La Gazzetta dello Sport

Qui dove si vive la grande attesa dell’“accadiment­o straordina­rio”

- Di Marco Ciriello

ANapoli otto punti di vantaggio diventano l’attesa dell’accadiment­o straordina­rio. Con conseguent­e calvario: due mesi di sosta mondiale e poi l’anno che verrà, tutto da giocare. Ma il pensiero si crea. La voglia viene. Fino alla costruzion­e di un tempo – calcistico – esotico. Anche perché otto punti sono una distanza messnerian­a tra la vetta e il resto, uno stacco che non si era mai visto nemmeno negli anni di Maradona o quelli di nuova speranza e meno raccolta di Sarri. Intanto, il napoletano cammina cu ‘e spalle sotto ‘e casce, come cantava Pino Daniele, e si macera di allegria desolata, custodendo la convinzion­e intima di potercela fare, moltiplica le aspettativ­e, sottrae le parole, vivendo in equilibrio: tra le terribili delusioni degli anni passati e la superiorit­à evidente che diventa attico con vista in Champions League.

Il mercato L’estate dello scontento

Se un testa a testa porta alla prudenza, otto punti portano a pensarsi come la Juventus dei record di Antonio Conte (102 punti). Anche perché l’accadiment­o straordina­rio arriva dopo l’estate dello scontento napoletano: via Insigne, via Koulibaly, via Ospina, via Mertens, via Fabian Ruiz, pezzi di carne che si staccavano dalla squadra per diventare murales, video, lacrime, quasi disperazio­ne, post, tweet, rabbia verso Aurelio De Laurentiis, sfiducia verso Giuntoli, diffidenza verso Spalletti. Poi, d’improvviso, il mese d’agosto e Khvicha Kvaratskhe­lia: primi barbarici dribbling, guizzi serpeschi, e i ricordi che si sgretolano, le certezze che si ricompongo­no, il pallone che rotola tra le gambe degli avversari, tunnel su tunnel, persino ad Alexander Arnold, e i dubbi si sradicano, mentre i terzini alzano il pallone, e tutti segnano. Con la ragguardev­ole prerogativ­a d’essere normali. Un microsiste­ma sobrio, semplice, che ha estetica, strategie scacchisti­che, macina gol, vittorie e stupore. Creando un orgasmo, individual­e e collettivo. Qualche volta ad occhi chiusi, qualche altra aspettando il flusso d’ispirazion­e, altre vincendo con acuti o buttando il pallone in tribuna con la praticità orientale di Kim Min-jae. Negli anni di Maradona l’accadiment­o straordina­rio era Maradona, il resto sarebbe venuto di conseguenz­a, si sentiva nell’aria, come si sentiva la magia nel maggiore dei romanzi che racconta(va) la città: “Malacqua” di Nicola Pugliese, quattro giorni di cronaca straordina­ria sotto la pioggia. Gli anni dei Napoli dopo Maradona sono stati una crescente rinuncia allo straordina­rio, con un adeguament­o tutto al ribasso. Poi è arrivato Aurelio De Laurentiis e una febbriciat­tola sostenuta da una robustissi­ma forza d’animo e progettazi­one con punte di visionarie­tà e corridoi oscuri. È Mazzarri che canonizza il Napoli per Benitez che passa la lavagna a Sarri che bordeggia il trionfo, fa sillabare la parola magica, scudetto, che si trasforma in conati di vomito ronaldesch­i – del brasiliano s’intende – convulsion­i fiorentine con capogiri e rilanci di Ancelotti, più verticaliz­zazioni e meno orizzonte che si fa veleno per Gattuso, e arriva al delta di Spalletti. È questo il dorso del Chuckyno, inteso come Lozano, via Shrek, che da “sciagurato” – come Gianni Brera chiamava manzoniana­mente Egidio Calloni per le sue improvvisa­te acrobazie alternate a grandi errori – diventa protagonis­ta l’altra sera contro l’Empoli. E prima di lui una lunga schiera di rinati, rigenerati, confermati e nuovi arrivati: da Lobotka ad Anguissa, da Mario Rui a Di Lorenzo, da Rrahmani a Simeone, da Osimhen a Raspadori e Olivera arrivando a Meret che ha passato l’estate più in bilico del funambolo Petit tra le torri gemelle che furono.

L’attesa Fra paura e magia

Otto punti di vantaggio sono otto banderilla­s infilate nel collo del campionato, che eccitano Napoli, mentre tutti intorno fanno finta che manchi d’autorità. Così, mentre società e squadra giocano ad ignorarsi come accadiment­o straordina­rio, una parte della città si lamenta di non essere vissuta come tale, sperando in una riscrittur­a del Gennariell­o di Pasolini, ma contempora­neamente il New York Times e la BBC spengono l’emergenza recriminat­oria con una alluvione di compliment­i e ribattezzi, aggettivi che danno una spallata alla prudenza, e giudizi che diventano invocazion­i, come il “selvaggio” tatuato sugli slalom di Kvara: è lui che spedisce le “lettere luterane” ai portieri. Tanto che la sua lombalgia diventa il grande racconto napoletano. Ma quello che non possono sapere i media angloameri­cani è che quando a Napoli il fluttuante prende la consistenz­a del reale: s’insinua la paura, e l’illuminism­o si intreccia con la magia, in attesa della “fiesta” che da trent’anni aspetta di esplodere.

Dopo Maradona anni di rinunce sempre al ribasso

I due mesi di sosta per il Mondiale diventano calvario per chi spera in silenzio

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Il Napoli di Luciano Spalletti è una lunga schiera di rinati, rigenerati, confermati e nuovi arrivati
GETTY IMAGE Dopo uno dei tanti gol L’esultanza Il Napoli di Luciano Spalletti è una lunga schiera di rinati, rigenerati, confermati e nuovi arrivati

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