VECCHI, ANIMA MILAN E MAESTRO DEI BIG TRA PARATE DA GATTO E L’AMICO ANCELOTTI
Nel 1973 ipnotizzò il Leeds nella finale di Coppa delle Coppe. Ha scoperto Buffon, per Carletto era il fratello maggiore
Imilanisti lo ricordano perché fu l’Eroe di Salonicco, ma catalogarlo in questo modo significa ridurne il valore. Villiam Vecchi, che si è spento ieri a settantrè anni, è stato molto di più di quella semplice definizione. È vero, nella finale di Coppa delle Coppe contro il Leeds, nel maggio del 1973, fece «numeri da gatto — come amava ripetere lui —. Gli inglesi parevano assatanati, noi eravamo tutti chiusi nella nostra area dopo il gol di Chiarugi. Tiravano da tutte le parti, ma non mi facevano mai gol». È vero, su quel trofeo c’è la sua firma e certamente per lui è stato il giorno della gloria. Ma Villiam Vecchi è stato molto di più di quelle parate, di quelle uscite, di quegli interventi che avevano qualcosa di miracoloso.
Mago dei rigori Intanto, poco più di un mese dopo, il 1° luglio del 1973 alzò al cielo la Coppa Italia, battendo in finale la Juventus. Si arrivò ai calci di rigore e lui, che era un mago quando gli avversari si presentavano sul dischetto, respinse le conclusioni di Anastasi e di Bettega. Certo, in mezzo a queste due gioie, ci fu anche la grande amarezza, la Fatal Verona, cinque «pappine» sul groppone che costarono al Milan lo scudetto. «Eravamo cotti dopo lo sforzo di Salonicco — ha detto in mille occasioni —. Non stavamo in piedi». In un anno, il 1973, gli capitò di vivere una vita intera. Suggeritore Il palcoscenico non era il suo luogo ideale: preferiva le quinte. Stava nell’ombra e, come i bravi suggeritori, si metteva a disposizione dell’attore protagonista. Dopo il Milan mise in fila le esperienze con il Cagliari, con il Como e con la Spal e poi si dedicò al lavoro che realmente lo gratificò: allenare i portieri, trasmettere le sue conoscenze. Nell’estate del 1995 incontrò quello che diventò una specie di fratello: Carlo Ancelotti. Reggiani entrambi, Carletto di Reggiolo e Villiam di Scandiano, non avevano bisogno di tanti discorsi per intendersi: era sufficiente un’occhiata. Di Ancelotti Vecchi è stato la coscienza critica, l’uomo che lo ha seguito dappertutto, alla Reggiana, al Parma, alla Juve, al Milan, al Real
Madrid, e lo ha aiutato nei momenti delicati, quando c’era da prendere una decisione importante e non si riusciva a trovare la soluzione. Non un semplice collaboratore: un fratello maggiore, appunto.
Ripagato Il giovane Buffon, nell’autunno del 1996, venne inserito in pianta stabile nel Parma su suggerimento di Villiam, che ne seguì i progressi non nascondendo lo stupore: «Questo diventerà il più forte portiere del mondo» diceva e sorrideva a chi storceva la bocca di fronte a tanta sicurezza. Ebbe ragione lui. Come ebbe ragione a difendere Edwin Van der Sar ai tempi della Juve e del turbolento rapporto con i tifosi bianconeri. Ed ebbe ragione anche quando, nell’estate del 2002, anche a causa di un infortunio che bloccò Abbiati, puntò a occhi chiusi su Nelson Dida e lo educò proprio come si fa come un figlio. La notte di
Old Trafford, nel 2003, dopo che Dida aveva neutralizzato i rigori della Juve e il Milan aveva sollevato la Champions League, Villiam non stava nella pelle: la sua era la felicità di un uomo che finalmente si vedeva ripagato della fatica e del sudore spesi sui campi d’allenamento.
La decima L’ultimo trofeo è la Decima del Real Madrid, nel 2014. Poi Villiam, le ginocchia logorate da troppo lavoro, scelse di ritirarsi dalla scena. Ma il telefono era sempre a portata di mano: suo fratello Carletto poteva avere bisogno di un consiglio...