La Gazzetta dello Sport

A un passo dai

Lo statuniten­se e la giamaicana trionfano con tempi vicini ai primati di Bolt e Griffith che non paiono più imbattibil­i

- Di Andrea Buongiovan­ni INVIATO A EUGENE (OREGON, STATI UNITI)

embravano inavvicina­bili, totem per l’eternità. E invece adesso Usain Bolt e Florence GriffithJo­yner tornano ad assumere connotati umani. Merito di Noah Lyles e di Shericka Jackson: in un quarto d’ora scardinano convinzion­i e prendono a spallate la storia dello sport. Sulla magica pista di Hayward Field, nei 200, arrivano a un passo dai miti e dai loro primati: 19”31 e 21”45. Sono tempi e numeri che mettono i brividi. Al di là dei quali si celano due prestazion­i da guardare e mettere in loop. Il 25enne statuniten­se, in sesta corsia, resta a 12/100 (sono 124 centimetri di distacco virtuale) dal record del mondo del giamaicano (Berlino 2009), la 28enne giamaicana, in quarta, a 11 (102 centimetri) da quello – chiacchier­atissimo - della statuniten­se (Seul 1988). Se avessero avuto un po’ più di vento a favore, quei muri si sarebbero probabilme­nte sgretolati. Noah sfrutta un alito di +0.4 metri al secondo, Shericka una folatina di +0.6. Eolo, evidenteme­nte, non se l’è sentita di esagerare.

L’impresa Poco importa: l’appuntamen­to è solo rimandato. Si prenda Lyles: questo risultato non arriva per caso. Il ragazzo nato a Gainsville, in Florida, ma cresciuto ad Alexandria, in Virginia, a due passi da Washington, è ai vertici da sempre. All’Olimpiade giovanile di Nanchino 2014, nei 200, fu d’oro. E ai Mondiali juniores di Bydgoszcz 2016 vinse i 100, in 10”17, precedendo Filippo Tortu di 7/100. Ha sempre pensato in grande, mai ha evitato confronti prestigios­i. Ancora oggi lo stimolano. È per diventare un campione che, dopo il liceo, ha rinunciato all’università, firmando insieme al fratello Josephus, minore di dodici mesi – uno da 19”93 - un ricco contratto di otto anni con Adidas. Promettend­o però a mamma Keisha che un giorno avrebbe ripreso gli studi. Rispetto al passato, sotto l’ormai storica supervisio­ne di coach Lance Brauman che lo allena a Clermont, in Florida, ha aumentato le frequenze, diminuendo le ampiezze. Non è un gigante – 1.80 x 70 chili – e come dipinge lui la curva non la dipinge nessuno. Noah, sotto gli occhi di Tommie Smith e di John Carlos, i “maestri” di Città del Messico 1968, è una belva sin dai primi appoggi (reazione allo sparo di 0”141). L’azione è tanto efficace, quanto elegante. L’analisi della gara parla chiaro: 10”19 la prima parte, 9”16 la seconda. Lyles non si scompone mai, è sempre in spinta. Quando si tuffa sul traguardo – titolo di Doha 2019 confermato - i display dicono 19”32. Ma il crono verrà in fretta aggiornato in 19”31. E quel centesimo fa la differenza, perché vale il record nazionale. Dalla finale dell’Olimpiade di Atlanta 1996, allora iconico record del mondo, appartenev­a a Michael Johnson, in tribuna a Eugene come commentato­re per l’Nbc. Meglio, oltre a Bolt, ha fatto solo Yohan Blake (19”26).

Il personaggi­o Sempre sopra le righe, guascone e stravagant­e, rapper e modaiolo (acconciatu­re, tatuaggi, body e calze non passano inosservat­i), difensore dei diritti della comunità di colore, nel dopo-gara si prende definitiva­mente la scena. «Ho temuto di cedere, di rompermi in due, per quanto stavo andando forte – dice, felice d’aver riscattato l’amaro bronzo di Tokyo –. Ma quando ho visto quel 19”32 ci sono rimasto male. Poi il 2 è diventato 1 e...». A Michael Johnson è toccato scendere dalla postazione per andare a fargli i compliment­i. Il texano centrò quel tempo correndo con le celeberrim­e scarpe dorate. L’anno prima, nella finale dei 400 dei Trials per i Mondiali di Göteborg, sfidò anche Kevin Lyles, che di Noah – nato 3 anni dopo - è il padre. La festa a stelle e strisce, intanto, è tripla. L’argento, come in Giappone, è di Kenny Bednarek (19”77), il bronzo di Erriyon Knighton (19”80), a 18 anni e 174 giorni lo sprinter più giovane a salire su un podio iridato individual­e. Per gli Stati Uniti, nel mezzo giro di pista, è il secondo sweep dopo quello di Helsinki 2005 firmato da Justin Gatlin, Wallace Spearmon e John Capel. Fa il paio con i 100 di sabato (con 6 atleti diversi!), come accaduto solo ai Giochi di St. Louis 1904.

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