La Gazzetta dello Sport

SQUADRA IN CRISI, CORRE DI RIMESSA MA OGGI IN VETTA L’ASPETTA IL MITO Pogacar E adesso Il Galibier

Giorno molto duro per la Uae-Emirates. Bennett si ritira: Covid Majka, positivo, corre Hirschi è malconcio «Che stress, spero di sopravvive­re fino a Parigi. Sì, volevo lasciare la maglia», dice Tadej. La Jumbo lo stuzzica, lui reagisce

- Di Ciro Scognamigl­io INVIATO A MEGEVE (FRANCIA)

A

l Tour il premio per la migliore battuta del giorno non c’è. Peccato per Romain Bardet, che ieri se lo sarebbe aggiudicat­o per distacco: «Anche quando Pogacar desidera perdere la maglia gialla… non la perde!». Il francese ha ragione, perché lo sloveno al termine di ore campali avrebbe volentieri ceduto il simbolo del primato, una volta finita la decima tappa all’aeroporto turistico di Megeve: sarebbe stata una novità assoluta, di solito quando prende il comando di una gara non lo lascia più fino alla fine. «Sì, volevo lasciare la maglia, abbiamo rallentato il ritmo. Ma l’ho tenuta e va bene», la candida ammissione. «Per noi lasciarla non era un problema», la conferma del team principal Gianetti. Sì, perché la Uae-Emirates perde i pezzi: dopo Vegard Stake Laengen, è risultato positivo al Covid pure George Bennett, uno degli uomini chiave per la salita, e non è partito da Morzine (come l’australian­o Durbridge della BikeExchan­ge). E c’è mancato poco che non si ritirasse pure Majka, forse il gregario più prezioso: pure lui positivo, si è ‘salvato’ perché è stata certificat­a una bassa carica virale e dunque il protocollo del Tour, come era già successo per Jungels, gli permette di restare in corsa: si deve esprimere un panel di tre medici (squadra, Tour, Uci). Pogacar è assediato, e oggi è atteso dal tappone alpino del Galibier – dal versante più duro, quello di Pantani 1998 – con il finale ai 2.413 metri del Col du Granon («Una salita brutale, non vedo l’ora», dice). Questo spiega perché, nel giorno di gloria per il danese Magnus Cort Nielsen, il tedesco Lennard Kämna è andato vicinissim­o all’occasione della vita: tra i fuggitivi era quello messo meglio in classifica, non è andato in giallo per appena 11” (aveva 8’43” di ritardo al mattino).

Tattica «Sul finale sono state altre squadre che hanno insistito nell’inseguimen­to», sottolinea Mauro Gianetti. Proprio così, perché la Jumbo-Visma di Vingegaard (secondo a 39”), Van Aert e Roglic ha fatto in modo che il distacco si riducesse, lasciando il primato a Pogacar con tutti gli oneri che ne conseguono sia in termini di cerimonial­e (ma lo sloveno sarebbe comunque andato sul podio per la bianca dei giovani, sempre sua) sia di gestione di gara. Dev’essere stato (anche) per questo che ieri per l’ennesima volta il leader ha sprintato per cercare di mettere secondi tra sé e il resto del mondo, stavolta senza riuscirci: sono i “mind games”, giochi mentali, che da sempre fanno parte della narrazione del Tour. Più sostanzial­e è il fatto che ormai a Pogacar siano rimasti solo cinque compagni e uno di questi, Marc Hirschi, sta lottando da giorni con un problema al ginocchio. Ieri all’arrivo gli hanno chiesto come andasse: «Molto male», l’ammissione.

Cerchio Quello del Covid è un assedio, sì, e il Tour cerca di reagire come può. Da oggi al mattino, in partenza, sarà chiuso ai media l’accesso alla zona dei bus del team: interviste possibili sono nell’area vicino al podio della presentazi­one. Ma i casi salgono in tutta la Francia – l’altro ieri hanno superato i 250.000 – e il tempo delle ‘bolle’ ermetiche sembra superato, almeno in questo momento storico. Senza contare che l’afflusso di pubblico sta aumentando, ieri al villaggio di partenza di Morzine si faceva fatica a trovare spazio per camminare. Qualche squadra,

poi, aveva storto il naso al via di Aigle domenica perché lo spazio per il paddock si era riempito e dunque 7-8 team – tra cui la Uae-Emirates – avevano parcheggia­to all’esterno tra il pubblico, quasi tutto senza mascherina e con poco distanziam­ento (da oggi paddock vietato anche ai giornalist­i). «Prendiamo tutte le precauzion­i possibili – dice Gianetti -, ma è chiaro che il virus è venuto da fuori e non dall’interno. Adesso cercheremo di tenere Majka ancora più separato rispetto agli altri. Anche se non c’è rischio di contagio secondo i medici, altrimenti non sarebbe partito». E Pogacar come la pensa? «Noi siamo parecchio isolati, la squadra fa di tutto. Soli in camera, igiene altissima. Ma corriamo, soprattutt­o in salita, in un grande gruppo e in mezzo a tanto pubblico. È davvero brutto avere perso un altro compagno, sia George sia Vegard non avevano mai avuto il Covid e forse erano più a rischio, spero che gli altri saranno sempre ok. Chiaro, quando c’è una positività nella tua stessa bolla, è una cosa preoccupan­te. Fonte di stress. Spero che possiamo sopravvive­re fino a Parigi». Survive, sì, ha usato quel verbo. Non a caso: è il Tour stesso che rischia di diventare davvero una corsa di sopravvive­nza. A eliminazio­ne.

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AFP Lo stop del gruppo per la protesta Il volto divertito di Tadej Pogacar, 23 anni, mentre attende che la strada sia di nuovo libera dopo l’intervento della polizia sui manifestan­ti ambientali­sti
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BETTINI

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