Bonitta «È UN’ITALIA FORTE E SA DI ESSERLO L’ORO MONDIALE OBIETTIVO LOGICO»
Il c.t. dell’unico trionfo iridato azzurro, nel 2002: «Un gruppo che viene da lontano come il mio C’è chi gioca insieme dalle giovanili»
Marco Bonitta
59 anni, di Ravenna dove ha cominciato ad allenare nelle giovanili maschili, poi è passato al femminile sempre a Ravenna e poi Bergamo.
In Nazionale
È diventato allenatore dell’Italia la prima volta nel 2001 ed ha portato l’Italia alla vittoria Mondiale nel 2002. Con lui anche due argenti Europei fino al 2006. È tornato alla guida dell’Italia nel 2014. Ora allena la Slovenia
di I
l 15 settembre 2002 a Berlino l’Italia vince il suo primo Mondiale femminile: sorprende tutti battendo in finale gli Stati Uniti. Sulla panchina di quella squadra c’era Marco Bonitta, primo allenatore italiano a vincere l’oro. E protagonista di varie stagioni della pallavolo italiana. Bonitta, oggi guida la Slovenia che ha appena qualificato per l’Europeo 2023, come vede questa Italia?
«La vedo benissimo. Sembra di volergliela tirare alla squadra di Davide Mazzanti, ma è una squadra che ha tantissimo talento, tantissima forza fisica e, benché giovane, con grandissima esperienza. Ha vinto l’ultimo Europeo e l’ultima Nations League. Ha un lungo percorso assieme che arriva, in alcuni casi, addirittura dalle giovanili».
Ma non è tutto, vero?
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«In più ha grandissima consapevolezza. La nostra vittoria fu creata durante il Mondiale. Questa squadra invece parte per vincere. E secondo me ha quella dose di tutte le qualità che servono. Non può non pensare di andare a farlo. Credo che lo sappiano anche loro, lo vedo dalle dichiarazioni».
3Tutto
il peso di un pronostico favorevole non può avere un contraccolpo negativo sulla squadra in un Mondiale così lungo e con tante avversarie?
«Secondo me non è un peso. Io credo che la consapevolezza sia una bellissima cosa. E’ chiaro che c’è un pensiero che dice “e se non vinco dopo questi pronostici cosa succede?” Ma è maggiore l’influenza positiva di questa consapevolezza. “Sono il più forte e lo voglio dimostrare”. E in squadra c’è gente che ha “talento morale”.
Il mio era un gruppo granitico con un capitano vero come Leggeri
Ci sono ragazze come Paola Egonu che sanno di essere molto forti o le più forti. Non è spacconeria, è realtà. Considerando anche che questa squadra ha subito anche qualche batosta, quindi sa cosa sta vivendo. E quelle sconfitte poi ti servono».
3 Trova delle analogie o delle similitudini fra questa Italia e quella del 2002?
«Sì entrambi sono gruppi che vengono da lontano. Molte ragazze di generazioni simili, come era accaduto per il gruppo del 2002. Con una diagonale, Orro-Egonu, che gioca assieme dalle giovanili, come era successo all’epoca con Togut e Lo Bianco».
3Lei
è stato testimone in panchina anche del cambio generazionale che ha contribuito a generare questa squadra. Visto che è stato lei ha lanciare Orro ed Egonu in seniores a 16 anni…
«Dal 2014 è partito un cambiamento. Fino a quel momento era stata protagonista la generazione d’oro nel 2002. Lo Bianco, Togut, Piccinini, Del Core e tante altre. Fra il 2014 e il 2016 inizia il cambiamento. Quella squadra che poi si qualificò per Rio. I risultati ai Giochi furono negativi, ma in quell’Olimpiade erano titolari 4 delle giocatrici di oggi. Nella generazione del 2002 il ricambio generazionale me lo ero già trovato già fatto, con questo gruppo è stato diverso».
Egonu conscia di essere la migliore. Non è spacconeria ma solo la realtà
3 Come si ricorda quel Mondiale di 20 anni fa?
«Come se fosse ieri. Mi ricordo quasi tutto, particolari che mi sono rimasti impressi. Cose che riaffiorano. Non si è cancellato quasi nulla».
3Una vittoria che per la pallavolo è stata epocale. Per lei?
«In quel momento non mi sono quasi reso conto di cosa volesse dire vincere il Mondiale. Il nostro obiettivo era quello di vincere una medaglia. Ce lo stavamo dicendo quasi ogni giorno. Per me era stato il coronamento di un percorso cominciato nel 1996-97 quando ero passato al femminile. Era anche la conferma che potevo guidare una squadra di altissimo livello a una vittoria prestigiosa. E se a Bergamo avevo gestito un gruppo di giocatrici fortissime Kirillova, le cubane, le migliori azzurre. Con quell’Italia si era costruito un progetto. E in questo percorso avevamo vinto, l’anno prima, un argento Euro- peo alle spalle della Russia. Ci aveva dato la consapevolezza».
3Quale era la forza di quella squadra.
«Era poter gridare a se stesse e a tutto il mondo, che anche le ragazze, non solo i maschietti italiani, potevano essere nell’elite mondiale. Era la dimostrazione che anche al femminile il volley era uno sport vincente, non solo degno di nota per questione estetiche. La voglia di affermazione che aveva quel gruppo fu determinante. Un gruppo granitico, un capitano vero (Manu Leggeri, ndr) che aveva un po’ di esperienza in più. E poi c’era un bel gruppo anche nello staff».