Calciatricipagate comegliuomini? La Germania si interroga. E noi...
Le americane ci sono arrivate da mesi e in fondo non è un caso: gli Stati Uniti sono il paese di Billie Jean King e della prima storica battaglia dei sessi per i guadagni sportivi. Prima ancora era toccato alle norvegesi, ottenere l’equal pay, ovvero lo stesso ammontare dei premi in nazionale. Ma ci erano voluti tanto impegno e la momentanea uscita di scena polemica della giocatrice più nota, Ada Hegerberg, per raggiungere il risultato: premi uguali nel calcio per uomini e donne in nazionale, perché logicamente per quanto riguarda i club, rimarcò la stessa federazione norvegese, è il mercato a stabilire i valori. E sul tema dell’equal pay nello sport le discussioni non mancano mai: in Olanda si buttò nella mischia anche Frank de Boer, allora c.t. in carica, che sentenziò: «Assurdo chiedere che le calciatrici guadagnino come i calciatori. Quando il movimento farà le stesse entrate, sarà così». Parole che a molti non piacquero, ma che in fondo tanti condividono anche nel tennis, sport che per primo ha discusso e sperimentato l’equal pay. La strada per ottenere gli stessi guadagni è lunga e al coro di chi chiede di eliminare sperequazioni si unisce il cancelliere Scholz, che ha chiesto alla Dfb tedesca di superare il gap fra i premi delle due nazionali: i fatturati sono diversi, ma si tratterebbe di una scelta politica, ha sottolineato Scholz. Le donne sono arrivate in finale a Wembley contro l’Inghilterra e hanno guadagnato 30 mila euro a testa: vincendo ne avrebbero ricevuti 60 mila, contro i 400 mila pattuiti nel 2021 dai colleghi maschi. I vertici della federcalcio hanno promesso che ci penseranno, ma è facile immaginare che il processo sarà ancora una volta lunghissimo. Alle calciatrici italiane, che hanno da poco ottenuto lo status di professioniste, questi discorsi filosofici arrivano come un’eco lontana.