Solo lui può parlare con gli arbitri, ma c’è elasticità...
Il ruolo del capitano è disciplinato dalla regola 3 comma 10 del regolamento, dedicata ai calciatori: «Il capitano di una squadra non gode di uno status speciale o di privilegi - si legge -, ma ha un grado di responsabilità per il comportamento della propria squadra». L’Aia (Associazione italiana arbitri) spiega così la norma: «Il capitano è responsabile nei confronti dell’arbitro e degli organi federali della condotta dei propri compagni. Durante la gara è l’unico ad avere facoltà di interpellare l’arbitro, in forma corretta ed a gioco fermo, per chiedere chiarimenti in merito alle decisioni assunte e per formulare eventuali riserve. È dovere del capitano coadiuvare l’arbitro, ai fini del regolare svolgimento della gara e della repressione di eventuali atti di indisciplina dei suoi compagni». Più o meno la disposizione viene rispettata, nel senso che c’è elasticità. La scena ricorrente sui campi italiani e non è la seguente: tutti a protestare intorno all’arbitro, poi il capitano allarga le braccia, spinge via i compagni e discute lui con il direttore di gara. A volte succede che il capitano esageri nelle rimostranze e si prenda il rosso. A dicembre del 2020, per esempio, in InterNapoli, Lorenzo Insigne venne espulso da Massa di Imperia per una parola di troppo. Un insulto, a giudizio dell’arbitro. Un fraintendimento, secondo il giocatore. Insigne se la cavò con una giornata di squalifica e 10.000 euro di ammenda. Poteva andargli peggio, di solito la fascia è un’aggravante in queste situazioni. Il capitano però non è soltanto il giocatore deputato a parlare con gli arbitri. È il leader dello spogliatoio, guida la commissione interna che si relaziona con la società, per esempio per trattare i premi o per discutere dei ritardi nei pagamenti degli stipendi. Durante il lockdown per Covid i capitani hanno trattato con i club per una riduzione o una spalmatura dei consensi. Si sono appesa concluse le celebrazioni per il 40° anniversario della vittoria dell’Italia al Mondiale di Spagna ‘82. Il capitano di quella Nazionale, Dino Zoff, aprì una strada nuova: a causa del silenzio stampa, per due settimane lui e soltanto lui, assieme al c.t. Bearzot, si fece intervistare dai giornalisti.