I vivai che funzionano: Belgio e Francia volano grazie alle Academy
Al Mondiale in Qatar non ci sarà l’Italia. Uno shock, il secondo di fila, per un sistema a cui non resta che imboccare la via delle riforme. Magari andando a pescare qualche idea in Paesi che da simili terremoti hanno tratto insegnamenti soprattutto a livello delle Academy federali. Due esempi su tutti sono citati dal presidente del Torino e di RCS MediaGroup Urbano Cairo, martedì a margine della presentazione del Festival dello Sport. Innanzitutto la Francia, risorta dalle ceneri del Mondiale 2010, campione del Mondo in carica con un terzo di giocatori cresciuti nei poli federali. E il Belgio, Paese di appena 11,6 milioni di abitanti ma con una nazionale seconda nel ranking Fifa, e che dopo il flop dell’Europeo casalingo del 2000 è diventata una delle squadre più temute.
Ascesa La Francia, dunque: 2,1 milioni di tesserati, di cui 1,12 milioni sotto i 20 anni e in aumento del 16,7%. Anche perché la Federcalcio investe nella formazione una decina di milioni l’anno, capitalizzando sull’ascesa costante di una nazionale rinata dopo il Mondiale del 2010 passato alla storia per i conflitti etnici di spogliatoio e uno sciopero in allenamento in mondovisione. Da lì, nel 2012, ripartì Didier Deschamps che in 10 anni ha disputato una finale europea (persa in casa nel 2016), vinto un Mondiale (2018) e una Nations League (2021).
Esigenza Resurrezione consolidata dal nuovo corso voluto da Hubert Fournier, il d.t. che dal 2017 ha uniformato i metodi di lavoro dei 25 poli federali (16 maschili, 8 femminili e 1 di calcetto) riservati ai 13 e 15enni, con quelli dei 35 centri di formazione dei club dove poi approdano nel 60% dei ragazzi: «Abbiamo alzato l’esigenza – spiega alla Gazzetta - sul perfezionamento tecnico, tattico e fisico. Per esempio Gps e analisi video sono obbligatori per tutti. Abbiamo poi rinforzato gli staff di ogni selezione giovanile composta da almeno sei elementi: oltre al c.t., un vice, un preparatore, un addetto ai video, un responsabile dell’analisi dei data e un team manager, oltre ai vari osservatori».
Testimonial Per la prima volta tutte le giovanili, maschili e femminili, si sono qualificate per le competizioni internazionali di categoria. Non a caso un terzo dei campioni del Mondo sono passati per le accademie federali. Su tutti Mbappé. E poi Varane, Lemar, Pavard, Thauvin, Areola e Matuidi. Ma a Clairefontaine, la Coverciano francese, il testimonial della formazione alla «française» è considerato Tchouameni, svezzato a Bordeaux, cresciuto al Monaco, passato al Real per 80 milioni.
Futuro Per il Belgio, il giocatore simbolo è Kevin De Bruyne, come spiega alla Gazzetta Kris Van Der Haegen, responsabile della formazione degli allenatori della Federazione belga, e vice c.t. della nazionale femminile: «Da circa 15 anni abbiamo creato persino nazionali parallele U15, U16, U17 denominate “futuro” per permettere a chi è in ritardo nello sviluppo, anche giocando con squadre di età inferiore. Soltanto così abbiamo accompagnato De Bruyne che era sempre il più mingherlino, ormai leader dei Diables
Rouges».
Filosofia Una nazionale che a discapito dei soli 542mila tesserati si è spinta fino in semifinale di Mondiale e Nations League e ai quarti dell’Europeo, eliminata dall’Italia. Ma in Qatar, il Belgio ci sarà: «Abbiamo abolito la dittatura della vittoria – spiega Der Haegen-. Fino ai 14 anni si esalta il gioco: niente classifiche né partite a 11. Se pensi solo a vincere non puoi aspettare che i ragazzi maturino, rischiare con la ripartenza dal basso, sviluppare un certo stile di gioco offensivo». Nelle loro strutture hanno sfornato anche Courtois, Witsel, Castagne, Meunier, Origi. «Francia, Olanda, Inghilterra e Germania – conclude Der Haegen - sono venute a studiare il nostro modello. Non l’Italia».