Perché solo Rafa, Nole e Roger? «Classe, cuore e forza mentale»
Dal 2003 (Wimbledon di Federer) l’83% dei tornei è stato loro. McEnroe, Mouratoglou, Toni Nadal, Corretja, Borg e Volandri spiegano perché
Un balzo all’indietro di dieci anni e la Rete si rivela per quello che è: una miniera, ma anche lo specchio della fallibilità umana. Bastano pochi clic sul tennis del 2012 per trovare previsioni di ogni genere: dalla fine imminente dei Big Three ai pronostici sui futuri numeri uno, da Goffin a Dimitrov, da Raonic a Janowicz (il polacco tutto servizio devastato dagli infortuni). Insomma, tutto un fiorire di nomi di eredi. E cosa accade un decennio dopo? Che un trentaseienne (Nadal) vince i primi due Slam stagionali in Australia e a Parigi e un trentacinquenne, Djokovic, si annette Wimbledon. È vero, il numero uno è Next Gen, Medvedev, ma i due titani, con l’altra divinità Federer ormai contumace, sono ben lontani dall’immaginare un ritiro dalle scene e continuano a dominare. I numeri, per gli altri, sono impietosi: da Wimbledon 2003, anno del primo trionfo di Roger, si sono giocati 76 tornei dello Slam e in 63 occasioni hanno vinto i Big Three, che fa l’83%. Abbiamo chiesto a sei esperti le ragioni di questo strapotere infinito.
MCENROE Rivalità stimolante
Secondo John McEnroe, vincitore di 7 Slam, già n. 1 del mondo e oggi opinionista tv, la rivalità è uno dei motori del loro dominio: «Io mi sono ritrovato a duellare con Borg, abbiamo dovuto aumentare le conoscenze del nostro gioco per non farci sopraffare l’uno dall’altro. Credo che avversari stimolanti siano fondamentali per crescere. E adesso la corsa al record degli Slam sta dando forti motivazioni in più tanto a Nadal quanto a Federer. Però Medvedev, negli ultimi due anni, ha dimostrato che non sono immortali».
PATRICK MOURATOGLOU Questione di testa
Lo stesso concetto è approfondito da Patrick Mouratoglou, uno dei coach di riferimento del circuito: «Quando è apparso Federer, ha cambiato il tennis, Nadal ha dimostrato fin dalla prima partita a Miami nel 2004 di voler stare al suo livello. Le loro sfide hanno permesso a entrambi di andare oltre i limiti, fino a renderli imbattibili. Solo Djokovic ha avuto la forza mentale di pensare che non fossero inavvicinabili. Gli altri si sono arresi, lui no».
TONI NADAL Ma arriva Alcaraz
Chi meglio del coach che ha creato il fenomeno Rafa, mettendogli in mano una racchetta a quattro anni e seguendolo poi fino al 2016, può spiegare il segreto della grandezza del nipote e dei suoi formidabili rivali: «C’è una cosa che non è cambiata ed è la più importante: la volontà. Di vincere ancora e sempre. Di lottare. Rafa e Novak sono riusciti ad adattare questa voglia alla diversa condizione fisica e mentale. I giocatori di quella che veniva chiamata la Next Gen mancano di mentalità, di continuità, di grinta. Per questo credo che un giocatore già completo come Alcaraz presto sarà il vero continuatore dei Big Three».
ALEX CORRETJA Troppo rispetto
Dalla Spagna, anche Alex Corretja, già numero 2 del mondo, vincitore di un Masters e oggi opinionista tv, è convinto che sia la generazione dei 2000 la depositaria di un’eredità così grande: «Medvedev ha già vinto, probabilmente Zverev e Tsitsipas lo faranno, ma sicuramente la loro generazione non si è dimostrata mentalmente all’altezza. Si può capire: tutti loro sono cresciuti nel mito dei Big Three e quando li affrontano soffrono di sudditanza e non reggono la pressione di un paragone così ingombrante. Per questo gli Alcaraz e i Sinner, che stanno vivendo solo la coda della cometa, hanno la mente più libera quando li affrontano».