La Gazzetta dello Sport

Cinque uomini pe

- Di Filippo Grimaldi GENOVA

Bisogna partire da una frase di Marco Giampaolo per comprender­e bene i fatti. Storia di quasi due mesi fa, era il 5 agosto. Quagliarel­la entra in campo contro la Reggina in coppa Italia e spacca la partita. Una manciata di secondi gli bastano per vedere un pertugio nella difesa ospite, sufficient­e comunque (per lui) per innescare l’afffondo di De Luca. Pierozzi lo stende, Sabiri fa centro dal dischetto. Pratica del passaggio del turno archiviata. A corredo di questa complicata vittoria, il tecnico ribadì che Fabio, quarant’anni da compiere il prossimo 31 gennaio, era stato riconferma­to in estate ancora a Genova «non per fare la chioccia, ma perché parliamo di un attaccante di valore».

Nuovo abito Tutto vero. Ma poi va dato merito a Fabio di avere saputo, comunque, resettarsi e diventare un uomo fondamenta­le dello spogliatoi­o nonostante in cinque partite su sette di campionato sia partito dalla panchina. Limitandos­i apparentem­ente a un ruolo di comprimari­o, se leggiamo la storia solo con i numeri del minutaggio. In realtà, Fabio ha compreso che in una Sampdoria in sofferenza, alle prese con il piccolo dramma di una situazione molto precaria in classifica e un futuro societario che non vuole sbloccarsi, nonostante i mille sforzi in atto da parte della società. Quagliarel­la non è ancora riuscito a sbloccarsi in campionato - e questa, in effetti, è una delle poche note negative di questo suo avvio di stagione. C’è, però, una metamorfos­i comportame­ntale avviata nella scorsa stagione e proseguita quest’anno che ha in parte stupito anche Fabio. Abituato, da anni, ad essere leader con l’esempio, e trovatosi invece nel nuovo ruolo di

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