«Mai visto un Tour così Mi rivedo in Pogacar, lui è capace di tutto»
Il re del 2007 e 2009: «Vingegaard è favorito. Tadej insegue e questo aumenta lo spettacolo»
Si piazza sempre lì, un centinaio di metri dopo il traguardo. E quando ha finito i suoi commenti, non gli manca certo la disponibilità per approfondire ancora: Alberto Contador ha una parola per tutti e ieri ha duettato al microfono pure con l’ex rivale Andy Schleck. Sì, proprio il lussemburghese che gli arrivò alle spalle nel 2009 (il suo secondo successo in Francia) e che invece vinse - a tavolino - l’anno dopo. Lo svolgimento dell’edizione 109 ha fatto venire in mente un paragone al 7 volte vincitore di grandi giri (2 Tour, 2 Giri d’Italia, 3 Vuelta).
3Quale paragone, Alberto?
«Sapete, la situazione in cui si trova ora Tadej Pogacar mi ricorda quella che vivevo io quando trovavo dall’altra parte un “equipazo” (l’equivalente di squadrone, ndr) come la Sky di Froome».
3E’ d’accordo che questa sia l’edizione del Tour più emozionante degli ultimi tempi?
«Totalmente d’accordo. Beh, il capovolgimento di fronte tra Roglic e Pogacar due anni fa alla penultima tappa non si può dimenticare. Ma se penso ai due terzi di gara, fin qui… Viviamo emozioni intense, forti. E aiuta lo spettacolo il fatto che adesso si trovi ad inseguire uno come Pogacar che è capace di tutto, di tutto. Ora è davanti alla sfida più grande della carriera perché non deve confrontarsi solo con Vingegaard, ma con tutta la Jumbo-Visma. Questo complica tutto, ma allo stesso tempo crea più interesse».
3Si aspettava la crisi di Pogacar sul Col du Granon?
«No. Mentre la commentavo, però, dicevo che in giornate così l’idratazione e l’alimentazione si devono curare molto bene. Ci sono stati attacchi frenetici sul Galibier, tutto compreso si tratta di una salita di 35 chilometri… Ovvio che sia fondamentale mangiare e bere bene. D’altro canto la Jumbo ha attaccato tutto il tempo. Hanno eseguito il loro piano alla perfezione. Un pugno sbattuto
Alberto Contador è nato a Madrid il 6 dicembre 1982. Fuoriclasse delle corse a tappe, ha vinto Giro d’Italia 2008 e 2015, Tour de France 2007 e 2009, Vuelta 2008, 2012 e 2014 sul tavolo fortemente, adesso è il momento della gestione che non è meno importante».
3Stando così le cose, Vingegaard è il favorito per Parigi?
«Senza dubbio, è nella situazione migliore. Il vantaggio è buono, nella crono di sabato non immagino differenze abissali. Ma io dico che il Tour è ancora aperto. A Mende, non credo che Pogacar abbia perso un’occasione. Ha fatto quello che doveva, non è riuscito a staccare Vingegaard. Avrà altre occasioni sui Pirenei».
3Ha
parlato molto della Jumbo-Visma. Ci dica allora il suo parere su Van Aert, che per molti è il migliore di tutti.
«Uff. Parliamo di un fuori-serie! Parto da un presupposto, quello secondo il quale viviamo un ciclismo estremamente livellato. Il fatto che lui da solo riesca a fare una tale differenza… Sa caricarsi sulle sue spalle tutta la squadra, tutta la corsa. Sento dire che se fosse un po’ meno pesante potrebbe lottare pure per la classifica finale. Il discorso è articolato. Io credo che se fosse qui correndo in maniera diversa, cioè stando di più a ruota ed economizzando gli sforzi, potrebbe chiudere con un bel piazzamento nella generale. Anzi, ne sono sicuro. Vincere il Tour? Non lo sappiamo. Però sono certo che non avrebbe più fama di ora se ci riuscisse. Già così, chiunque si toglie il cappello davanti a lui».
Lo sloveno e la sfida più grande: lui contro uno squadrone come facevo io con la Sky di Froome. Van Aert è una fuoriserie, fa la differenza da solo Alberto Contador spagnolo di Pinto, 39 anni