Ultimo gir DOVIZIOSO ADDIO DI CORSA «MI RITIRERÒ A MISANO VOGLIO CHE SIA UNA FESTA»
Il forlivese a Silverstone: «Mi piace l’idea di chiudere con gli amici, non aspetterò fine stagione. La motivazione manca»
he nella clessidra del suo tempo in MotoGP si stessero consumando agli ultimi granelli lo si sapeva, ancora 8 gare e per Andrea Dovizioso era pronta – questa volta per davvero dopo lo “scherzo” di due anni fa, ciao ciao alla Ducati e per ora mi fermo ma non smetto – la vita da ex pilota del Motomondiale. Invece va di fretta anche nel momento di dire basta, Andrea, la sua stagione con la Yamaha del team WithU fino a questo momento è stata un autentico disastro (inutile girarci intorno e chiamarla diversamente, viste le aspettative che c’erano, in primis proprio da parte di Dovi), e allora che senso ha continuare a farsi del male, correre per navigare nelle ultime posizioni e lottare per racimolare, quando va bene, qualche misero punto dopo che per tre anni di fila sei stato l’unico vero avversario di un certo Marc Marquez per la conquista del trono iridato? Nessuno. E quindi basta, Dovi lo rivedremo qui a Silverstone, tra due settimane ci sarà Zeltweg, la pista dell’ultimo successo, soprattutto di battaglie straordinarie (vinte) con Marc Marquez, quindi l’ultimo atto sul palcoscenico di Misano Adriatico all’inizio di settembre. Poi sarà il momento per cambiare vita, questa volta per davvero.
Momento giusto «Questa è una decisione tosta, difficile da prendere dopo 20 anni in questo mondo, ma era il momento giusto e ora sono rilassato – spiega Andrea -. Devo dire grazie alla Yamaha e al team, perché mi hanno sempre supportato e capito. Ma se non sei mai dove vuoi, se fatichi a ogni turno e a ogni gara, arriva il momento in cui la mente incomincia a interrogarsi finché capisci che è il momento di smettere. E in questo senso Misano sarà la gara giusta, mi piace l’idea di finire con un party con tutti i miei amici e sorrisi per tutti». Finire il campionato, invece di lasciare la sua M1 al collaudatore della Yamaha, Cal Crutchlow, da un certo punto sarebbe stata la scelta più giusta, ma il motociclismo è comunque uno sport altamente rischioso e correre con la mente scarica per certi versi sarebbe stato anche pericoloso. Ricordate quando il fresco bicampione del mondo Niki Lauda alla fine del 1977 sentì da un momento all’altro che il sacro fuoco della competizione si era spento, comunicando alla Ferrari che non avrebbe corso il GP del Canada a Mosport, contribuendo alla nascita della leggenda Gilles Villeneuve? Ci ha pensato, il Dovi, se continuare fino a Valencia, ma alla fine ha visto come il serbatoio fosse ormai agli sgoccioli. «Essendo una persona razionale e molto critica, devo sempre avere una motivazione importante nelle cose che faccio. Non potendomi adattare alla moto, non migliorando, e non potendo neanche lavorare su certi aspetti strutturali, perché non c’è il tempo materiale per farlo, ho deciso che era meglio fermarmi».
Mi hanno offerto altri ruoli per restare ma ho un mio progetto
Academy del cross Queste ultime tre gare saranno anche un veloce saluto a tutti i suoi tifosi, poi sarà il tempo di pensare al Dovi 2.0. Di sicuro, simile a quello che Valentino Rossi ha fatto nelle velocità, Dovizioso ha da tempo l’idea di creare qualcosa anche nel mondo del cross, la sua grande passione. Non ne parla ancora molto, ma a breve dovrebbe iniziare a posare le prime pietre della sua Academy. «Ho in testa da anni di creare qualcosa a casa – resta sul vago –, poi voglio continuare a girare in cross e divertirmi, ma in realtà la mia porta è aperta a tutto. Sono sincero, ho già avuto qualche offerta per restare in questo mondo (oltre all’ipotesi di fare il collaudatore, è girata la voce di diventare il rappresentante dei piloti; n.d.r.), e ci sono cose che mi interessano, ma è ancora presto. È normale, dopo 20 anni, di prendersi del tempo per fare altre cose e cambiare vita».
Mai feeling Di certo, dopo avere rifiutato il progetto dell’Aprilia, non sentendosi mai troppo a
suo agio in sella alla RS-GP nei pochi test effettuati lo scorso anno, Dovi aveva scommesso a occhi chiusi su quella Yamaha che, da avversario, lo aveva sempre impressionato per le grandi caratteristiche di guidabilità e percorrenza di curva. Invece, come spesso accade, già dalla prima volta che è salito sulla M1, proprio in occasione del GP di Misano Adriatico di un anno fa, quando prese il posto di Franco Morbidelli nell’allora team Petronas, Andrea ha capito che la strada sarebbe stata molto in salita. «Succede sempre di sentire da subito il potenziale della moto, e ricordo di essere stato sorpreso dal grip, capendo che avrei dovuto lottarci. Io non sono mai riuscito a guidare la M1 al meglio, come invece fa Fabio. Ho lavorato e provato tante cose, ma non è mai servito. Così, durante la pausa ho parlato con la Yamaha. So che non ho chiuso nel migliore dei modi, ma questa era la realtà, loro lo hanno capito e per questo li ringrazio».
L’omaggio dei rivali L’addio di uno come Dovi, ovviamente non è passato sotto silenzio nel paddock. Tanti gli attestati di stima («Non so cosa abbiano detto, ma essere considerato un buon pilota dagli altri piloti è qualcosa di importante, mi fa molto piacere») da parte di quelli che per tanti anni sono stati i suoi avversari. «Per lui è stato un anno difficile, sappiamo quanto può essere dura. Se non si divertiva più ha preso la decisione giusta, ma ha comunque avuto una carriera straordinaria» lo applaude Fabio Quartararo. E Francesco Bagnaia: «Dovi è stato uno dei piloti italiani più importanti e soprattutto un grande esempio. E in Ducati ha fatto un lavoro incredibile». Tra le parole più belle, e per nulla banali, quelle poi di Luca Marini: «Il suo ritiro era nell’aria, però mi sarei aspettato che avvenisse a Valencia. Penso che Dovi abbia fatto una grandissima carriera, da piccolo lo guardavo e tifavo per lui. Non deve avere rimpianti, ha corso in un’era scomoda e dura, con tanti grandi avversari. E poi non ha mai giocato a fare il personaggio, restando fuori dalle luci del palcoscenico, e io lo apprezzo molto anche per questo. Penso che i piloti come lui dovrebbero ricevere un riconoscimento maggiore, ha fatto grandi battaglie con i più forti, la sua è stata una signora carriera, oltre a essere una gran persona. Ce ne vorrebbero di più come lui».