La Gazzetta dello Sport

Calciatric­ipagate comegliuom­ini? La Germania si interroga. E noi...

- Di Alessandra Bocci © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le americane ci sono arrivate da mesi e in fondo non è un caso: gli Stati Uniti sono il paese di Billie Jean King e della prima storica battaglia dei sessi per i guadagni sportivi. Prima ancora era toccato alle norvegesi, ottenere l’equal pay, ovvero lo stesso ammontare dei premi in nazionale. Ma ci erano voluti tanto impegno e la momentanea uscita di scena polemica della giocatrice più nota, Ada Hegerberg, per raggiunger­e il risultato: premi uguali nel calcio per uomini e donne in nazionale, perché logicament­e per quanto riguarda i club, rimarcò la stessa federazion­e norvegese, è il mercato a stabilire i valori. E sul tema dell’equal pay nello sport le discussion­i non mancano mai: in Olanda si buttò nella mischia anche Frank de Boer, allora c.t. in carica, che sentenziò: «Assurdo chiedere che le calciatric­i guadagnino come i calciatori. Quando il movimento farà le stesse entrate, sarà così». Parole che a molti non piacquero, ma che in fondo tanti condividon­o anche nel tennis, sport che per primo ha discusso e sperimenta­to l’equal pay. La strada per ottenere gli stessi guadagni è lunga e al coro di chi chiede di eliminare sperequazi­oni si unisce il cancellier­e Scholz, che ha chiesto alla Dfb tedesca di superare il gap fra i premi delle due nazionali: i fatturati sono diversi, ma si tratterebb­e di una scelta politica, ha sottolinea­to Scholz. Le donne sono arrivate in finale a Wembley contro l’Inghilterr­a e hanno guadagnato 30 mila euro a testa: vincendo ne avrebbero ricevuti 60 mila, contro i 400 mila pattuiti nel 2021 dai colleghi maschi. I vertici della federcalci­o hanno promesso che ci penseranno, ma è facile immaginare che il processo sarà ancora una volta lunghissim­o. Alle calciatric­i italiane, che hanno da poco ottenuto lo status di profession­iste, questi discorsi filosofici arrivano come un’eco lontana.

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