Cinque uomini pe
Bisogna partire da una frase di Marco Giampaolo per comprendere bene i fatti. Storia di quasi due mesi fa, era il 5 agosto. Quagliarella entra in campo contro la Reggina in coppa Italia e spacca la partita. Una manciata di secondi gli bastano per vedere un pertugio nella difesa ospite, sufficiente comunque (per lui) per innescare l’afffondo di De Luca. Pierozzi lo stende, Sabiri fa centro dal dischetto. Pratica del passaggio del turno archiviata. A corredo di questa complicata vittoria, il tecnico ribadì che Fabio, quarant’anni da compiere il prossimo 31 gennaio, era stato riconfermato in estate ancora a Genova «non per fare la chioccia, ma perché parliamo di un attaccante di valore».
Nuovo abito Tutto vero. Ma poi va dato merito a Fabio di avere saputo, comunque, resettarsi e diventare un uomo fondamentale dello spogliatoio nonostante in cinque partite su sette di campionato sia partito dalla panchina. Limitandosi apparentemente a un ruolo di comprimario, se leggiamo la storia solo con i numeri del minutaggio. In realtà, Fabio ha compreso che in una Sampdoria in sofferenza, alle prese con il piccolo dramma di una situazione molto precaria in classifica e un futuro societario che non vuole sbloccarsi, nonostante i mille sforzi in atto da parte della società. Quagliarella non è ancora riuscito a sbloccarsi in campionato - e questa, in effetti, è una delle poche note negative di questo suo avvio di stagione. C’è, però, una metamorfosi comportamentale avviata nella scorsa stagione e proseguita quest’anno che ha in parte stupito anche Fabio. Abituato, da anni, ad essere leader con l’esempio, e trovatosi invece nel nuovo ruolo di