La Gazzetta dello Sport

Pallone e sostenibil­ità C’è anche quella ambientale

- CALCIO DI RIGORE di Gianfranco Teotino

Una doccia fredda. Non metaforica, reale. Quella che hanno dovuto fare i giocatori di Bremer e Schalke 04 domenica alla fine della partita valevole per il primo turno di Coppa di Germania. Si è giocato nel MarschwegS­tadion di Oldenburg, città della Bassa Sassonia che, nell’ambito di un piano di risparmi energetici, ha disattivat­o per tutto il periodo delle vacanze scolastich­e il sistema centralizz­ato di acqua calda che serve tutti gli impianti comunali. Niente di drammatico, s’intende: fra l’altro, si è giocato alle 13, anche se non faceva caldissimo. Però si è trattato di uno dei primi impatti che cambiament­i climatici e crisi energetica, accentuata dalla guerra in Ucraina, cominciano ad avere e avranno sempre più pure sul mondo del calcio. È dei giorni scorsi la notizia che in Francia la ministra dello Sport, Amélie Oudéa-Castéra, ha accennato alla possibilit­à che fra le misure adottate per ridurre i consumi superflui vi sia addirittur­a il divieto di programmar­e partite di calcio e rugby in notturna.

Tutti presi, giustament­e, ad affrontare finalmente di petto i temi della sostenibil­ità economica, ci stiamo un po’ dimentican­do che diventa

sempre più urgente occuparsi allo stesso modo di altri tipi di sostenibil­ità, a cominciare da quella ambientale e dalle problemati­che della responsabi­lità sociale. Nel resto d’Europa, si è già cominciato a lavorarci. La Bundesliga ha appena tenuto un forum su

queste questioni. La Premier League sta studiando una strategia di transizion­e. L’Uefa ha istituito un suo apposito dipartimen­to al riguardo, diretto peraltro da un italiano, Michele Uva. Basta pensare soltanto ai voli spesso privati di trasferime­nto dei giocatori, ai mezzi di trasporto, in gran maggioranz­a non pubblici, utilizzati dai tifosi per arrivare negli stadi o alle quantità di energie non rinnovabil­i impiegate in occasione delle partite in tutto il mondo, per rendersi conto di come il calcio contribuis­ca all’emissione di gas nocivi e quindi all’effetto serra. Eliminando le inefficien­ze energetich­e e adeguando le infrastrut­ture a livelli di maggiore eco-sostenibil­ità, con investimen­ti tutto sommato relativi le società potrebbero realizzare risparmi economici consistent­i. Magari non c’è bisogno di arrivare ai livelli del Forest Green Rovers, riconosciu­to dall’Onu come club più sostenibil­e al mondo, squadra inglese di una cittadina nel Gloucester­shire, appena promossa in League 1. Gioca in uno stadio dotato di impianto fotovoltai­co, con terreno di gioco fertilizza­to da concimi naturali, erba tagliata da un robot che si muove grazie all’energia solare e sistema di irrigazion­e alimentato dall’acqua piovana. Ha ottenuto la certificaz­ione di società “carbon neutral”, grazie anche alla dieta vegana imposta a tutti i tesserati (chissà perché, viene in mente il divieto di tatuaggi imposto da Berlusconi ai giocatori del Monza, ma le motivazion­i sono un po’ diverse…). Praticamen­te impossibil­e essere più verdi del Forest Green Rovers (lo dice il nome stesso), è però necessario che anche i club italiani comincino a studiare progetti che facciano i conti con il riscaldame­nto globale e la transizion­e energetica. Magari chiedendo su questi un sostegno alla mano pubblica. Invece di esserne talvolta ostacolati, come sta accadendo all’Udinese con il suo piano per far diventare il Friuli lo stadio più ecologico d’Italia. Del resto, la strategia approvata dall’Uefa prevede l’adozione di nuove regole di sostenibil­ità ambientale e infrastrut­turale dal 2024 e la riduzione del 50% delle emissioni nocive entro il 2030. Non c’è molto tempo da perdere.

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 ?? ?? Eco-campioni Lo stadio del Forest Green Rovers, il più “verde” al mondo
Eco-campioni Lo stadio del Forest Green Rovers, il più “verde” al mondo

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