La Gazzetta dello Sport

Adesso c’è anche la Juve

- di Sebastiano Vernazza INVIATO A VERONA

Quinta vittoria consecutiv­a in campionato senza subire reti. La Juve di Allegri è tornata alla sua maniera. Vincere senza entusiasma­re, almeno ieri a Verona è andata così. Vincere l’unica cosa che conta, come da motto della casa. Così la Juve ha scavalcato Roma, Atalanta e Inter in un colpo solo e si è issata al quarto posto in solitudine. Una Juve di nuovo da Champions, i risultati dicono questo, ma il gioco non è in linea con l’innegabile risalita di classifica, e del resto nella Champions League in corso la Juventus ha figurato come comparsa. Quel che in Serie A funziona nell’Europa che conta non basta. Al Bentegodi per far soffrire la Juve è bastato un Verona B, imbottito di riserve per scelta del suo allenatore Salvatore Bocchetti, forse per turnover in vista del prossimo decisivo scontro salvezza contro lo Spezia. Il Verona ha incassato la nona sconfitta di fila, non fa punti da oltre due mesi e oggi è dura immaginare che possa salvarsi, sebbene la squadra abbia un’identità e un gioco riconoscib­ili. Fischi e insulti all’arbitro Di Bello dei tifosi gialloblù perché l’Hellas ha reclamato due rigori, per un mani di Danilo e per un fallo di Bonucci su Verdi. Quest’ultimo Di Bello l’aveva concesso in prima battuta e poi si è corretto al video, dove è stato chiamato dal varista Guida. I notai moviolisti assicurano che a stretto giro di commi e cavilli né l’uno né l’altro erano rigori e ne prendiamo atto.

Aggressivi­tà Hellas Se la Juve sprigionas­se l’intensità del Verona, non ci sarebbe partita, questo veniva da pensare via via che la partita si addentrava nei meandri del primo tempo. La Juve però mostrava una vivacità moderata e l’Hellas la imbrigliav­a con le aggression­i uomo contro uomo, com’è nello stile di Bocchetti, che ha studiato all’accademia di Gasperini e che in Veneto ha ereditato una squadra forgiata tempo fa da Juric. La Juve non è neppure riuscita a sfruttare i vuoti che si creavano alle spalle dei difensori gialloblù, quando uno di loro saliva per mordere l’avversario diretto, per esempio Dawidowicz a uscire su Kean o Hien in avanscoper­ta su Milik. Non c’era un piano A e neppure un piano B, la Juve palleggiav­a per lo più in orizzontal­e e rischiava grosso nel momento in cui perdeva il possesso. È successo in modo appariscen­te poco oltre il quarto d’ora, quando il Verona si è disteso nella ripartenza più bella della prima frazione. Kallon ha scavallato sulla sinistra e ha messo in mezzo per Lasagna, torreggian­te a favore di Djuric nel cuore dell’area, davanti a Perin. Salvifico l’intervento in scivolata di Danilo a evitare un gol quasi fatto. Nei 45 minuti iniziali dei bianconeri si so

A due volti

Nel primo tempo grande aggressivi­tà dei veneti, nella ripresa la Signora sa essere cinica

I rischi

Anche senza molti titolari i gialloblù sono pericolosi con Djuric e Dawidowicz

no visti i limiti della Juve e di buona parte della Serie A: l’andamento lento, il traccheggi­are in basso, la corsa blanda e senza picchi di velocità. Locatelli ha invitato i compagni alla profondità per un paio di volte, ma non ha trovato risposte adeguate. Bonucci e/o Danilo aiutavano in costruzion­e, nel tentativo di creare una superiorit­à quantomeno numerica in mezzo. Fagioli avanzava a caccia della mattonella giusta da cui liberare il tiro o l’assist geniale. Tentativi infruttuos­i. A credito della Juve soltanto un tiro dal limite di Locatelli, deviato in tuffo da Montipò. Tutto molto noioso, visto dalla parte della Juve, e all’opposto tutto molto intrigante, se osservato dalla prospettiv­a del Verona B.

All’intervallo un unico dubbio: sarebbe riuscito l’Hellas a mantenere alto il tasso di combattivi­tà?

Cinismo Juve Bene o male l’Hellas nella ripresa ha retto il ritmo del primo tempo, è stato continuo nel mordere. È cambiata però la Juve, gli “allegriani” si sono scrollati di dosso il torpore, hanno mostrato più gamba e hanno smesso di palleggiar­e in orizzontal­e. Fin da subito si è capito che la Juve avrebbe sfruttato di più e meglio certe “scoperture” del Verona. Il rovesciame­nto della prassi, come certificat­o dai baricentri: alto quello del Verona a 54,7 metri e basso quella della Juve a 48,3 metri. L’enorme divario di classifica tra le due formazioni suggeriva un Verona difendente e ripartente, nella realtà è accaduto il contrario. Juve cinica e pronta a filare via in verticale, alla prima occasione buona. Che si è palesata intorno all’ora di gioco: Milik a centrocamp­o per Rabiot sulla trequarti e palla a servire Kean, bravo nel “tagliare” da destra al centro e mandare così fuori asse la difesa dell’Hellas, specie Dawidowicz, sfortunato oltre che raggirato, perché la sua deviazione ha condannato Montipò a un maldestro e non riuscito tentativo di parata. Zero a uno, girandola di cambi e sceneggiat­ura rafforzata: Verona sempre più all’attacco e Juve sempre più rinchiusa. Fa effetto scriverlo, ma è andata così. In coda Alex Sandro si è fatto espellere per placcaggio di Lasagna lanciato a rete, Verdi non ha capitalizz­ato la relativa punizione. Il Verona aveva già goduto delle occasioni migliori con Dawidowicz, un difensore, e non le aveva sfruttate. Un pareggio alla fine sarebbe stato più equo, però di questa Juve efficace tocca prendere atto. Non sappiamo fino a che punto, nel senso che il Napoli, per qualità e varietà di gioco e per individual­ità, sembra appartener­e a un’altra galassia. Oggi ci sembra lunare pronostica­re una Juve in area scudetto, fra qualche mese conoscerem­o la verità.

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 ?? GETTY ?? Creativo Angel Di Maria, 34 anni, alla sesta partita in Serie A
GETTY Creativo Angel Di Maria, 34 anni, alla sesta partita in Serie A
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AFP L’esultanza al Bentegodi Moise Kean, 22 anni, festeggiat­o da Nicola Fagioli e Filip Kostic. Per l’attaccante è il secondo centro dopo quello con l’Empoli

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