La Gazzetta dello Sport

DAI MESSAGGI ALLA PROPRIETÀ AL CORAGGIO NEI CAMBI È IL SIMONE BIS

Fermo sul mercato, duttile in campo: la squadra cerca ancora equilibrio ma il tecnico mostra un altro volto. Così vuole difendere il suo gruppo

- Di Filippo Conticello

i sono antichi difetti da correggere, certe cattive abitudini dell’anno passato sembrano rimaste e tanti nerazzurri sui social si chiedono che piacere ci sia mai a complicars­i sempre la vita. Eppure, nel cantiere aperto dell’Inter, si intravede una novità, che ha un alto valore simbolico e anche pratico: Simone Inzaghi non è più soltanto l’allenatore che ha dato bellezza al gioco (e aggiunto due trofei alla bacheca), ma pure qualcosa di più. Dalla panchina ha fatto un passettino avanti, quasi uno scatto emotivo. Le sue parole si sono improvvisa­mente fatte taglienti e non è un caso. Il coraggio, poi, lo noti anche in campo, quando dalla panchina azzarda un poker di punte per ribaltare il Lecce: era utopia anche solo pensarlo fino a tre mesi fa. Simone, però, non è diverso da ciò che era, semmai ha guadagnato un anno di interismo in curriculum: significa esperienza, ma pure audacia. Così può permetters­i di lanciare messaggi un filo scomodi per la proprietà: as esempio lui sul mercato “non scherza”, lo ha detto sabato dopo aver sofferto più del dovuto al Via del Mare. E ancora una volta occhio all’uso del verbo “dovere”: «La squadra deve” rimanere questa», ha ribadito. Può suonare perentorio, ma è il suo modo di difendere il piccolo esercito che ha costruito: dal suo punto di vista, le possibilit­à di acciuffare la seconda stella sfuggita sul più bello passano dalla necessità di la rosa immacolata (aggiungend­o pure un vice-Ranocchia), senza sorpresine di fine agosto. Tra l’altro, Inzaghi si era pure messo l’anima in pace, aveva digerito l’ipotetica cessione di Skriniar: si immaginava, però, di avere Bremer, bloccato da tempo dall’a.d. Beppe Marotta e dal d.s. Piero Ausilio prima della beffa juventina. Se la colonna più importante della difesa cedesse adesso, di colpo, e si spostasse a Parigi, sarebbe pressoché impossibil­e sostituire con qualcuno di pari valore. Le ambizioni di Inzaghi e dell’Inter verrebbero ridimensio­nate, eventualit­à alla quale Simone non vuole neanche pensare.

All’attacco Steven Zhang non era in Salento sabato sera a soffrire: lo ha fatto da casa, a Milano, e poi ha postato una emoticon sbuffante in una Instagram Story. Niente di più che un sospirone di sollievo social per i tre punti strappati con i denti (e con la pancia di Dumfries). Il fatto che l’allenatore abbia chiuso così nettamente la porta al mercato in uscita andrebbe di pari passo all’obiettivo di Suning di ottenere subito un surplus di 60 milioni sul mercato. Se e come si conciliera­nno questi due punti di vista lo si capirà nei prossimi 15 giorni , i più imprevedib­ili per definizion­e. In ogni caso, al momento tutmantene­re to tace dalla Francia e non è detto che sia un bene: qualora il Psg scegliesse furbescame­nte di fare più in là un’offerta per Milan Skriniar, in ogni caso inferiore ai 70 milioni richiesti, il dossier scivolereb­be subito sul tavolo di Steven. A lui la decisione ultima: prendere o lasciare, “scontentar­e” il tecnico o accontenta­rsi di fare cassa vendendo un big più in là, entro il 30 giugno 2023.

La svolta Il no all’uscita di Skriniar e diversi moduli: l’allenatore adesso ha ancora maggiore peso

Niente buonismo

A Simone in passato non è piaciuto un certo indugiare sul suo apparente buonismo. Lui non ha mai avuto un animo mite da “boy scout”, almeno nel senso più superficia­le

del termine (certi scout in piena natura combattono quanto Barella...). Nella realtà, il tecnico ha sempre alzato la voce con fermezza quando serviva: la novità semmai è che ora lo fa pure in pubblico. Questo nuovo Simone insegue la sua missione, ma non va certo letto in contrappos­izione a dirigenti e proprietà: con loro il filo è sempre ben teso, anzi tanta determinaz­ione piace a chi di dovere. Ed è piaciuto anche il modo in cui a Lecce Simone ha corretto una squadra scarica, imballata e pure un po’ presuntuos­a con cambi audaci: ha rovesciato chili e centimetri in attacco, tutti insieme, un po’ come faceva in certe occasioni un illustre predecesso­re come Mourinho. Il dividendo è stato pagato da angolo, come spesso accadeva a José.

Duttilità Lo scorso anno, neanche nelle rimonte più improvvisa­te, si erano viste sostituzio­ni tanto offensive: la squadra giocava comunque un ottimo calcio, ma in panchina non c’erano soluzioni per azzardare come a Lecce. Insomma, il Simone 2.0 è nato in campo anche perché adesso c’è Dzeko come primo cambio e non come attaccante titolare. E perché la qualità delle alternativ­e in mezzo è salita di molto: dal tuttofare Mkhitaryan al gioiellino Asllani, che non ha ancora esordito. Per questo, almeno in parte, sabato è finalmente caduto il dogma del 3-5-2: l’Inter ha mostrato più facce, diversi moduli. Il tentativo di rimonta è stato nutrito da nuovi sistemi sperimenta­li studiati alla Pinetina: c’era metodo e non solo improvvisa­zione quando Inzaghi è passato a un centrocamp­o a 4 col tridentone davanti. Perfino quando alla fine ha tentato un estremo 42-4. Il nuovo Simone non scherza nemmeno per duttilità.

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 ?? ?? L’esultanza sfrenata dell’Inter dopo il gol partita di Dumfries a Lecce: partecipan­o tutti, dai giocatori in campo a quelli in panchina, fino allo staff tecnico, con Simone Inzaghi (nel tondo) in mezzo al mucchio
L’esultanza sfrenata dell’Inter dopo il gol partita di Dumfries a Lecce: partecipan­o tutti, dai giocatori in campo a quelli in panchina, fino allo staff tecnico, con Simone Inzaghi (nel tondo) in mezzo al mucchio

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