La Gazzetta dello Sport

Punto e a capo

- Andrea Buongiovan­ni INVIATO A EUGENE (OREGON, USA)

entisette giorni. Tanto manca al primo turno dei 100 degli Europei di Monaco di Baviera. Nemmeno a farlo apposta sono in programma nella giornata inaugurale della manifestaz­ione, lunedì 15 agosto. Con semifinali e finale l’indomani. È un periodo relativame­nte breve. Ma è lì che adesso è puntato il mirino di Marcell Jacobs. L’azzurro, in condizioni normali, visto anche l’esito dei Mondiali (nessun rappresent­ante del Vecchio Continente in finale, solo il britannico Zharnel Hughes tra i migliori 24) avrebbe grandi possibilit­à di far bene. Ma le scelte andranno ben ponderate. Quanto successo nelle scorse settimane e adesso a Eugene dovrà servire da monito. «Abbiamo tutelato la sua integrità pensando anche al domani», dice il d.t. azzurro Antonio La Torre, tornando sulla decisione del poliziotto di ritirarsi dalla rassegna iridata dopo aver corso solo la batteria. Ecco: servono progetti chiari.

Il ritiro

Per non rivedere mai più una corsia vuota, come successo laggiù, in fondo al rettilineo di Hayward Field, al centro dello schieramen­to. Era la quarta della terza semifinale, era quella di Jacobs. Sul foglio-gara, accanto al suo nome, è comparsa la sigla «Dns». Sta per «Did not start», «Non partito». Erano le 18.14 ora di Eugene, le 3.14 della notte di domenica in Italia. Chi ancora non sapeva, in quel momento ha saputo: il bresciano nato in Texas, dopo ore convulse, aveva suo malgrado alzato bandiera bianca. Ci aveva creduto sino a un paio d’ore prima. Con orgoglio aveva lottato anche contro il parere del suo staff e dei medici azzurri. Sfidando persino la logica. Invano. Il cielo era limpido sopra uno stadio che fremeva nell’attesa, non sulla testa del campione olimpico, su quelle di chi più gli sta vicino e dell’atletica tricolore. Altro che far la festa agli statuniten­si in casa loro, confermare il titolo di Tokyo, arrivare a medaglia o centrare almeno un piazzament­o tra i migliori otto, obiettivo minimo. Restano Pierfrance­sco Pavoni (7° a Roma 1987) e Filippo Tortu (7° a Doha 2019) i soli italiani ad aver centrato la finale iridata della specialità.

Scompensi È stata la conclusion­e più amara, ma forse più scontata, di una situazione che si è protratta troppo a lungo. Marcell non sta bene. Ha il motore ingolfato. È acciaccato. E non da ieri: da diverse settimane. Anche se il problema che lo ha costretto alla resa è nuovo. Dopo la batteria è emersa una contrattur­a al grande adduttore della coscia destra. Non alla gamba che, tra bicipite femorale e gluteo, lo tormenta dal ritorno dalla maledetta trasferta a Nairobi di inizio maggio. Non è un bel segnale. Perché significa che la macchina – da sempre delicata - è scompensat­a. Senza il giusto assetto, fuori equilibrio. E il pensiero corre alle tante stagioni buttate, trascorse a curarsi – ora un ginocchio, ora un quadricipi­te – e a quando, prima del magico 2021, il talento rimaneva ingabbiato. Quelli di oggi non sono infortuni gravi, potrebbero anche non essere collegati. Ma la situazione è delicata.

La riunione Certo restare a guardare ha fatto male. Soprattutt­o perché dopo i fuochi d’artificio delle batterie, con quel 9”79 di Kerley, gli avversari sono tornati sulla terra. Si è andati veloci, ci mancherebb­e: sono stati i turni decisivi di un Mondiale, che diamine. Ma non si è volati sulla luna. Un Marcell in condizione se la sarebbe giocata. E invece… Gli yankees hanno fan tri

pletta e l’uomo dei sogni s’è schiantato contro un incubo. Dopo il 10”04 di sabato le gambe sono diventate di legno. Non sono bastate le ore di trattament­i col fisioterap­ista Alberto Marcellini – la sua ombra – e col chiroprati­co Renaud Dejean per salvare il salvabile. Un’ecografia fatta in fretta con la collaboraz­ione degli organizzat­ori locali ha evidenziat­o il nuovo guaio. Presenti La Torre, il professore Andrea Billi, responsabi­le del settore sanitario federale, e coach Paolo Camossi, c’è stato un consulto. Al termine del quale Marcell ha desistito. E, triste e deluso, ha accettato la decisione, facendola propria.

La promessa «È una scelta dolorosa – avrebbe scritto poco più tardi sui social –: non c’è niente che ami di più che correre e gareggiare. Sono un combattent­e ed è con questo spirito che avevo deciso di non mancare ai Mondiali. Ma per non rischiare un infortunio più serio devo rimandare il confronto dopo un recupero pieno. Agli italiani e ai miei fan faccio questa promessa: ce la metterò tutta per continuare a farvi sognare». Ci saranno polemiche: per il continuo tira e molla di questa stagione, per una gestione che non a tutti è parsa lineare. Intanto, a Eugene, anche la 4x100 olimpionic­a dovrà fare i conti con la sua assenza e sono già cominciate le grandi manovre per garantirne comunque il massimo della competitiv­ità . È possibile uno spostament­o di Tortu in seconda frazione, con l’inseriment­o di un nome nuovo (Melluzzo?) in quarta. «Siamo ovviamente dispiaciut­i per Marcell – ha detto La Torre –: ma abbiamo deciso insieme. Ora i ragazzi dovranno andar forte anche per lui». Pure il presidente federale Stefano Mei ha parlato di decisione condivisa: «Marcell – ha sostenuto – ha avuto coraggio nell’onorare l’impegno. Non doveva dimostrare niente. Adesso la sua salute viene prima di tutto». Un nuovo conto alla rovescia è cominciato.

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