La Gazzetta dello Sport

Milano lavori in corso

«MILAN IN RODAGGIO MA DIVERTE GIÀ ALL’INTER MANCA ANCORA EQUILIBRIO» Arrigo: «I rossoneri devono essere più compatti e giocare palla a terra, Inzaghi ha sbagliato a rallentare dopo il primo gol»

- Di Andrea Schianchi

Il derby a distanza tra Milan e Inter analizzato da Arrigo Sacchi, che segue le due partite, prende appunti, approva e scuote la testa, esattament­e come se fosse ancora in panchina. «La prima cosa che voglio dire riguarda gli stranieri: troppi. In Milan-Udinese sono scesi in campo soltanto due o tre italiani su 32 giocatori. Non possiamo andare avanti così, vogliamo capirlo che quando ci sono stati tanti stranieri nelle nostre squadre la Nazionale non ha mai avuto grandi risultati?».

3 Che impression­e le ha fatto il Milan?

«Siamo all’inizio, si vede che stanno ancora lavorando e che certi meccanismi devono essere messi a punto. Il successo sull’Udinese è meritato, però...».

3Dica pure: se lei fosse l’allenatore che discorso farebbe?

«Che dobbiamo essere più compatti. Se non sei compatto, stretto e corto, non vai da nessuna parte. Le distanze nel calcio moderno sono decisive. Il Milan non sempre è stato compatto, specie nel primo tempo e questo non aiuta in fase di pressing e di palleggio».

3Qualche leggerezza in fase difensiva, giusto?

«Le marcature, soprattutt­o in avvio, mi sono sembrate un po’

troppo blande. E le scalate non sempre venivano fatte con i tempi giusti. E’ su questo che dovrà lavorare Pioli per dare alla squadra un’anima sempre più europea. A tratti, comunque, ho visto belle trame, in velocità, con pochi tocchi. E il pubblico ha apprezzato perché questo Milan, quando va via con rapidità, sa entusiasma­re».

3Chi le è piaciuto di più?

«Non uno in particolar­e, ma la squadra in generale mi è sembrata sulla strada giusta. Diaz ha fatto buone cose, i due centrali difensivi hanno lavorato bene. Piuttosto mi è sembrato che l’Udinese abbia perso quella fisicità che l’ha sempre contraddis­tinta nelle ultime stagioni. Ma siamo all’inizio, c’è tempo per correggere gli errori in corsa. Anche Pioli ha qualcosa da sistemare, soprattutt­o deve chiedere ai suoi giocatori passaggi brevi, rasoterra, anche perché non ci sono grandi saltatori tranne Giroud. Comunque alcune azioni sono state proprio divertenti».

3Milan favorito, dunque? «Ha lo scudetto sulle maglie... Dico che se continuano su questa strada, con questo impegno e con questo spirito, possono regalare tante soddisfazi­oni».

3 Dopo un precampion­ato turbolento continua a balbettare l’Inter. Che sofferenza per vincere a Lecce.

«In vantaggio proprio all’inizio della partita, pensavo che continuass­ero ad attaccare e a mettere sotto l’avversario. Invece hanno abbassato i ritmi e hanno

consentito al Lecce di rimettersi in piedi. E se non ci fosse stato Dumfries, non so...».

Lukaku è partito alla grande.

3

«Non si vince con un solo giocatore. Anche il mio Angelo Colombo, che non era un fuoriclass­e, in quattro anni, ha vinto più trofei di Maradona... Il problema dell’Inter è che si deve giocare “di squadra”, bisogna essere più aggressivi e compatti, bisogna fare pressing sull’avversario e rubare in fretta il pallone».

3 Tutte cose che a Lecce si sono viste poco.

«Direi pochissimo. Già nel precampion­ato aveva mostrato quali potevano essere i problemi: tutti devono partecipar­e alla fase offensiva e a quella difensiva, sennò si va in inferiorit­à numerica e si consegna il comando delle operazioni agli avversari. Dico questo al di là del risultato: io guardo l’atteggiame­nto in campo. Contro il Lecce c’erano cinque difensori per tre attaccanti: squilibrio evidente. E poi a centrocamp­o non si riesce a costruire e a palleggiar­e».

3Rimedi?

«Siamo all’inizio della stagione, c’è tempo per le correzioni. Però bisogna capire gli errori e cercare di non ripeterli. Ma se si continua sulla solita strada... Altro aspetto da tenere in consideraz­ione è che l’Inter è una squadra molto muscolare e fa più fatica a entrare in forma. Diamole tempo prima di trarre giudizi definitivi».

TEMPO DI LETTURA 2’56”

Scalate non sempre nei tempi giusti: su questo deve lavorare Pioli

del Toro. E, soprattutt­o, l’infermabil­e Radonjic, che ci ha messo lo zampino al tramonto del primo round per il vantaggio di Miranchuk, che dopo il triangolo col serbo e Sanaria, è andato in buca con un delicato tocco d’esterno. Miglior debutto non poteva sognare.

Gioco a memoria Il russo, non ancora in condizione, è stato sostituito da Juric nell’intervallo. Al suo posto un altro deb in granata, Vlasic. Ma Juric sapevo che Miranchuk si sarebbe inserito subito nel suo gioco mandato a memoria. «Che problema c’è per lui, ha giocato due anni con Gasperini», che poi è il suo maestro. Stroppa invece è ancora ai lavori in corso, con una squadra piena di nuovi arrivi. Ci vorrà un po’ di tempo per giudicare la squadra. Che contro il Toro ha tentato una reazione anche coi cambi, forse troppi. Ranocchia l’avremmo lasciato in campo, per dire. Ma la squadra di Juric, solida e sempre velenosa nelle ripartenze con quel satanasso di Radonjic (Di Gregorio ha dovuto fare un altro paio di prodezze su di lui), ha rischiato poco e concesso tanti tiri da fuori, il più pericoloso di Birindelli jr., tale e quale al padre nel gioco (si farà) e solo un paio di incursioni in area. Alla fine il raddoppio è stato meritato, anche se è arrivato da una s virgolato in rinvio di Carboni appena entrato. Ricci, bravissimo in interdizio­ne e regia, ha pescato l’angolo lontano dove Sanabria si è esibito in una rovesciata capolavoro rischiando di sfracellar­si contro il palo.

Dentro i vecchi Con Mota e Gytkjaer, forse anche perché il Toro ha lasciato giocare di più, il Monza ha creato qualcosa e il gol di quest’ultimo è il premio alla perseveran­za. Il Toro non era il rivale più semplice da affrontare in un debutto, il Monza come deb non è dispiaciut­o, però l’impression­e è che sia già arrivato il momento di tirare le fila, di scegliere uno zoccolo duro e lavorarci. Stroppa ha tanti giocatori, diremmo troppi, e la Serie A non aspetta. La prima volta piena di emozioni e incognita va subito archiviata.

TEMPO DI LETTURA 3’28”

numerica e disegnare traiettori­e perfette per mettere i compagni davanti alla porta. Lo abbiamo visto eserno nel 4-3-3 ma anche rifinitore alle spalle di DV9 ed è così che potrebbe schierarlo Allegri domani sera, in un 4-4-1-1 che garantisce più certezze in una fase di emergenza, senza 7 uomini.

Fattore casa Vlahovic sa come sfruttare le attenzioni speciali di Di Maria nei suoi confronti, i numeri dicono che nell’ultima stagione tra Fiorentina e Juventus in ogni singola partita ha tirato nello specchio il doppio rispetto alla media degli attaccanti e ha una percentual­e realizzati­va del 26%, decisament­e maggiore della media ruolo (18%). Allo Stadium, tre mesi fa, Dusan ha fatto il suo ultimo centro, prima di dedicare l’estate a curarsi per liberarsi della pubalgia. L’aria di casa ha un effetto decisament­e benefico su di lui: nelle ultime due annate è stato il miglior marcatore in partite casalinghe di A (27 reti in 37 gare interne, di cui 4 in 8 con la Juventus). Quando Di Maria sbaciucchi­ava la Champions vinta col Real, 8 anni fa, Vlahovic era ancora nel settore giovanile del Partizan. Domani contro il Sassuolo per tutti e due inizierà un nuovo percorso. Insieme vogliono vincere, motivo per cui hanno scelto la Juventus.

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GETTY Scatto Brahim Diaz, 23 anni, fa festa con Messias
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Che ritorno Romelu Lukaku, 29, subito in gol a Lecce
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Stefano Pioli Allenatore del Milan dal 2019
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GETTY Bianconero da gennaio Dusan Vlahovic, 22 anni, è arrivato alla Juve dalla Fiorentina a gennaio

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