La Gazzetta dello Sport

Ponzio va in finale e poi al ristorante «Mi merito una cena da 14 mila calorie»

Dopo la 4a misura, stanotte alle 3.27 l’italo americano punta in alto: «Che cosa voglio? Una medaglia»

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Trovatelo un altro così: trovatelo un altro che, centrata la qualificaz­ione alla finale del peso in programma stanotte in Italia (il via alle 3.27) con la quarta misura del lotto (un bel 21.35), tra il serio e il faceto dichiari: «Ora mi merito una bella cena, tra le 12.000 e le 14.000 calorie. Papà mi ha insegnato a non lasciare nulla nel piatto». Il problema, con lui, è che non si sa mai se sta scherzano o dicendo la verità. Nick Ponzio, oriundo statuniten­se nell’orbita azzurra da poco più di un anno, è proprio un personaggi­o. La faccia, l’espression­e, i baffoni, la pettinatur­a, il modo di parlare, quello che dice, soprattutt­o le mise, spesso attillate e sempre colorate: non passa mai inosservat­o. Sembra uscito da un film, uno di quelli pieni zeppi di stereotipi sugli italiani. Pizza e mandolino o giù di lì. Il resto lo fa in pedana: in quel braccio c’è dinamite.

Che storia Vero globetrott­er (nel 2022 ha già gareggiato 7 volte indoor e 17 all’aperto), a 27 anni, approdando nel Paese d’origine, pare aver trovato i giusti equilibri. È nato a La Jolla e cresciuto a Temecula, località non lontane da San Diego, in California. Ha due sorelle (Livia e Amanda), al liceo giocava a football e a baseball, fino a che un professore non lo ha introdotto all’arte del getto del peso. Una laurea in psicologia alla University of Southern

California e poi via, tra l’Arizona e, più di recente, il Tennessee, allenandos­i anche da solo, sempre a caccia di sponsor e di risultati prestigios­i. Oppure ospite di conoscenti e amici in giro per l’Europa. Ma grazie ai bisnonni materni originari di Napoli e a quelli paterni di Paceco, in provincia di Trapani, dall’Olimpiade di Tokyo è in Nazionale. Con la quale, in marzo, è stato settimo ai Mondiali indoor. E la sua vita, non solo profession­ale, è cambiata. Peccato solo che a Eugene debba fare a meno del “gemello” Zane Weir, altro oriundo (sudafrican­o) che, quinto a Giochi, pur avendo tutt’altro carattere e personalit­à, per poter rappresent­are il Paese degli avi ha seguito un percorso piuttosto simile. Zane, convalesce­nte dopo la frattura di un dito indice, farà il tipo per lui davanti alla tv.

Per il podio «Cosa voglio dalla finale? Facile, una medaglia – ammette candido -. Penso di avere le carte in regola per farcela. In qualificaz­ione ho ritrovato certe sensazioni che mi mancavano da un po’ e questo ambiente non può non gasarti». Non sarà facile. Perché se il titolo sembra avere un padrone designato lo statuniten­se Ryan Crosuer appare imbattibil­e, come confermato col 22.28 della qualificaz­ione – il resto della concorrenz­a non è certo di secondo piano. A cominciare dall’altro statuniten­se Joe Kovacs, un vecchio lupo di mare (due ori e un argento nelle ultime tre edizioni), e dal neozelande­se Tom Walsh, l’altra notte a 21.50 e 21.44. Nessuno però, nel mentre, avrà fatto una scorpaccia­ta da 12-14.000 calorie: inimitabil­e Nick.

a.b.

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