La Gazzetta dello Sport

Lacrime divine

A Londra l’emozione dell’addio e lo sguardo al futuro: «Non sono triste e questa non è la fine» SALUTA «E ORA DIVENTO AMBASCIATO­RE DEL TENNIS»

- INVIATA A LONDRA © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

stata una notte storica. Di sport e di cuore. Di lacrime e sorrisi per un presente che in un momento diventa passato. Roger Federer è un ex. L’ultima palla della sua carriera è caduta a mezzanotte e mezza di ieri sul meridiano di Greenwich, dove sorge la O2 Arena, costruita nel 2000 per festeggiar­e l’entrata nel nuovo millennio, quello che ha visto nascere Aliassime, Sinner, Alcaraz. Il futuro. Roger Federer piange, singhiozza, fa estrarre i fazzoletti anche a Bill Gates che sta in tribuna, ospite d’onore di uno spettacolo indimentic­abile.

La mano di Rafa Il più bravo che singhiozza, piegato in due, sopraffatt­o dall’emozione dopo la partita con l’amico Rafa, rivale di una vita, che lo tiene per mano. Questa è stata una delle sue vittorie più importanti: «Siamo sempre stati molto legati, soprattutt­o negli ultimi dieci anni. Sono felice di poter chiamare Rafa e parlare di qualsiasi cosa, spero che anche lui si senta allo stesso modo, anche se non lo facciamo spesso. Abbiamo apprezzato molto la compagnia l’uno dell’altro, abbiamo molto da ricordare, ma ci siamo anche divertiti. Ogni serata che trascorria­mo insieme troviamo un milione di argomenti da trattare e il tempo non è mai abbastanza». Anche la famiglia Rafa ha voluto essere vicina a Roger in questo momento: «Il fatto che sentiamo l’appoggio delle nostre famiglie penso dimostri quanto sia forte il nostro legame e poi ora diventerà padre anche lui, potrò dargli qualche consiglio. Intanto lo avviso che non sarà per niente facile!». Coach di pannolini e primi passi, ma anche progetti in comune, forse una serie di esibizioni, come quella record in Sudafrica per la fondazione dello svizzero. Un modo per tenere uniti i suoi mondi Rafa, il tennis, la gente.

Il futuro Dopo la pioggia di lacrime arriva il sereno, alle due di notte quando si presenta per l’ultima volta alla stampa, sempre insieme a Rafa: «Non sono triste, le mie erano lacrime di emozione e gratitudin­e. Per la carriera che ho avuto, per la famiglia che ho, per la vita che continua. Perché sono sano, va tutto bene e questa non è la fine». I progetti per il futuro sono tanti, forse troppi ed è prematuro elencarli, ma già anticipa qualcosa. Sarà un ambasciato­re dello sport, andrà in giro per il mondo predicando tennis: «Quello che ho sempre amato della mia profession­e è stato trasmetter­e la mia passione per lo sport ai tifosi. Non ho piani di alcun tipo su dove, come o quando. Tutto quello che so è che mi piacerebbe giocare in posti dove non l’ho mai fatto prima, per incontrare le persone che mi hanno supportato per così tanto tempo. In molti avrebbero voluto essere a Londra, ma i biglietti sono finiti in fretta e presto penso avremo un’altra occasione per festeggiar­e tutti insieme».

Subito in campo Ieri mattina, a differenza di Rafa che ha lasciato Londra dopo i saluti, Roger si è presentato in campo con il resto della squadra, sedendosi accanto a Matteo Berrettini e dandogli consigli utili: «Metti più peso sul dritto, usa di più il rovescio lungolinea». Ma un futuro da coach al momento non fa parte dei programmi del Magnifico. Ma la squadra, il gruppo, la gente sono il suo chiodo fisso. Come se dopo una vita ad affrontare il mondo da solo con la sua racchette avesse bisogno di un abbraccio collettivo. Che è arrivato anche da Novak Djokovic, commosso come tutti gli altri a sentire le parole di Roger: «Avevo bisogno di tutto questo, avevo paura di essere solo in un momento così difficile». Impossibil­e, c’era Rafa compagno sul campo e c’era Mirka, moglie, madre e consiglier­a, che lo coccola come un bambino. A lei il pensiero più commosso: «Avrebbe potuto dirmi di smettere tanti anni fa e invece mi ha permesso di continuare. Anche per questo le sarò sempre riconoscen­te». Anche noi.

di Federica Cocchi

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