La Gazzetta dello Sport

NEMANJA È CRESCIUTO DALLE RAGAZZATE ALLA CREATIVITÀ CHE ACCENDE IL TORO

Il serbo torna a Roma dove arrivò a 17 anni «Quel bambino non c’è più, sono un uomo»

- Di Mario Pagliara INVIATO A TORINO

itrovarsi a Roma, otto anni dopo quella prima volta. In mezzo, c’è un mondo — il suo mondo — che è tutto cambiato, rovesciato, capovolto e nel quale ha trovato la forza e la maturità per mettere ordine. C’è da scommetter­ci che Radonjic ieri, quando ha messo piede nella Capitale, avrà pensato a Trigoria, alle fughe giovanili, all’amico Ljajic dell’epoca con il quale si accompagna­va per la città, alle gioie e ai colpi di testa di quei diciassett­e anni. «Oggi ho un’altra testa, sono un uomo. Quel bambino non c’è più», ha raccontato alla Gazzetta, accompagna­ndo alle parole il sorriso e la calma. Ma pure la consapevol­ezza di chi sa che questo è il suo momento. Ha voltato pagina, Nemanja, ma non ha perso due cose: la fantasia e un infinito talento.

L’artista del Toro Otto anni dopo, è un’altra storia: Radonjic è l’artista consapevol­e e disciplina­to di un Toro che è scivolato verso la Capitale nel suo miglior momento della stagione: 4 vittorie nelle ultime 5 (Coppa Italia compresa) fanno pensare che, per Juric, sarà un peccato nel pomeriggio salutare il 2022. Nei suoi abiti larghissim­i e di tendenza, il Radonjic di oggi si è trasformat­o in un calciatore maturo. A Torino ha trovato quella dimensione che gli era sempre mancata, tra Roma e Marsiglia, Berlino e Lisbona. «Avevo bisogno di sentirmi importante, qui c’è quello di cui avevo bisogno», raccontava. Oltre alla disciplina c’è molto di più. In granata ha beneficiat­o di Juric e del suo metodo, di pensiero e di allenament­o, che lo sta aiutando a decollare. Nello spogliatoi­o ha trovato gli amici serbi Lukic e Milinkovic

Savic che lo hanno fatto sentire a casa. Il resto lo ha aggiunto lui: lavoro e fantasia, pure la disciplina e immancabil­i i colpi da genio. Perché, come dice spesso Juric, «lui è il fantasista. Meglio dargli poche consegne e tanta libertà». Insieme a Vlasic e a Miranchuk compone il trio d’oro dei fantasisti granata. Ha segnato 4 gol, 2 in Coppa: tutti belli e difficili, tutti «alla Rado» (come lo chiamano nel gruppo). L’ultimo 4 giorni fa: una discesa libera con guizzo finale alla Sampdoria.

Birichino a chi? Gli è rimasto quel talento scoperto nel 2014, in Serbia, dall’allora direttore gialloross­o, Walter Sabatini. Che di lui ha detto: «È un giocatore fantastico, nel passato ha solo avuto una testa un po’ birichina che lo ha frenato». Oggi i freni li ha rimossi. Perché se la testa è cambiata, il talento non è stato scalfito. A Trigoria vi è entrato due volte: la prima nel 2014, poi l’anno dopo, sempre in Primavera. Un giorno lo adocchiò Rudi Garcia e se lo portò con sé a Marsiglia, dove è cominciata un’altra vita. Degli anni romani, Rado ricorda anche le virgole. Anche per questo, il pomeriggio dell’Olimpico gli servirà a chiudere un cerchio. Per archiviare un conto lasciato in sospeso, e scrivere un nuovo pezzetto della sua vita granata. Così bella che gli è valsa il biglietto per il Mondiale appena speditogli dalla Serbia. Sì, questo è proprio un altro Radonjic.

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