E POI DO ME NI CA Pafundi e i 24 convocati di San Casciano dei Bagni Gasp e Sarri, quei due trapianti con crisi di rigetto
Sono 24, più o meno come i giocatori di una rosa al Mondiale. Ventiquattro bellissime statue di bronzo, in perfetto stato di conservazione, tornate alla luce dopo 2.300 anni dalle vasche sacre di un santuario etrusco-romano di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena. L’acqua calda e il fango le hanno protette e accompagnate attraverso i secoli. Risalgono a un periodo compreso tra il I secolo a.C. e il II d.C., cioè all’epoca della nostra ultima partecipazione a un Mondiale di calcio. Per lo meno, la distanza percepita è questa. Nei giorni in cui le varie nazionali rendono note le rose dei giocatori che parteciperanno alla competizione in Qatar, sono spuntati fuori i nostri convocati di bronzo che giocano in ruoli diversi: divinità, imperatori, matrone, fanciulli… In Toscana, la regione di Coverciano. In fondo, al nostro c.t., Roberto Mancini, è richiesta un’operazione archeologica del genere: tirare fuori la bellezza dal fango, ricostruire una Nazionale affascinante dalle macerie di due eliminazioni mondiali. Una volta c’è già riuscito. Anche l’Italia che ha trionfato all’Europeo del 2021 è riemersa dal tempo, non vinceva la rassegna continentale dal 1968, e, soprattutto, è stata ammirata da tutti per la sua bellezza, più che per la sua forza. Una bellezza sorprendente, inattesa, come quella delle statue di San Casciano, perché pescata dalla nostra antica tradizione di contropiedisti e trasformata in palleggio da dominatori. Sarà triste, la sera del 20 novembre, tra una settimana, assistere all’amichevole Austria-Italia, nel giorno dell’apertura ufficiale del Mondiale con QatarEcuador. Sgambetteremo con Arnautovic, che ci spaventò a Euro ’21, ignorati dal resto del mondo che guarderà altrove. Ma gli scavi per ritrovare qualcosa di bello e vincente passano anche da Vienna. L’archeologo Mancini è alla ricerca della ventina di statue da esporre al prossimo Mondiale. Ha chiamato tanti giovani, anche il sedicenne Simone Pafundi, nato nel 2006, l’anno del nostro ultimo titolo mondiale. L’anello di congiunzione tra il passato glorioso e il futuro che sogniamo. Con Pafundi per tornare caput mundi.
Rodimenti di fegato Ha vissuto per 100 anni, 10 mesi e un giorno. Per sua volontà, la donna, che rimane anonima, ha donato il fegato, espiantato all’ospedale San Giovanni di Dio di Firenze e trapiantato a una paziente di Pisa. L’organo è stato considerato in buone condizioni e la generosa signora è entrata così nel Guinness dei primati: la più anziana donatrice al mondo. C’è da supporre che la donna, per aver vissuto un lungo secolo, abbia sviluppato una certa serenità filosofica che l’ha preservata dai rodimenti di fegato. Così, dopo essersi goduta la vita, ne ha donata un’altra. Saltando metaforicamente al pallone, oggi Gian Piero Gasperini e Maurizio Sarri affrontano Inter e Juve, a ricordo di due falliti trapianti tecnici, per crisi di rigetto. Un’occasione persa, perché entrambi avrebbero potuto dare la svolta giusta e traghettare i due club nel futuro. Gasp di fatto, nel 2011, non ha mai allenato l’Inter. Mai ha avuto la rosa al completo, mai la fiducia e la tutela della proprietà. Moratti lo ha delegittimato all’alba criticando pubblicamente la difesa a 3 e lo ha cacciato dopo 3 giornate di campionato. Mercato mal condiviso. I senatori, coccolati dal presidente, che avevano vinto tutto chiudendosi e ripartendo con Mourinho, di cui si sentivano orfani, faticavano ad accettare il nuovo calcio di Gasp che chiedeva di pressare in avanti e di lasciarsi campo alle spalle. L’Inter avrebbe aspettato 11 anni prima di rivincere lo scudetto, grazie a Conte che difendeva a 3 e aggrediva con gli stessi principi di Gasperini. Anche l’organismo bianconero, in prima fila i senatori, ugualmente legati a un ciclo vincente, ha rigettato il trapianto delle idee di Sarri che era scelta felice. Inutile avere l’attaccante più forte del mondo (Ronaldo) senza un gioco offensivo che lo esalti. CR7, che con la mano a pera rimproverava ad Allegri la paura, dopo l’eliminazione con l’Ajax, diede un’indicazione raccolta dal club. Ma poi il portoghese, rifiutandosi di fare il 9 e di lavorare senza palla, ostacolò il nuovo progetto tattico, stroncato dai mammasantissima. Il profilo ruvido, anche lessicalmente, di Sarri, mal si sposava con l’etichetta rigida della Real Casa. Il casual elegante da panchina, che non era più tuta ma non ancora giacca, era il simbolo perfetto di un compromesso fallito. Ma il Comandante resta l’ultimo tecnico ad aver dato uno scudetto alla Juve che oggi è ancora alla ricerca di un gioco. Gasp e Sarri contro Inter e Juve, ricordando le stagioni dei rodimenti di fegato che la nonnina toscana ha saggiamente evitato.