Tatuaggi, belle macchine e un’infanzia difficile
Sulla maglia porta scritto Memphis, un gesto di protesta contro il padre che lo ha abbandonato. E’ abituato alle discese e alle risalite, agli stop per infortuni di una carriera vissuta a ritmo di rap. Memphis Depay scrive, canta, produce ed è rap anche in campo, fra strappi, fughe sulla fascia, duetti con Gini Winaldum che hanno fatto sognare i tifosi oranje nei momenti migliori, A 29 anni,
Memphis ha già vissuto nel calcio praticamente tutto e ha girato l’Europa: Psv, Manchester United, Lione, Barcellona. Ha perso tante occasioni, non ancora la voglia di mostrare il suo cuor di leone, come recita il titolo della immancabile autobiografia. Già, perché Memphis è un cacciatore di sogni, ha scritto sulla pelle e sulla pelle c’è scritto molto altro. Tatuaggi, belle macchine, catene d’oro, orologi vistosi: dai tempi dello United, più o meno dopo il Mondiale sudafricano, Memphis rientra nella categoria “icone partite dal ghetto”, anche se non viene affatto dal ghetto, però ha una famiglia complicata alle spalle. Diventa presto un personaggio eppure è molto di più: è un giocatore duttile, di grande tecnica, che a Lione si è ritrovato dopo l’occasione sprecata in Premier.
Valigie Memphis vive un’infanzia difficile. A nove anni viene notato dagli osservatori dello Sparta Rotterdam, da adolescente è inquieto e viene anche espulso dalla Academy. Attira però l’attenzione dei grandi club olandesi, che ai ragazzi difficile sono abituati. Lo vorrebbero Ajax, Psv, Feyenoord. Il nonno lo guida nella scelta e Memphis finisce al Psv. E’ lì che cresce e diventa il giocatore che esploderà al Mondiale del 2014 sotto la guida di Louis van Gaal, l’uomo che poi lo vorrà allo United. E se in Inghilterra Memphis non rende quanto dovrebbe, le possibilità di scalata non sono finite, anche se gli infortuni lo perseguitano. Ora Depay è maturato, anche tatticamente: è stato protagonista nell’Olanda di Koeman ed è pronto a prendersi le copertine anche al prossimo Mondiale, con Van Gaal di nuovo in panchina. Ha segnato i primi gol importanti in nazionale otto anni fa, è destinato a diventare il capocannoniere oranje. ma prima del Qatar, la Juve, che potrà utilizzarlo in posizioni diverse in attacco. E la duttilità tipica di tanti attaccanti olandesi sarà per Allegri una carta in più da giocare.