La Gazzetta dello Sport

Guida Giroud, ma non è solo L’attacco rossonero è ricco

Il francese subito in grande forma in attesa di Origi e di Ibra. La trequarti permette un’ampia scelta

- Di Fabio Bianchi INVIATO A COLONIA

Far sentire l’appartenen­za. Fatto. Accogliere i nuovi nel gruppo. Fatto. Dare la carica. Fatto. Indicare la via in prima persona. Fatto. Se questo è il comportame­nto di un leader, Olivier Giroud lo è a tutti gli effetti. L’altra sera a Colonia ha preso per mano i talenti di un Milan minore, li ha incitati, ha dato l’esempio e ha risolto la pratica in prima persona segnando la doppietta. Poi ha mostrato lo scudetto sul petto e speso parole buone per tutti, soprattutt­o Adli. Insieme solo un quarto d’ora, non sono riusciti a duettare ma su di lui ha idee chiare: «Mi chiama big bro. Sa come dare la palla, ha piedi buoni e idee».

Milan in crescita Sabato Giroud ha rubato il palcosceni­co a un soddisfatt­o Stefano Pioli. Il

Milan 2, privo di tanti senatori, ha confermato che il gioco è andato a memoria in tutti i componenti. Chiunque metta in campo, sa cosa fare. In più, ha avuto conferma che l’avventura-scudetto ha dato autostima, consapevol­ezza di forza e determinaz­ione anche nei giocatori poco utilizzati. Tra mercato e uomini saliti di livello Pioli sta scoprendo, se già non lo sapeva, di avere due pedine valide per ogni ruolo, come si addice a un club che deve confermars­i in campionato e lottare in Champions. De Katelaere sta per sbarcare nel pianeta rossonero, se dovesse atterrarci anche Renato Sanchez per riempire la casella vuota, a livello di valori, di Kessie, la formula Milan double face sarebbe completa.

Attacco variabile E’ in attacco che Pioli avrà più soluzioni e alternativ­e. Sono rimasti i protagonis­ti dell’anno scorso e si sono aggiunti altri attori. Tutti funzionali al 4-2-3-1, sistema preferito e ormai stra collaudato. Nel vertice dell’attacco, questo Giroud leader e goleador nei momenti giusti, dà ampie garanzie. Si sente coinvolto in pieno nel progetto e si è presentato in grande forma (forse c’entra qualcosa l’imminenza del Mondiale). Con un Oli così, non si sentirà il peso di un

Ibrahimovi­c che torna solo nel 2023. E di un Origi che ha bisogno di tempo per recuperare dall’infortunio. Il belga è l’alternativ­a aggiunta, l’uomo ad hoc quando ci sarà più bisogno di un centravant­i veloce e “verticale” per sfruttare di più lanci lunghi e ripartenze. Nel trio dietro la punta Pioli ha l’imbarazzo della scelta. Per scherzarci su, un po’ più imbarazzan­te a destra: Messias e Saelemaeke­rs hanno dato un valido contributo, ma restano un gradino sotto ai compagni di linea. Per dire, al centro ora se la giocano due/tre di grandi prospettiv­e: in pole De Katelaere, dietro Adli e un Brahim Diaz che sembra partito col piede giusto per sbocciare. A sinistra, sua maestà Leao con la variante Rebic quando ci sarà da metterci più gamba e più lotta. Poi Pioli potrebbe mischiare le carte, perché non è detto che Origi non possa giocare dietro la prima punta e De Katelaere spostarsi in fascia per orchestrar­e la regia offensiva. Vedremo. Il fatto che siano giovani è, tutto sommato, più un vantaggio che una scommessa. Perché c’è maestro Pioli a formarli.

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