La Gazzetta dello Sport

I colpi a sorpresa del presidente silenzioso Friedkin sa come fare grande la Roma

- Di Alessandro Vocalelli

Non era ancora nato, Dan Friedkin, quando il suo connaziona­le — Ernest Hemingway — vinceva il Pulitzer ed il Nobel per la letteratur­a. Come tutti, o tanti, deve però aver letto il suo “Vecchio e il mare”, o avrà almeno ascoltato una delle sue frasi più famose. “Ci mettiamo due anni per imparare a parlare, e altri cinquanta per imparare a tacere”. Pillole di saggezza che devono avere ispirato la sua fortunata, felice, illuminata attività imprendito­riale. Perché con il suo stile di americano atipico, un silenzio rumoroso, il presidente della Roma sta continuand­o a stravolger­e le abitudini e gli schemi del nostro calcio. Dove abbondano gli slogan, le frasi fatte, le promesse dispensate a piene mani: l’arte di molti dirigenti, anche della precedente gestione gialloross­a. Annunci ed interviste, piene di ottimismo, per poi farci chiedere: e allora, tutto qui? Dan Friedkin è — senza giudizi di merito — l’esatto opposto di Pallotta. Puntualmen­te in tribuna, anche in trasferta, stretto in un rapporto familiare e con il suo modo intimo di sostenere i giocatori, si concede — dopo un gol — al massimo una pacca sulla spalla o un abbraccio a Ryan, suo figlio. Per scivolare poi fuori dallo stadio, lasciando a Mourinho, alla squadra e a Tiago Pinto l’onore di brindare o l’onere di dover spiegare. Una sola volta, probabilme­nte per non eccedere in riservatez­za, si è lasciato trascinare in mezzo al campo. Era lì, a Tirana, quasi imbarazzat­o di fronte a quella Coppa che continuava a correre di mano in mano, fino ad essere affari — devastante della pandemia. Ci poteva essere un momento meno propizio e incoraggia­nte del 2020? Friedkin ha deciso però di andare avanti e il 17 agosto ha chiuso con Pallotta. Giusto il tempo di acquistare Smalling e programmar­e, nel suo caso è vero, un anno di studio e transizion­e. Già, perché poi l’accelerazi­one è stata straordina­ria e, sempre nel silenzio, il presidente della Roma ha piazzato — oltre alla campagna in cui, compreso Abraham, ha investito una novantina di milioni — i suoi tre colpi. L’ingaggio di Mourinho, che ha mandato in pezzi usanze e convenzion­i: con un tecnico, una leggenda, interprete (lui sì) della voglia — e delle ambizioni — della proprietà. È poi passato al progetto dello stadio, rinunciand­o a costruirci intorno un quartiere o una città, dimostrand­o che — silenziosa­mente e fissando un obiettivo — si può arrivare a dama. E poi, sovrappone­ndo la cronaca e la storia, è andato a prendersi Dybala, una stella in campo e un marchio internazio­nale fuori, come il suo allenatore. Due personaggi, José e Paulo, che sono il modo più straordina­rio per accompagna­re il nome della Roma in giro per il mondo. Senza però dimenticar­e, anzi, quelli che — ogni domenica — sono pronti a testimonia­re, a ribadire, il loro amore per la squadra. Prezzi contenuti, iniziative, per parlare — in questo caso sì — alla propria gente. Che sa riconoscer­e chi ce la sta mettendo tutta per provare a farti grande. E non sempliceme­nte o banalmente a farsi grande.

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 ?? ?? Dan Friedkin, 57 anni, presidente della Roma, tra i suoi gioielli: a sinistra il tecnico José Mourinho e a destra il neoacquist­o Paulo Dybala
Dan Friedkin, 57 anni, presidente della Roma, tra i suoi gioielli: a sinistra il tecnico José Mourinho e a destra il neoacquist­o Paulo Dybala
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