Parità Hovland-McIlroy Che sfida al British Open
Matteo Dore
Comanda l’Europa a St.Andrews. La terza giornata del British Open, il torneo più antico del mondo sul campo più vecchio del mondo, è stata una sfida totale tra Rory McIlroy, nordirlandese, e Viktor Hovland, norvegese. Due fenomeni che ci fanno sorridere pensando alla Ryder Cup di Roma 2023. I due hanno iniziato insieme dietro la coppia dei Cameron – l’australiano Smith e l’americano Young – ma nella loro corsa li hanno prima superati e poi travolti, lasciandoli indietro di 4 colpi: alla fine il leaderboard dice meno 16 per McIlroy e Hovland (ieri 66 colpi per ciascuno), meno 12 per gli inseguitori. Nella storia chi ha vinto a St.Andrews, dove ci sono state 30 edizioni del British Open, ha sempre iniziato l’ultimo giro nelle prime 4 posizioni, è quindi improbabile che chi sta dietro - i primi inseguitori del quartetto di testa sono il coreano Kim e l’americano Scheffler - possa fare la sorpresa. Ma vedremo oggi.
Carica e magie Cameron Smith ha iniziato il terzo giro con 2 colpi di vantaggio e lo ha concluso con 4 di distacco. La sua leadership è stata demolita poco a poco dai suoi errori, ha iniziato con un bogey già alla buca 1, ma soprattutto dalla marcia che a un certo punto sembrava trionfale di Viktor Hovland, unico ieri a mettere sulla propria carta ben 4 birdie consecutivi, dalla 3 alla 6. Il norvegese che sorride sempre ha 24 anni, ha fatto l’università negli Usa, ha vinto 6 tornei da pro’ ma ancora nessun Major. È un predestinato, nessuno dubita che prima o poi, ce la farà. Ci sono 112 bunker all’Old Course di St.Andrews. Nascosti dietro le dune, mimetizzati nell’erba, sempre insidiosi. Ce ne sono di immensi, ma spesso sono piccoli e con la sponda altissima e chi ci finisce è costretto a giocare contro mano, tornando indietro verso la partenza. Andare in bunker, a St.Andrews, non è mai una buona notizia. Poi però c’è Rory McIlroy che quando è così in forma non ha paura di niente e di nessuno. Alla 10 – un par 4 - il suo drive è finito in bunker e la sua uscita è andata in...buca. Eagle. È stato il colpo del giorno, quello che finirà nei filmati celebrativi se oggi il nordirlandese dovesse finalmente tornare a vincere un major che manca dal 2014. Lui ne ha già in casa 4 – Us Open 2011, Pga 2012, TheOpen 2014 e Pga 2014 - una raccolta di argenteria che pochissimi possono mostrare agli amici, ma come diceva Jack Nicklaus, «se un golfista vuole essere ricordato deve vincere a St.Andrews». E oggi, comunque vada a finire, sarà una domenica da ricordare: McIlroy e Hovland sono pronti a passare alla storia. Come ha detto ieri Rory: «Vincere qui non significa molto, significa tutto».
Gli italiani I due azzurri rimasti in gara ieri hanno fatto entrambi bella figura. Ottima quella di Francesco Molinari, più che soddisfacente quella del giovane Filippo Celli. Il campione torinese, che ha vinto TheOpen nel 2018 a Carnoustie, ha ritrovato momenti della sua forma migliore e ha chiuso il giro con un parziale di 66 colpi (-6), con 7 birdie e un bogey per un salto in classifica di molte posizioni: partito 67°, ha chiuso 18°. Filippo Celli, dilettante romano di 21 anni, ha mandato agli archivi il 2° giro consecutivo sotto par (-1 ieri dopo il -5 di venerdì) ed è alla ricerca di un sogno: vincere la Silver Medal riservata al miglior dilettante del torneo. Gli altri 3 amateur che hanno passato il taglio sono al momento dietro di lui: «Il massimo sarebbe la medaglia unita a una Top15». Se il segreto del successo è di non accontentarsi mai e di credere sempre in se stessi, Filippo è già un campione.