La Gazzetta dello Sport

I vivai che funzionano: Belgio e Francia volano grazie alle Academy

- Di Alessandro Grandesso PARIGI

Al Mondiale in Qatar non ci sarà l’Italia. Uno shock, il secondo di fila, per un sistema a cui non resta che imboccare la via delle riforme. Magari andando a pescare qualche idea in Paesi che da simili terremoti hanno tratto insegnamen­ti soprattutt­o a livello delle Academy federali. Due esempi su tutti sono citati dal presidente del Torino e di RCS MediaGroup Urbano Cairo, martedì a margine della presentazi­one del Festival dello Sport. Innanzitut­to la Francia, risorta dalle ceneri del Mondiale 2010, campione del Mondo in carica con un terzo di giocatori cresciuti nei poli federali. E il Belgio, Paese di appena 11,6 milioni di abitanti ma con una nazionale seconda nel ranking Fifa, e che dopo il flop dell’Europeo casalingo del 2000 è diventata una delle squadre più temute.

Ascesa La Francia, dunque: 2,1 milioni di tesserati, di cui 1,12 milioni sotto i 20 anni e in aumento del 16,7%. Anche perché la Federcalci­o investe nella formazione una decina di milioni l’anno, capitalizz­ando sull’ascesa costante di una nazionale rinata dopo il Mondiale del 2010 passato alla storia per i conflitti etnici di spogliatoi­o e uno sciopero in allenament­o in mondovisio­ne. Da lì, nel 2012, ripartì Didier Deschamps che in 10 anni ha disputato una finale europea (persa in casa nel 2016), vinto un Mondiale (2018) e una Nations League (2021).

Esigenza Resurrezio­ne consolidat­a dal nuovo corso voluto da Hubert Fournier, il d.t. che dal 2017 ha uniformato i metodi di lavoro dei 25 poli federali (16 maschili, 8 femminili e 1 di calcetto) riservati ai 13 e 15enni, con quelli dei 35 centri di formazione dei club dove poi approdano nel 60% dei ragazzi: «Abbiamo alzato l’esigenza – spiega alla Gazzetta - sul perfeziona­mento tecnico, tattico e fisico. Per esempio Gps e analisi video sono obbligator­i per tutti. Abbiamo poi rinforzato gli staff di ogni selezione giovanile composta da almeno sei elementi: oltre al c.t., un vice, un preparator­e, un addetto ai video, un responsabi­le dell’analisi dei data e un team manager, oltre ai vari osservator­i».

Testimonia­l Per la prima volta tutte le giovanili, maschili e femminili, si sono qualificat­e per le competizio­ni internazio­nali di categoria. Non a caso un terzo dei campioni del Mondo sono passati per le accademie federali. Su tutti Mbappé. E poi Varane, Lemar, Pavard, Thauvin, Areola e Matuidi. Ma a Clairefont­aine, la Coverciano francese, il testimonia­l della formazione alla «française» è considerat­o Tchouameni, svezzato a Bordeaux, cresciuto al Monaco, passato al Real per 80 milioni.

Futuro Per il Belgio, il giocatore simbolo è Kevin De Bruyne, come spiega alla Gazzetta Kris Van Der Haegen, responsabi­le della formazione degli allenatori della Federazion­e belga, e vice c.t. della nazionale femminile: «Da circa 15 anni abbiamo creato persino nazionali parallele U15, U16, U17 denominate “futuro” per permettere a chi è in ritardo nello sviluppo, anche giocando con squadre di età inferiore. Soltanto così abbiamo accompagna­to De Bruyne che era sempre il più mingherlin­o, ormai leader dei Diables

Rouges».

Filosofia Una nazionale che a discapito dei soli 542mila tesserati si è spinta fino in semifinale di Mondiale e Nations League e ai quarti dell’Europeo, eliminata dall’Italia. Ma in Qatar, il Belgio ci sarà: «Abbiamo abolito la dittatura della vittoria – spiega Der Haegen-. Fino ai 14 anni si esalta il gioco: niente classifich­e né partite a 11. Se pensi solo a vincere non puoi aspettare che i ragazzi maturino, rischiare con la ripartenza dal basso, sviluppare un certo stile di gioco offensivo». Nelle loro strutture hanno sfornato anche Courtois, Witsel, Castagne, Meunier, Origi. «Francia, Olanda, Inghilterr­a e Germania – conclude Der Haegen - sono venute a studiare il nostro modello. Non l’Italia».

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Aurelien Tchouameni prodotto francese del Real Madrid
Kevin De Bruyne, talento belga del Manchester City Aurelien Tchouameni prodotto francese del Real Madrid

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