Sulle strade serve prudenza Le strategie vengono dopo
Non si può morire così, non si può morire così soprattutto quando non si è ancora visto l’arcobaleno dei vent’anni. Eppure accade, e lo dico con estremo dolore, accade tutti i giorni sulle nostre strade. Ragazzi che hanno appena compiuto 18 anni, altri che non sono ancora arrivati ai 10, spazzati via, chi da un autobus, chi da un tram, chi da un altro mezzo che occupa la strada. Eppure ogni giorno tutto questo avviene sulle nostre strade, e noi a compiangere chi ci ha lasciati, a fare commenti sulla sua età, a immaginare quello che avrebbe potuto essere e non è stato. E riparliamo ancora una volta di sicurezza, recuperiamo gli antichi e abusati ritornelli su come ci si deve comportare sulla strada, sia che si reciti la parte del pedone, del ciclista, o di colui che guida un’auto piuttosto che un autobus o un tram.
La cronaca di questi giorni è davvero di quelle che strappano il cuore. Anche perché le notizie arrivano da ogni parte d’Italia. Dalle grandi città come Milano ai
piccoli centri come Cesena dove la bicicletta è ancora oggi uno dei mezzi più usati per brevi spostamenti. E siamo qua, a inventarci frasi di circostanza, a piangere vite spezzate. Tutto questo è
inutile, inutile recuperare frasi che sono vecchie e che non risolvono il problema. In tema di sicurezza possiamo dire tante belle parole ma forse usandone una, una soltanto, si può sintetizzare il tutto: prudenza! Quello che conta è la prudenza, che vuol dire difendere se stessi e rispettare gli altri.
Nessuno è padrone della strada, perché è un bene di tutti e se vogliamo che sia davvero di tutti dobbiamo prestare la massima attenzione cominciando dalla nostra prudenza. E quando parlo di prudenza lo dico rivolgendomi a tutti. Dai pedoni, ai ciclisti, ai motociclisti, agli automobilisti, ai conduttori di mezzi pubblici.
Alcuni incidenti mortali derivano da autentiche fatalità ma nella maggior parte dei casi l’incidente avviene per l’imprudenza di qualcuno. Poi possiamo parlare delle disattenzioni, di chi scrive messaggi, manda mail nonostante stia guidando. E poi del problema alcol, della velocità eccessiva.
Alcuni esempi di città straniere ci dicono che il limite dei 30 orari nei centri storici ha portato vantaggi, altri continuano a parlare di piste ciclabili più protette, alcuni ritengono sia fondamentale inasprire le pene per chi causa incidenti. Sono anni che parliamo di questa guerra che, in Italia, porta via quasi 3000 anime all’anno e sono anni che le uniche cose che facciamo sono piangere chi non c’è più e dire quel che bisognerebbe fare.
Certe cose noi non possiamo farle, come le leggi scritte ad hoc, ma tutti noi siamo in grado di apportare un piccolo, grande contributo. Insegnare la prudenza, di conseguenza il rispetto altrui. Poi possiamo affrontare altri argomenti, studiare nuove strategie di sicurezza, ma ci vuole un punto di partenza. A seguire si può chiedere una campagna televisiva, si può andare nelle scuole, ma sempre per insegnare la prima regola base: la prudenza. È da lì partiamo.