lavorano i massaggiatori, sia nelle zone di colazione e cena, delle lampade a ultravioletti come quelle che ci sono negli ospedali, che dovrebbero eliminare tutti i virus che girano. Facciamo il massimo, come credo tutte le squadre. Purtroppo il viru s non si riesce a eliminare». Pogacar ha aggiunto: «Siamo controllati una volta ogni tre giorni, anche ogni due. Venerdì sera, test per tutti ed eravamo negativi. Poi durante la notte Vegard ha avuto mal di gola. Ha fatto un test rapido e un molecolare al mattino ed è risultato positivo (la squadra ha una macchina per i test Pcr: dà risultati in tempi rapidi, ndr). Sì, è una situazione preoccupante. Il Covid, al Tour, può rovinare tutto».