Kim è azzurro Un duro in difesa per il Napoli Ma fuori ha un cuore d’oro IL NUMERO
Spalletti adesso lo aspetta in ritiro e scommette su di lui. In Corea è ambasciatore dei piccoli disabili
L’angelo dalla faccia sporca è pronto a sbarcare in Italia. Questione di ore. Ormai la scelta di Kim Min-jae è fatta. Dunque sarà lui a dover prendere la pesante eredità lasciata da Kalidou Koulibaly in casa Napoli, in campo e soprattutto nel cuore dei tifosi azzurri. E siccome paragonare da un punto di vista tecnico i giocatori diventa antipatico per entrambi, c’è un altro elemento che ci piace mettere in parallelo, perché valorizza le virtù dell’uomo. Come Kalidou lo trovavi in giro per le strade di Napoli per aiutare i “fratelli meno fortunati”, senza cercare telecamere o pubblicità, anche Kim è uomo schivo ma capace di essere un benefattore.
Dalla parte dei bimbi
In Corea, dove è già uno dei pilastri della nazionale, hanno scoperto solo quando è stato premiato che il loro campione sta dalla parte degli ultimi. È capitato quando la Purme Foundation, che si occupa della riabilitazione dei bambini disabili e dell’indipendenza dei giovani affetti da malattie invalidanti, lo ha nominato ambasciatore. «Sono sempre stato molto interessato ai bambini e mi impegno a pubblicizzare le attività della fondazione affinché abbiano una vita migliore di quella attuale», disse un timido Kim ricevendo l’incarico. E già alla fondazione, senza clamore, aveva versato 50 milioni di won, circa 38 mila euro. Difficile che sui social il nostro posti qualcosa per “apparire” migliore: quasi esclusivamente immagini di gioco. Così come in silenzio, con i primi stipendi da professionista, comprò casa ai genitori, visto che viene da una famiglia semplice, senza grandi mezzi.
Tatuaggi e senso della vita
Del resto il suo modo di affrontare la quotidianità ce l’ha stampato sul petto, a caratteri visibili anche a distanza “carpe diem”. Una filosofia di vita, che sicuramente ha una forte componente spirituale, se non religiosa. Visto che il nostro non si concede molto davanti ai microfoni, lo
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Gol in nazionale coreana Kim Min-jae vanta 42 presenze nella massima rappresentativa e ha segnato tre reti: uno al Kirghizistan e due alla Cina intuisci dall’enorme tatuaggio che gli copre l’intera schiena: in una selva piena di pericoli e anche diavoli al centro ecco emergere sul complesso disegno un Cristo con la croce. Kim non ha mai ostentato questi segni, scoperti quasi per caso in una partita del Fenerbahce alla fine della quale donò a un tifoso la sua maglia, restando a torso nudo. Insomma, un uomo che deve ancora compiere 26 anni ma ha le idee chiare sulla vita, sul senso della stessa e sul modo di comportarsi verso il proprio prossimo.
In campo altra storia
Poi però l’angelo... si sporca la faccia quando scende in campo. Sul prato verde nessuna pietà e un’aggressività in marcatura che lo hanno portato ha essere definito “the monster”. Un incubo per gli attaccanti e in Turchia ce ne sono stati diversi che avrebbero preferito non trovarselo davanti. Complicato superarlo nell’uno contro uno, perché oltre a uno strapotere fisico, parliamo di un atleta molto veloce, capace di difendere bene anche in campo largo. Ora tutto questo dovrà dimostrarlo in Italia e nella fase iniziale uno dei problemi potrà essere quello della comunicazione.
Tutti lo vogliono Dicono che non parli bene l’inglese, ma c’è un particolare che fa tendere all’ottimismo su questo aspetto. Kim finora ha avuto allenatori di estrazione e idee di calcio completamente diverse: dal croato Slaven Bilic al portoghese Vitor Pereira passando per il turco Zeki Murat Gole, al francese Bruno Genesio. Con Pereira che lo ha allenato in Cina per poi portarlo in Turchia e Genesio che ha fatto di tutto per farlo arrivare nel suo Rennes. Questo significa che il giocatore è disciplinato e le sue grandi potenzialità, atletiche e tecniche, affascinano i tecnici. Come Luciano Spalletti che non si è mai nascosto sottolineando che Kim «ha giocato in campionati differenti ma è un difensore da Napoli e da Champions». Del resto il campionato turco non sarà al top dell’Europa ma esprime comunque buoni lavori. E Kim è sempre lì a svettare. Secondo tra i difensori che hanno intercettato (70, almeno 32 in più rispetto a qualsiasi altro compagno del Fenerbahçe). E nella sua squadra Kim è quello che ha recuperato il maggior numero di palloni: 193. E il sudcoreano ha svettato pure di testa: maggior numero di respinte difensive di testa (55) e per duelli aerei vinti (53) è secondo solo al compagno Serdar Aziz.