«A Coverciano poca meritocrazia Lo fanno per aiutare i giocatori»
La compagnia eccellente dei grandi tecnici “non giocatori” è numerosa. Alberto Zaccheroni ne fa parte. Ha smesso di giocare molto presto per un problema fisico. Dunque non ha conosciuto né la Serie A, né la B, tantomeno la Nazionale. Oggi gli risulterebbe molto difficile ottenere il patentino di allenatore di Prima Categoria Uefa Pro: dovrebbe star dietro a tanti. Come lui, Sacchi, Mourinho, Eriksson, Zeman, Sarri. Una collezione di “scudetti” e Champions. Sacchi è sbottato.
3Zaccheroni, lo ha letto?
«Sì. Non posso far altro che condividere. Ho sempre pensato che in tutti i settori ci siano i livelli di bravura e competenza. Come in politica o in qualsiasi lavoro. Se uno dimostra di avere conoscenze o intuizioni, perché non accordargli fiducia e la possibilità di creare. Arrigo e Zeman hanno aperto il calcio a nuove idee. Nel mio piccolo anch’io: la difesa a tre l’aveva ideata Crujiff, in Italia l’ho adottata io, con l’interpretazione delle tre linee del 3-4-3 poi usato in tutto il mondo. Magari in giro c’è qualche giovane con grandi idee, ma non riesce a entrare perché non ha giocato ad alti livelli. Io stesso avevo subìto questa cosa».
3Come?
«Ci ho messo una vita prima di entrare a Coverciano perché anche allora per accedere ai corsi dovevi avere un tot di gare in A. Quando ho portato in C il Riccione sono dovuto scendere di categoria (il San Lazzaro, ndr) perché non potevo allenarlo. Poi per fortuna è cambiata la regola, e si è deciso di ammettere anche chi ha fatto risultati nelle categorie inferiori. Questo mi ha permesso di andare a Cosenza, salire di categoria, arrivare allo scudetto e tutto il resto. Sacchi credo abbia fatto lo stesso percorso».
3Ora invece?
«Al posto di andare ancora avanti, si è tornati indietro. Il calcio avrebbe bisogno di aprirsi, di avere nuove idee, ingegni e culture sportive diverse per crescere e invece c’è la restaurazione. In Italia c’è poca meritocrazia. L’esempio di Sacchi che per fare il fantino non c’è bisogno di essere stato un cavallo calza a pennello. L’allenatore è un mestiere come un altro. Ripeto: se uno dimostra di esser bravo e competente, perché non dargli la possibilità di provarlo sul campo? Nel mio corso c’erano fior di giocatori che poi non sono riusciti a diventare allenatori. A Coverciano dovrebbero ripensarci. Tocca a loro decidere, ma non condivido».
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3Qual è secondo lei il motivo? «Per me vogliono dare più opportunità ai giocatori perché poi magari non troverebbero un altro lavoro. Questo assomiglia a una sorta di assistenzialismo. Capisco che il calcio sforna tanta gente che a 30-35 anni smette di giocare e poi non sa dove sbattere la testa. Ma ora ci sono alternative, fare il commentatore, l’opinionista in tv e sui giornali. Poi, ovvio, tanti calciatori sono diventati grandi allenatori. Ma si dovrebbe partire alla pari».